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“Sai chi è quel giocatore che…”: Pasa, le lattine all’incrocio del Vestuti e le feste con Ciccio Rocco

Due stagioni, una in B e la seconda in C1, condite da 17 gol con la maglia della Salernitana sono bastate a far entrare Daniele Pasa nel cuore dei tifosi granata. Per la verità, bastò la doppietta di Brescia alla seconda giornata del torneo cadetto 1990/91 per farne l’idolo della piazza.
Vero specialista delle punizioni, l’allora  venticinquenne centrocampista rimase folgorato dalla piazza che in tanti gli avevano consigliato: “Ero un ragazzo che non sapeva cosa aspettarsi – ha raccontato in diretta su Instagram alla nostra redazione  – Arrivavo con un po’ di remore da una bella stagione a Padova, sono piombato a Salerno ed è stato amore a prima vista. Eravamo un gruppo giovane e unito. Ho legato molto anche con la tifoseria, segnare subito ha aiutato. C’era anche il Venezia in ballo, ma parlai con qualcuno che era già stato a Salerno e mi dissero tutti di andarci e che sarebbe stato il posto giusto per me. Ora anche mio figlio (Simone gioca nel Pordenone, ndr) mi dice sempre che sarebbe fantastico giocare a Salerno“.

Un certo feeling con la tifoseria, testimoniato dal coro che gli dedicò la curva (“Sai chi è quel giocatore che… assomiglia al mitico Pelè… Pasa, Daniele Pasa”) e un aneddoto: “Ricordo che una sera il capo ultras Ciccio Rocco mi chiamò e mi disse di andare in centro, io stavo per cenare ma lui insistette. Così ci incontrammo al Jolly Hotel e mi accompagnò nei vicoli del centro storico, arrivammo in una piazza dove c’erano tantissime persone ad aspettarmi per festeggiare con me, mi portarono in un covo dove facemmo festa per svariate ore. C’è stato un legame forte entrambi gli anni nonostante nel primo ci fu quella brutta retrocessione“.

Era la stagione 1990/91 e il cavalluccio aveva appena cambiato casa, trasferendosi dal Vestuti all’Arechi: “Segnai alla seconda giornata a Brescia e subito su punizione, un gol bello e importante dato che vincemmo, è il ricordo migliore che ho di Salerno anche se non fu in casa, ma i salernitani ci seguivano in tanti anche in trasferta. Quell’anno segnai 12 gol di cui la metà su punizione. Ricordo che ci allenavamo ancora al Vestuti, io arrivavo prima e appendevo una lattina di Coca-Cola all’incrocio e mi esercitavo a centrarla. Ricordo quel lungo corridoio scuro, c’era il profumo di un calcio diverso da quello di adesso, una cosa che mi è rimasta dentro e ricordo volentieri. Giocammo anche una partita lì, forse un’amichevole“.

Per la Salernitana però finì male, dato che retrocesse in Serie C dopo lo spareggio contro il Cosenza: “Ansaloni non lo conoscevo come allenatore. Arrivava da un campionato vinto, con un gruppo di giocatori forti per l’epoca, quindi cercò di improntare la stagione dando continuità alla squadra che era stata promossa dalla Serie C. Credo che se ci fosse stata una punta da doppia cifra ci saremmo salvati con varie giornate di anticipo. Invece andammo allo spareggio con 36 punti, cosa mai successa in Serie B fino ad allora. C’erano addirittura quattro squadre a pari punti e noi fummo penalizzati dalla classifica avulsa. Andammo a giocare in campo neutro a Pescara contro il Cosenza e sbagliammo solo un fuorigioco ai supplementari, poi il clima si scaldò parecchio. Ricordo il fotografo Tano Pecoraro che vedeva la gara da bordo campo con un suo caro amico di Cosenza anche lui fotografo, al gol di Marulla l’amico esultò e lui non ci vide più, ci fu un po’ di maretta e ruppe la macchina fotografica, arrivò anche l’ambulanza“.

Il regista veneto decise comunque di rimanere in granata per un altro anno: “Nonostante fossero andati via diversi giocatori c’era il progetto di risalire subito. Io stavo bene a Salerno, quindi decisi di rimanere. Arrivò anche Simonelli, allenatore con idee di calcio innovative. Iniziammo bene e pensai che ce la potevamo fare, invece poi arrivammo quinti, peccato perché quella squadra aveva le potenzialità per arrivare tra le prime due“. E sarebbe rimasto anche più a lungo se ce ne fosse stata la possibilità: “Io personalmente non sarei andato via ma il mio contratto non era facile da mantenere in Serie C, c’è stato un momento in cui quella decisione doveva essere presa e così è stato, in pieno accordo con la società, quindi andai alla Lodigiani“.

Daniele Pasa tra l’altro ha qualcosa in comune con i calciatori della Salernitana di oggi, anche lui ha avuto un presidente multiproprietario come Pasquale Casillo: “Dal punto di vista dello spogliatoio non c’era preoccupazione, perché le altre squadre andavano bene e dal punto di vista economico non c’erano problemi. Forse era più la tifoseria che l’ha vissuta in maniera diversa. Lotito? E’ difficile dare un giudizio da fuori. Forse da salernitano soffrirei un po’ questa cosa, ma a bocce ferme penso che sia un imprenditore forte, la Lazio va benissimo e dal punto di vista manageriale Salerno è una grande opportunità. Logicamente deve fare degli investimenti per la piazza che è Salerno, perché merita di andare in Serie A. Bisogna dargli una struttura: penso a Ferrara o al Chievo, non hanno nulla in meno della Salernitana“.

Se quella retrocessione rappresenta la più grande delusione della carriera dell’ex granata, il ricordo più bello è difficile da eguagliare: “L’esordio da titolare in Serie A, con Zico da compagno e Maradona da avversario. Purtroppo non ho una foto con entrambi. Ora vorrei continuare ad allenare il più a lungo possibile, mi basta rimanere con i giovani, la categoria non importa. E un altro sfizio che avrei sarebbe stare in tribuna quando la Salernitana torna in Serie A e spero accada presto perché non vorrei avere la barba bianca e gli acciacchi”.

A giugno scorso si è perso la festa dello scorso giugno per il centenario: “Mi è dispiaciuto non poter tornare a Salerno per festeggiare il centenario, purtroppo ero già in vacanza con la mia famiglia e non sono riuscito ad organizzarmi per passare. Però sento ancora qualcuno dei miei ex compagni, come Lombardo, poi ho rivisto anche Gasperini, lui era già un leader a quel tempo, uno che sa farsi seguire e non mi sorprende la sua capacità di aver dato un’impronta importante a una squadra come l’Atalanta“.

 

 

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