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Montervino apre il baule: “Quando mi chiusi nel bagno dell’Arechi a piangere…”

Ex capitano granata ma anche già rappresentante dell’Aic, attualmente Francesco Montervino è responsabile dell’area tecnica del Nola in Serie D. Ha vissuto e vive tutt’ora il calcio in tutte le sue sfaccettature, mai banale.
Ieri sera l’ex mediano ha partecipato a una lunga diretta Instagram sul profilo della nostra redazione. Non poteva mancare il suo parere sul mondo del calcio che vive momenti difficilissimi: “Questa Pasqua farà storia, il periodo che stiamo vivendo è tragicoQuesta pandemia la racconteremo e non sarà bello quando ricorderemo questi periodi. Ma dobbiamo conviverci. Mai come in questo momento tutta la categoria dei calciatori si sta compattando. A me dispiace che ogni addetto ai lavori, presidente o direttore che sia, risponde in base alla sua convenienza: se sono in alto in classifica dico una cosa, se sono in basso un’altra. È tipico della natura italiana, noi abbiamo tanti pregi, siamo scaltri e intelligenti, ma siamo italiani anche quando cerchiamo di prendere la palla al balzo e sfruttare le situazioni per trarne beneficio. Tutte le società stanno facendo così. Il campionato riprenderà, lo dico dal primo giorno, assolutamente rispettando tutti i criteri di salvaguardia della salute. Sicuramente si giocherà a porte chiuse, ma non vedo il motivo per il quale non si debba riprendere. Nelle categorie inferiori ci saranno più difficoltà, molte società avranno problemi: questo è il momento per mettere da parte le società che stanno con un piede dentro e uno fuori, deve fare calcio chi può farlo. Credo si farà una grandissima pulizia, 15-20 società salteranno In C”.

Differente il discorso sul taglio degli stipendi: “Perché i presidenti non vogliono riprendere? Per non pagare quattro stipendi, ci sono presidenti che si sono accorti di aver fatto il passo più lungo della gamba e quindi calcoli sbagliati. Oggi si rendono conto che certe spese non le possono sostenere. La Juve fa da maestra: ha stoppato due stipendi dei calciatori, credo che sarà quella la strada. Solitamente un campionato di calcio finisce la prima settimana di maggio, quindi dal 15 maggio al 30 giugno un calciatore sta a casa fino al 1 luglio che inizia la stagione. Il calciatore quest’anno è stato a casa dal 15 marzo fino al 30 aprile, sempre un mese e mezzo, e poi finirà il campionato. Perché deve rinunciare allo stipendio? Ma ora parlo da dirigente. Bisogna far capire ai giocatori che tutti hanno avuto una perdita da questa pandemia e serve un passo indietro: tutti rinunciano a qualcosa. Uno stipendio, uno e mezzo ci può stare, di più non ha senso. Saremo nell’ordine della rinuncia del 15-20% dello stipendio”.

Posto che la volontà della maggior parte dei calciatori è quella di riprendere, chi sarà eventualmente più avvantaggiato? “Si giocherà ogni tre giorni e sarà dura per tutti. Sotto il punto di vista fisico sarà un bene per i giovani, ma non dal punto di vista mentale. Solo chi ha esperienza può giocare sempre e dosare le energie; il giovane fa magari una partita da 8 e una da 4 mentre il vecchio tutte e due da 6.5: ne trarranno beneficio quelle squadre che hanno una rosa molto lunga. Il Benevento ha già vinto. La Salernitana insieme al Frosinone se la può giocare, metto anche Crotone e Pescara. Mancano 10 partite, 30 punti non sono pochi e tutto si può ridisegnare”.

Inevitabile il discorso sulla Salernitana e su Ventura, che ha allenato Montervino a Napoli: “Dai granata mi aspettavo qualcosina in più, dopo la partita di Benevento rimasi colpito ma dopo c’è stato un piccolo calo. Ventura è stato il mio primo allenatore del Napoli di De Laurentiis. Il Ventura di allora non mi ricorda proprio quello di oggi, l’espressione spregiudicata dell’epoca era quasi imbarazzante. Noi facevamo il 3-5-2 con una catena di destra particolare, allora era Abate che spingeva molto e aveva 18 anni: un po’ come Lombardi. Il mediano da quella parte ero io che tendevo molto a coprire come fa Akpa Akpro: tendenzialmente era simile. Il Ventura degli anni successivi è stato da 3-3-4 o 4-2-4. A Salerno ho visto la spregiudicatezza mentale ma non tattica: non tutti all’arrembaggio. Un Ventura più maturo”.

In molte sue esperienze Montervino ha indossato la fascia di capitano: è successo a Taranto, Ancona, Napoli e Salerno. Sintomo di un’immensa personalità: “Il motivo è semplice, la verità è che prendevo a cuore tutte le situazioni e compagni di squadra e staff si accorgevano del mio attaccamento. Riuscivo sempre a prendermi la fascia quasi di diritto”.

Poi Montervino apre il baule dei ricordi e parte dalla stagione 10/11, quella persa ai playoff col Verona: “Noi senatori siamo passati per quelli che hanno fatto fallire la Salernitana, invece abbiamo fatto di tutto. Anche rinunciare allo stipendio e aiutare i ragazzi più in difficoltà. Purtroppo abbiamo perso quella partita, ma sarebbe cambiato in caso di vittoria: il giorno prima della finale di ritorno, l’allora sindaco De Luca ci chiese l’impresa perché poi ci avrebbe pensato lui. Gli ho sempre creduto, mi piace pensare che se avessimo vinto la Salernitana non sarebbe fallita. Quella partita fu la vittoria più brutta della mia carriera, mi ha segnato perché non ho potuto giocare. Ho pianto prima e non mi era mai successo. Non ho mai nascosto di essere tifoso del Napoli, così come non ho mai nascosto di aver amato la maglia della Salernitana e oggi ne sono simpatizzante. Io non ho mai pianto per una partita di calcio anche quando ho vinto i campionati. Ma quel giorno quando arrivammo allo stadio con migliaia di tifosi che ci cantavano ebbi i brividi e un colpo al cuore. Entrai sul terreno di gioco e lo stadio era già pieno: mi chiusi nel bagno dello spogliatoio e iniziai a piangere, tanto che Murolo all’uscita mi prese in giro. Fu una partita bellissima, il gol di Carrus al 45’ mi fece pensare che avremmo vinto 2-0. Invece, a parte i primi 20 del secondo tempo, la luce si spense, gli ultimi 25 minuti furono tragici”.

All’andata tutti i diffidati (tra cui Montervino) furono ammoniti e il Verona beneficiò anche di due rigori dubbi: “Io non penso mai alla malafede, se un giocatore dice una cosa del genere non si deve far parte di questo gioco. Indubbiamente lo spessore del Verona era importante anche se si qualificò ai playoff per il rotto della cuffia. Era la giusta finale, una delle due doveva andare su come prima ma non ce la facemmo per qualche punto di penalizzazione e qualche problema societario”.

Quindi, il Salerno Calcio e la ripartenza dalla D: “Personalmente per me era la Salernitana, non ho mai fatto differenza perché sapevo che era una questione di tempo. Vincere il campionato a Salerno era di sostanziale importanza, così come poi vincere tutto il resto. Al primo anno con De Cesare qualche volta si è discusso, ma devo essere sincero: lui ha dato una bella sterzata quando è arrivato, fece anche tantissimi gol. Con lui l’attacco era veramente forte, è un uomo di grande personalità, io credo lo stesso: tante volte si discuteva. Lui voleva le porte aperte agli allenamenti, ci sta che io magari abbia detto di non farle aprire, ma contavamo come il 2 di briscola perché decideva Lotito. Io, conoscendo gli under che erano ragazzi, pensavo potessero irrigidirsi. Poi in quella squadra c’ero io che ero additato come napoletano, Biancolino come avellinese, Caputo neanche era ben visto: preferivo fare gruppo e andare a vincere tutti insieme”.

Nella lunga carriera Montervino è stato nelle squadre di due dei presidenti più vulcanici dell’intero panorama italiano, Lotito e De Laurentiis: “Più difficile Lotito, più fermo su alcune idee De Laurentiis. Lotito ha un carattere tanto estroverso e di impatto, non dimenticherò mai una scenata che fece a me e Ginestra a Chieti, tra il primo e il secondo tempo. Quando vedi in un campionato di C2 Lotito che arriva nello spogliatoio e urla in quel modo ti fa capire che è intrattabile. Una cosa del genere De Laurentiis l’ha fatta solo in A nel 2008 in un Napoli-Lazio. Lotito è molto più diretto. De Laurentiis è fermo, per lui il premio collettivo non esiste perché non è giusto che Montervino abbia lo stesso premio di Lavezzi. Sono presidenti che però alla fine ti portano dove vogliono”.

Parentesi Daspo, dopo un derby con l’Aversa Normanna Montervino si beccò 2 anni di sospensione nonostante non avesse colpe: “Ma paradossalmente fu il momento che mi ha fatto amare dai tifosi della Salernitana. Non fu bello però perché quando tua figlia ti chiede perché non puoi andare al saggio di danza ti arrabbi. Al secondo ricorso venni assolto dopo 9 mesi, portai pasticcini per tutti”.

Quindi l’ultimo anno della carriera: “La mia partita migliore, Salernitana-Frosinone 1-0 gol di Mendicino. Angolo, respinta del portiere di pugno e tiro a volo steccato di Perpetuini, io la recupero, ci credo e vado a prenderla sulla bandierina. Recuperai quella palla, dribblai il terzino sinistro del Frosinone, poi cross e Mendicino di mezza rovesciata. Fu bello perché mancavano due minuti, su un campo in condizioni pietose: feci 200 scatti. Insieme a Napoli-Inter contro Mourinho e ad un Ancona-Salernitana (ma con l’altra maglia) le tre partite migliori della mia carriera”.

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