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Compravendita Salernitana: dossieraggi abusivi, l’inchiesta e il pregresso tra Perugia, Roma e Salerno

L’inchiesta sulla compravendita della Salernitana e sul passaggio dal trust “Salernitana 2021” alle mani di Danilo Iervolino con la sua Idi Srl c’è ed è rilanciata dal caso dei dossieraggi abusivi scoppiato ieri a livello nazionale. La Procura di Perugia indaga sul magistrato Antonio Laudati e sul finanziere Pasquale Striano per accessi sospetti e non autorizzati ai database che svelerebbero numerose informazioni personali e finanziarie di molti personaggi in vista anche del mondo del calcio, tra cui Gabriele Gravina (presidente Figc), Danilo Iervolino, Marco Mezzaroma, Claudio Lotito e Paolo Bertoli, ex trustee della Salernitana.

Al magistrato viene contestato il confezionamento del dossier abusivo su Gravina avendo attestato falsamente agli atti che “la fonte di innesco dell’attività investigativa era data da elementi informativi provenienti dalla Procura di Salerno”. Che allo stato non ha confermato né smentito. Come riporta Il Mattino, già il 24 febbraio 2022, neppure due mesi dopo l’acquisto del club dell’ippocampo, Iervolino finì nel mirino di Striano che effettuò accessi alla banca dati SIVA (Sistema Informativo Valutario) per controllare cinque segnalazioni di operazioni sospette sul conto del patron granata. Il 6 giugno 2022 furono effettuati controlli su nove movimenti riguardanti Bertoli, il 25 agosto e l’1 settembre dello stesso anno – sempre con le medesime modalità giudicate non autorizzate – fu la volta di Marco Mezzaroma. Così ieri al Tg1 Andrea Castaldo, avvocato di Laudati: “Il dottor Laudati, su richiesta della Procura di Salerno, ha svolto degli approfondimenti investigativi in ordine ai rapporti tra chi aveva comprato la Salernitana, ovvero Danilo Iervolino, e il presidente federale Gabriele Gravina perché c’erano delle cointeressenze patrimoniali sulle quali si doveva investigare”.

Il pregresso

Da due anni la Procura di Salerno, guidata da Giuseppe Borrelli, indagherebbe per far luce non solo sulla cessione ma anche e soprattutto su tentativi di acquisto non regolare (evidentemente non andati a buon fine) del club granata nel corso del semestre in cui è stato nelle mani dei trustee. Loro stessi (Paolo Bertoli e Susanna Isgrò, foto in alto, rispettivamente rappresentanti delle società Widar Trust e Melior Trust, a cui Lotito e Mezzaroma si affidarono per blindare il club con finalità di vendita, perdendone il controllo, fino al 31 dicembre 2021) al termine dell’esperienza presentarono un esposto in Procura a Roma per segnalare sospetti e anomalie. Le più grosse sul fondo lussemburghese Toro Capital, che aveva nel discusso imprenditore Di Silvio il frontman (aveva già tentato di acquistare altre società di calcio comparendo più sui giornali che altro, ci avrebbe riprovato in seguito anche con la Sampdoria), ma furono anche altri soggetti ad avvicinarsi con mandanti non ben identificabili e/o modalità di pagamento dubbie, dalla cartolarizzazione dei crediti al pagamento in titoli obbligazionari.

Negli ultimi giorni del 2021 anche la società Private Value Asset Management, fiduciaria del fondo Global Pacific Capital Management operante tra Svizzera e Slovenia, si era interessata all’acquisto della Salernitana, formulando due offerte rifiutate dai due trustee. Il 12 gennaio 2022 il suo legale, Paulicelli, annunciò di aver presentato denunce per presunte irregolarità a Salerno e Roma (clicca qui per leggere). Le due procure si sono messe in moto. Nella cittadella giudiziaria di Salerno l’1 febbraio da Borrelli fu ascoltato Claudio Lotito come persona informata sui fatti (clicca qui per leggere). Stesso motivo per cui era stato convocato anche Vincenzo Coppola, uno dei due guardiani del trust in questione ed ex generale dei Carabinieri.

La querelle col fondo svizzero-sloveno

L’offerta di Iervolino accettata dai trustee, come è noto, è stata pari a 10 milioni, mentre il fondo invece aveva presentato prima una proposta di 38 milioni in titoli obbligazionari bancari e poi di 26 milioni cash. Come raccontava Paulicelli (clicca qui per leggere) “la proposta da 38 milioni di euro in titoli obbligazionari, è stata inviata via pec alle 16.20 del 29 dicembre al Trust Salernitana 2021, che l’ha rifiutata chiedendo il pagamento a mezzo di bonifico o debitamente garantito in sede di atto. Il fondo svizzero ha quindi formulato la seconda offerta, 26 milioni di euro cash, ma l’iban inviato dal Trust per il versamento della caparra del 5%, ovvero 1,3 milioni di euro, risultava errato. Alle 12.20 di ieri, 31 dicembre, l’avvocato Paulicelli ha quindi inviato via pec diffida in cui chiedeva l’iban corretto. La risposta alle 13.15 con iban modificato ma swift – il codice di sicurezza per identificare un istituto bancario – ancora errato. Risolti i problemi, alle ore 16 i professionisti del fondo svizzero inviavano via pec tutta la documentazione chiesta dal Trust, compresa quella del bonifico effettuato. Ma anche in questo caso la proposta è stata respinta, con una pec delle 23.59, ovvero un minuto prima della scadenza per poter presentare le offerte. Le motivazioni del diniego, chieste dall’avvocato Paulicelli con pec inviata all’1,44, non sono state ancora comunicate dal Trust, come nessun riscontro è arrivata alla richiesta di accesso agli atti formulata dal legale all’1.59”.

Come approfondito a suo tempo dalla nostra redazione, il motivo del rifiuto da parte di Isgrò e Bertoli pare sia stata l’inaffidabilità del fondo. In realtà la società risultava essere una società di gestione di fondo, ciò ha fatto emergere più di un dubbio sulla reale consistenza delle proposte e degli stessi soggetti emittenti. In realtà, mai resi noti dalla società di consulenza elvetica. Oltre ad alcune lacune nella documentazione e nelle certificazioni delle firme, i trustee avrebbero riscontrato diversi altri dubbi che avrebbero portato a declinare la proposta. Quello più lampante, la volontà di pagare il tutto in titoli obbligazionari per 38 milioni nella prima offerta. Un discorso difficilmente accettabile per i trustee che avevano sempre chiesto esplicitamente contanti. Anche la seconda offerta, quella definita “cash” dall’avvocato, avrebbe in realtà nascosto garanzie in obbligazioni bancarie. Altri dubbi sono sorti, indagando sui riferimenti online della società. PVAM s.a. è l’acronimo di Private Value Asset Management, società anonima svizzera che ha anche una gemella in Slovenia, Private Value Capital Management. Il sito web con dominio elvetico risultava inaccessibile, quello sloveno invece era all’epoca in modalità manutenzione. Anche il misterioso fondo Global Pacific Capital Management ha un sito web essenziale, senza contatti diretti. Seguendo altre ricerche, al vertice di PVAM c’è Stefano Marcolini, intermediario italiano operante a Gorno, in Svizzera. Sarebbe stata sua la firma sulla prima offerta, quella da “38 milioni”, peraltro a quanto pare non preceduta da alcuna manifestazione di interesse. Nella seconda offerta, invece, ci sarebbero state firme e indirizzi differenti e il nominativo di riferimento sarebbe stato quello di Mojca Hozic, che risultava essere al vertice della società di consulenza Private Value slovena.

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