È domenica 4 settembre 1994. La neopromossa Salernitana di Delio Rossi fa il suo debutto in Serie B ospitando all’Arechi l’Ancona ed in panchina c’è un giovane attaccante toscano di belle speranze. Si chiama Alessandro Muoio, ha vent’anni e l’anno prima ha giocato nel Montevarchi in C2. La gara non si sblocca: al 58′ il tecnico riminese decide di mandare in campo proprio lui. Segna Pisano al 72′ e dopo due minuti è proprio Muoio a realizzare il definitivo 2-0. Il ricordo fa venire la pelle d’oca ancora oggi al diretto interessato, che di anni ne ha quasi 47 e ha dovuto attraversare momenti difficili nella sua vita: l’addio al calcio a soli 29 anni per problemi cardiaci e la nuova vita in campo con la Nazionale trapiantati.
“Quel gol contro l’Ancona fu una gioia indimenticabile. Mi tremavano le gambe nel momento in cui entrai in campo, poi la grande gioia spazzò via i timori. Con il mister Rossi c’era un rapporto speciale, mi aveva avuto nella Primavera del Foggia (dove aveva messo a segno 24 gol in due stagioni, nda) e appenai segnai arrivò in campo per abbracciare me ed i miei compagni. Poche volte ha fatto una cosa del genere per festeggiare un gol. – ha ricordato Muoio ai nostri microfoni per ripercorrere le tappe della sua esperienza campana e non solo – Eravamo un gruppo fantastico con una tifoseria stupenda. C’era tanta armonia nella squadra e Delio Rossi non aveva pregiudizi verso nessuno: se meritavi, la domenica scendevi in campo. Ricordo con piacere il mio primo ritiro da professionista: tutti mi aiutarono a sentirmi a mio agio e poi c’era ‘cavallo pazzo‘,Grimaudo,che rendeva tutto più divertente. Non posso mai dimenticare che l’ultimo giorno di allenamenti si presentò con gli stivali di pelle per fare le ripetute. Che matto!”.
In quella stagione l’attaccante ebbe la possibilità di vestire anche la maglia azzurra il 19 novembre 1994: “Fui convocato dalla Nazionale Under 21 di Serie B e giocai proprio allo stadio Arechi contro la rappresentativa russa (3-1 per l’Italia il finale, ndr). Fu un vero onore vestire l’azzurro e farlo a Salerno. Giocai in seguito anche un’altra gara contro l’Inghilterra”. La rappresentativa era guidata da Rossano Giampaglia e Giorgio Ciaschini. L’esperienza granata si concluse ad ottobre del 1995. Muoio iniziò la stagione con Colomba, collezionò varie apparizioni in amichevole ed una presenza in Coppa Italia (portando complessivamente a 8 i gettoni granata, con quell’unico gol al debutto. Per l’attaccante arrivò l’occasione in C col Modena, poi vestì le casacche di Matera, Aglianese e Pisa, altra tappa importante della sua carriera: “Lì vincemmo subito il campionato di C2 (in 33 partite ben 15 gol, nda) e l’anno successivo sfiorammo la B ma purtroppo un infortunio mi fermò ma riuscimmo a conquistare la Coppa Italia di Categoria. La mia carriera è poi continuata tra Viareggio e Poggibonsi, poi alla Torres, prima dell’amaro verdetto”.
Già, perché Muoio ha sempre avuto un cuore “un po’ particolare”, come lo definisce lui stesso: “Fin dall’inizio della mia carriera in occasione delle visite mediche precampionato i dottori trovavano sempre delle extrasistole, ma sotto sforzo sparivano e dunque potevo fare regolarmente l’attività sportiva. Fino a quando ad Empoli feci una visita per l’idoneità agonistica e non mi fu concessa. Avevo 29 anni, mi trovai senza squadra, senza lavoro e con la mia condizione fisica particolare. Decisi di non abbattermi. Negli ultimi due anni agonistici non era stato trattato molto bene dal mondo del calcio, quindi preferii ripartire con un lavoro diverso, restando vicino casa. Cominciai come magazziniere, prima di fare il benzinaio ed oggi sono il responsabile della vendita del GPL. La mia salute? Fin quando mi hanno potuto aiutare, andavo avanti con i farmaci, poi ho subito un piccolo intervento per l’impianto di un pacemaker. Col passare del tempo, però, l’ultima speranza era il trapianto. A 36 anni ho ricevuto un cuore nuovo”.
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L’ex attaccante ha quindi iniziato una nuova vita non solo dal punto di vista professionale, ma anche calcistico, sebbene soltanto a livello amatoriale. “Durante una mia visita ad una associazione per raccontare la mia esperienza e sensibilizzare le persone sull’importanza della donazione degli organi, un responsabile sentì che avevo un passato da calciatore alle spalle e mi invitò a contattare la Nazionale Italiana Calcio Trapiantati. – racconta ancora ai nostri microfoni – Mi si illuminarono gli occhi alla sola idea di ritrovare un terreno di gioco dopo oltre cinque anni. Il giorno dopo, al termine della visita medica chiesi subito se veramente avrei potuto giocare di nuovo: la dottoressa mi disse che nulla me lo impediva. Passarono tre giorni e fui convocato per la prima volta nella Nazionale trapiantati: ancora adesso mi emoziono tantissimo al solo ricordo di quei momenti”.
La “seconda” carriera sportiva regala tante soddisfazioni a Muoio. Con lui giocano tante altre persone che sono state trapiantate di cuore, fegato, rene, polmone, midollo osseo, cornea. L’allenatore è Giorgio Enzo, ex calciatore di Ascoli, Torino e Lecce in A. “Sono dieci anni che gioco con la Nazionale di Calcio Trapiantati, il cui obiettivo principale è girare l’Italia per far capire che donare è fondamentale. – dice – Purtroppo, per motivi di lavoro, non ho potuto partecipare agli ultimi Europei che i miei compagni hanno vinto. A causa del Covid è il secondo anno che siamo fermi ed è un vero peccato, perché era in programma il Mondiale qui in Italia ed avevo già preso le ferie (ride, nda). La Nazionale per me è come una seconda famiglia e chi ne fa parte ha avuto la possibilità di esserci grazie ai donatori. La speranza è che in futuro il numero dei donatori possa aumentare”.
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