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Giovane tifoso granata aggredito a Cava, Mari: “Andrò a cena con ex rivali della Salernitana”

Un salernitano trapiantato a Cava de’ Tirreni. Sergio Mari da centrocampista ha vestito la maglia della Cavese per molti anni ritrovandosi – spesso – ad affrontare la Salernitana, squadra della sua città, in derby a dir poco infuocati. Le due squadre non si incrociano dal 2007, eppure la rivalità è quanto mai accesa. Se ne sta parlando in queste ore, in seguito all’aggressione subita da un giovane tifoso granata nella cittadina metelliana (clicca qui per leggere l’articolo).

“Siamo nel 2022 e cadiamo ancora in questi fattacci che macchiano la bontà e il bello di Cava de’ Tirreni” ha dichiarato Mari, classe ’62, ai microfoni di Radio Alfa. Il suo auspicio è che “la parte buona di Cava possa isolare queste persone. Sono uscito dal calcio proprio per queste cose che macchiano un’intera città. Conosco il ragazzino e la sua famiglia. Hanno difeso la parte buona di Cava de’ Tirreni. Io quando giocavo i derby con la Cavese dovevo tornare a casa accompagnato da cinque carabinieri. Ci stiamo perdendo il bello del calcio, i tifosi sono in grado di fare cose bellissime, ma poi cadono in queste brutture”.

Secondo Mari c’è una sola strada da seguire: “Bisogna parlarne e creare un clima sportivo e culturale. Lo sport in questi casi non c’entra, si identificano in qualcosa di cattivo perché alle spalle c’è forte frustrazione. Quando incontro i giovani dico sempre di studiare per avere le armi necessarie ad affrontare la vita. A Cava de’ Tirreni e a Salerno ci sono persone bellissime, ma queste frange macchiano la dignità delle due comunità. La rivalità deve esserci, ma deve finire lì. Dopo qualche derby brindavamo con i giocatori della Salernitana. Il prossimo 9 giugno ci vedremo a cena tra ex calciatori della Salernitana e della Cavese. Perché non fare lo stesso tra i tifosi? 

La rivalità resta, ma i social non aiutano a viverla in maniera sana: “Con i social non so se riuscirei a fare il calciatore. Ci identifichiamo per quello che scriviamo, i social sono la nostra carta di identità, forse non abbiamo ancora capito la funzione di questo strumento. Lo sfottò continuo sfocia nella violenza”.

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