Due ricorrenze uniche, due reazioni diverse. Salernitana e Lazio hanno festeggiato rispettivamente i 100 e i 120 anni della propria storia calcistica a distanza di quasi sei mesi, accomunate dalla guida di patron Lotito. Ieri sera festa in pompa magna a Castel Sant’Angelo, in pieno centro a Roma, per festeggiare con la squadra e la dirigenza uno storico traguardo a tinte biancocelesti, il tutto condito dagli ottimi risultati che la squadra di Simone Inzaghi sta ottenendo sul campo. Lotito ha atteso la mezzanotte per i brindisi nel corso di una cena che ha visto la presenza dell’intera famiglia Lazio e di ospiti prestigiosi come i vertici della FIGC, Gravina e Sibilia, rispettivamente presidente e vice. Tutto mentre a Salerno la tifoseria si riuniva, dialogava (clicca qui per leggere l’articolo), commentava quell’impossibilità di disputare un campionato di Serie A con l’attuale proprietà al comando – viste le Noif – e i comportamenti del co-patron giudicati dai supporters granata spesso offensivi verso la città.
“Noi vinciamo con il merito, non cerchiamo sotterfugi o scappatoie e forse questo dà fastidio. Vogliamo che la gente ci riconosca questo, con lo spirito di gruppo e con la volontà si raggiungono i risultati perché noi combattiamo per gli ideali alla base dei nostri valore – ha dichiarato Lotito durante il discorso allo scoccare della mezzanotte – Con orgoglio celebriamo i 120 anni di una società che non ha mai vissuto sotterfugi o fallimenti, la nostra storia non va rinnegata e deve essere motivo di orgoglio“. Ha ricordato, paradossalmente, quel “non avevate nemmeno i palloni” che ripete molto spesso nei suoi discorsi in chiave Salerno. Dove non si è visto lo stesso trattamento invece lo scorso 19 giugno al centenario: una data attesa in maniera spasmodica dai supporter del cavalluccio, culminata in una grande giornata di festa e nello stesso tempo di spaccature evidenti nell’organizzazione delle celebrazioni e nella seguente messa in pratica. L’assenza dei co-patron si fece sentire, come le urla di Vincenzo De Luca sul palco. “Salerno merita rispetto”, tuonò il governatore della Campania in piazza della Concordia. Una lontananza che è progressivamente diventata incolmabile, complice in questo caso anche la mancanza di risultati. Al suo quinto anno di B la Salernitana si ritrova (ancora) a metà classifica, senza aver convinto ancora una volta sia dal punto di vista della gestione che dei risultati sul campo. E fuori, con una promessa di raggiungere la massima serie prima sbandierata in un comunicato, poi ribadita dallo stesso Lotito a più media, ma poi contenuta da Mezzaroma e decisamente smentita – per la verità fin dalla sua presentazione- da Gian Piero Ventura che ha detto di non aver mai ricevuto tale richiesta diretta, con ben altri obiettivi.
A Roma la festa – anche se l’ambiente ha conosciuto momenti di tensione e non facili anche nell’esperienza laziale di Lotito – e a Salerno la stasi, il punto di non ritorno. O forse sì. La piazza cerca unità di intenti per far sentire la propria voce all’imprenditore capitolino. Stesso proprietario (ieri Lotito alla festa della Lazio era accompagnato dalla moglie Cristina e dal figlio Enrico, da due anni e mezzo socio unico della Omnia Service One che detiene il 50% di partecipazione nella Salernitana), ma atteggiamenti diversi. Con le dovute proporzioni è chiaro che Salerno si aspetti quello che Lotito ha fin qui dato alla Lazio, capace di pescare giocatori semi sconosciuti e valorizzarne altri già comunque avviati a una buona carriera, arrivando a sognare lo Scudetto e ad alzare trofei (la Supercoppa in Arabia è l’ultimo). Progetto tecnico non replicato a Salerno, con continui ribaltoni in campo e in panchina che non hanno sortito effetti, se non quello di allontanare molti tifosi e creare disaffezione. Cosa porterà il 2020 alla Salernitana?
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