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Salerno a Il Mattino: “No alla multiproprietà, i tifosi vogliono di più. Con la piazza fu amore vero…”

“A me la multiproprietà non è mai piaciuta. Non mi convince, perché poi in Italia sei costretto ad accettare qualcosa – o più di qualcosa – dalla squadra più grande”, parla senza peli sulla lingua l’ex ds della Salernitana (dal 2009 al 2011) Nicola Salerno, sulle colonne de Il Mattino, ora consulente di mercato del Watford che condivide la proprietà (famiglia Pozzo) con l’Udinese. Il dirigente materano conosce quindi bene il meccanismo delle holding del calcio: “Sì, certo, sono consulente di mercato del Watford e la proprietà fa capo alla famiglia Pozzo, che è anche al timone dell’Udinese. Dipende da come imposti la multiproprietà. Watford e Udinese hanno autonomia di mercato, lo staff è diverso, non ci sono travasi e qui in Inghilterra sono l’unico italiano. La multiproprietà qui significa che ci sono capitali a disposizione del Watford, gestita come un giardino, e c’è una solidità per l’Udinese, che fa un proprio percorso, ha dimensione di fucina di talenti, ha storia e stabilità”.

Il club friulano è proprietario del cartellino di un centrocampista, conclamato obiettivo di mercato della Salernitana, Mamadou Coulibaly. Castori, dopo Trapani, lo rivorrebbe alle sue dipendenze, ma i bianconeri, per ora, non lo mollano: “Se l’Udinese tergiversa, vuol dire che è bravo. Mica deve venire per forza, al mondo non c’è solo Coulibaly. Ci sono tanti bravi giocatori. Noi la gente la prendevamo anche per strada e le idee a Salerno ce le facevamo venire: calciatori funzionali al progetto”. Da esperto di mercato Salerno analizza anche la rosa, al momento incompleta, del cavalluccio a otto giorni dalla prima di campionato: I granata sono in ritardo e mi pare un po’ strano, tenuto conto che il fischio d’inizio è imminente. Nella programmazione non c’è questa esigenza dell’immediatezza, probabilmente qualche trattativa è stata più difficoltosa. È una sfida grande per Castori, che ritengo persona capace, un professionista che ha sempre portato a termine il programma. Pure lui, però, ha bisogno di punti di riferimento. Akpa Akpro era forte: è andato alla Lazio. Casasola era andato via. È ritornato. Karo aveva cominciato a Salerno, è andato a Formello dopo l’infortunio di Luiz Felipe. Forse ritorna, forse no. Leggo di Dziczek, di Kiyine che potrebbe rientrare. Una situazione complessa”. La prima di campionato sarà all’Arechi contro la Reggina, ma ovviamente a porte chiuse: “Piazze calde e tifoserie amiche. Sarebbe stato uno sport per il calcio ma gli spalti saranno vuoti. Accade per Covid ma non solo: i salernitani sono arrabbiati e per riportarli dalla propria parte occorrono adesso tanti fatti e tante vittorie”.

Nicola Salerno poi torna indietro nel tempo, all’amaro epilogo della Salernitana targata Lombardi: “Anni dopo, ho sentito dire che volevo arruffianarmi la tifoseria. Era e resta, invece, amore vero. Il progetto tecnico andò male. Però il rapporto con la piazza era fortissimo, simbiotico. Mi riferisco al nostro rapporto, al legame stretto che noi uomini di campo avevamo con i supporter. Ci fu un chiarimento in avvio e poi gli ultras capirono che eravamo soli, un manipolo di volenterosi. Così facemmo quadrato: noi in campo e loro sugli spalti. Non con la proprietà, che portò la Salernitana al default. Ci compattammo, ci facemmo voler bene. A noi portavano i pasticcini al campo di Casignano”. Il dirigente fa il paragone con la situazione attuale: “Adesso leggo che buttano i palloni, per provocazione e gesto simbolico, dagli spalti al terreno di gioco. C’è amarezza a Salerno, ma credo sia direttamente proporzionale alla percezione che una proprietà solida e facoltosa possa ottenere risultati più lusinghieri. Adesso la tifoseria vuole di più, vuole il salto. Quando la città ha perso il calcio professionistico, il progetto sportivo di Lotito era già fondato ovviamente sulla multiproprietà, perché lui era già presidente della Lazio. In quel caso, però, la sinergia era sullo sfondo, non veniva percepita come un problema. Per due motivi: c’erano le vittorie e c’erano categorie da scalare. Ai tifosi premeva solo ritornare in Serie B. Adesso alzano la testa e scrutano l’orizzonte: vogliono tornare in Serie A, devono e possono, perché la proprietà ha disponibilità economica. Ecco perché chiedono di più. Ne fanno anche un discorso di dignità, che prescinde dalla categoria, e di rispetto”.

1 Commento

1 Commento

  1. Michele

    18/09/2020 at 15:08

    …Nella gestione multiproprietà io ci capisco poco, quindi non ci metto “becco”,ma il “travaso” di calciatori tra Udinese e Watford è pari pari a quello che succede da noi…!

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