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Dioscuri implacabili in difesa, Salernitana sa soffrire. Ma per restare ai vertici serve di più

Coccolata dalla buona sorte, protetta da prestazioni individuali difensive da far impallidire la massima serie (Mantovani e Migliorini), trainata dai guizzi di un Bocalon ritornato ad essere prolifico come ai tempi del quadriennio d’oro vissuto in terza serie, la Salernitana batte lo Spezia, tocca quota 20 in classifica, agguanta il terzo posto e fa dimenticare ai suoi tifosi quanto bugiarda sia la fotografia dell’attuale graduatoria, assolutamente generosa con gli uomini di Colantuono. Nel calcio, però, a dettare legge ed a scaldare i cuori sono soprattutto i numeri, pertanto il gruppo a disposizione del trainer granata si appresta a sostare in una sorta di sereno letargo imposto dal calendario, in attesa della difficile trasferta in casa del collaudato Cittadella di Venturato, in programma il primo giorno di dicembre. Poco più di tre settimane di assenza dall’agone calcistico, durante le quali l’ex tecnico dell’Atalanta dovrà lavorare non poco per ripresentare una squadra che sappia consolidare la posizione raggiunta.

I MODULI. Marino conferma l’ormai abituale 4-3-3, confermando Capradossi al centro della difesa e preferendo in cabina di regia la qualità di Ricci alla sostanza di Maggiore. Colantuono resta fedele al 3-5-2, ma è costretto a rinunciare al febbricitante Schiavi e destina alla panchina Djuric. Migliorini viene schierato al centro del terzetto difensivo centrale, mentre Bocalon e Jallow sono chiamati a creare grattacapi alla retroguardia spezzina. Nutrito anche il numero di centrocampisti indisponibili (Akpro, Odjer e Di Gennaro), con il tecnico granata che opta per la promozione delle mezzali Castiglia e Mazzarani ai fianchi dell’energico Di Tacchio.

LIGURI ALTI, GRANATA BASSI. Il tecnico ospite decide di impostare il match sui duelli individuali. I tre attaccanti si occupano dei tre centrali difensivi granata, impedendo loro di sganciarsi e creare superiorità numerica a centrocampo. I due esterni difensivi (De Col e Augello) aggrediscono sistematicamente Casasola e Vitale, mentre i tre centrocampisti (Bartolomei, Ricci e Crimi) tampinano i pari ruolo avversari nelle rispettive zone di competenza. Infine, Terzi e Capradossi sfidano Bocalon e Jallow nell’uno contro uno. Sarebbero necessari estro, coraggio e velocità di esecuzione per eludere il pressing ospite, ed invece Di Tacchio e compagni non forzano mai la giocata, dilapidando la possibilità di attivare gli attaccanti alle spalle dei terzini liguri e la non complicata ricerca delle corsie esterne lasciate sguarnite dal tridente offensivo spezzino. Si teme di perder palla e favorire le ripartenze altrui: segnale evidente di scarsa autostima. Il discorso non cambia se andiamo ad analizzare la fase difensiva. I granata si difendono quasi a ridosso della loro area di rigore, ma nonostante ciò faticano ad essere stretti e compatti lasciando ampia agibilità agli avversari, che impostano con eccessiva libertà prima di verticalizzare improvvisamente. Okereke trova spazio tra le linee e subito dopo beffa l’asse difensivo mancino (Vitale-Gigliotti) dei padroni di casa con un taglio alle loro spalle; Castiglia è bravo a rimediare con una provvidenziale diagonale.

PRIMO PRESSING ALTO… ED È GOL! Storia del minuto quindici, quando Mantovani aggredisce sulla trequarti l’avversario, sradica il pallone dai suoi piedi, riparte e verticalizza celermente su Bocalon. Il bomber veneto addomestica la sfera ed attende l’inserimento dalle retrovie di Mazzarani, il quale riceve il pallone e calcia di sinistro verso la porta di Lamanna, non irreprensibile nella respinta che termina sui piedi del vorace doge veneziano, abile a ribadire in rete il suo quinto acuto stagionale.

I DETTAGLI E I RISCHI. Nel volgere di pochi minuti, quelli successivi al vantaggio conseguito, i granata rischiano di pagare a caro prezzo due distrazioni clamorose. Nella prima occasione, sugli sviluppi di una innocua rimessa laterale, la squadra si fa sorprendere da Okereke ed è costretta a commettere un fallo evitabilissimo a pochi metri dalla linea dei sedici metri. Distrazione che si ripete pochi secondi dopo, quando alla ripresa del gioco Bartolomei, uno dei tiratori più insidiosi del campionato cadetto, non viene preso in consegna da nessuno e calcia liberamente verso la porta di Micai, pronto a respingere il pallone lateralmente. La fase difensiva si regge sulla reattività e la concentrazione dei singoli. Per il resto, qualche sbavatura nelle coperture preventive. I centrocampisti granata non hanno la gamba per esercitare pressing alto sui facitori di gioco avversari, ed allora si limitano ad un’occupazione scolastica degli spazi, lasciando ai difensori il compito di essere sagaci nelle letture tattiche. Ed in questo senso, dopo l’ottimo intervento di Mantovani da cui è partita l’azione del vantaggio, bisogna registrare anche la provvidenziale diagonale di Migliorini sul taglio di Okereke alle spalle del giovane virgulto scuola Torino, a sua volta impegnato a togliere agibilità tra le linee agli avversari. I difensori granata sono reattivi e concentrati, ma ancora palesano qualche limite sulla copertura preventiva da opporre alla ripartenza altrui scaturita dalla seconda palla non gestita.

SPEZIA IN DIECI UOMINI. Sul finire della prima frazione di gioco, indispettito da un’ammonizione subita per un fallo non ritenuto meritevole di sanzione, Bartolomei protesta poco urbanamente nei confronti dell’arbitro e termina con largo anticipo la sua partita. Gli uomini di Marino si schierano con il 4-4-1, con Ricci e Crimi diga centrale in mediana, Okereke e Pierini nelle vesti di esterni adibiti alla doppia fase.

LA RIPRESA. La speranza dei tifosi granata, dopo l’intervallo, è di vedere una squadra pronta a capitalizzare la superiorità numerica con la ricerca convinta del secondo gol. Ed invece Di Tacchio e compagni, con quarantacinque minuti abbondanti ancora da disputare, si limitano ad uno stucchevole palleggio orizzontale che finisce per restituire entusiasmo e vigore agli ospiti. Lo Spezia annusa l’atteggiamento rinunciatario dei padroni di casa, partecipa collettivamente alla manovra che crea non pochi grattacapi alla fase difensiva granata. Gli uomini di Colantuono si abbassano molto, fanno densità centrale a ridosso della loro area di rigore, lasciando agli spezzini la possibilità di portare palla e fraseggiare allo scopo di raggiungere le corsie esterne. Eppure riescono ad avere un paio di occasioni (una importante con Mazzarani) per chiudere la partita, senza riuscirci. Marino cerca di rendere più credibile il suo copione tattico inserendo Vignali a destra e Bidaoui a sinistra. La Salernitana, sorretta dai suoi implacabili dioscuri della retroguardia, si difende bene centralmente, mentre sulle fasce non è tempestiva a scalare e ad inibire sul nascere gli uno contro uno affidati a Bidaoui e Okereke. Gigliotti, mal supportato da Mazzarani e Vitale, soffre le pene dell’inferno a sinistra, mentre sull’altro fronte la vivacità e l’imprevedibilità di Bidaoui sono limitate dal duo Casasola-Mantovani. Quest’ultimo è formidabile nel negare con un tackle scivolato la conclusione a colpo sicuro di Bidaoui innescato da Okereke. Sofferenze che potrebbero terminate in anticipo se in fase di possesso la squadra si proponesse con maggiore cattiveria e convinzione nei propri mezzi. Come testimonia la libertà goduta a destra da Casasola, attivato da alcune sponde innescate dalle rare verticalizzazioni effettuate dai campani.

IL FINALE. Lo Spezia è in dieci uomini ma non se ne accorge nessuno, perché gli ospiti corrono meglio dei padroni di casa, ormai stremati e in difficoltà a serrare le fila. La squadra granata è lunga e larga, fatica enormemente a compattarsi con i tre centrocampisti centrali, mentre gli attaccanti sono quasi separati dal resto della squadra. Ricci arriva indisturbato al tiro ma trova la deviazione in tuffo di Micai. Djuric, subentrato in precedenza a Jallow, si lascia soffiare palla e costringe gli ansimanti compagni a commettere fallo sulla ripartenza ligure, ma la traversa dice no alla quasi perfetta esecuzione di Galabinov. Colantuono getta nella mischia Andrè Andrerson e Palumbo (fuori gli esausti Mazzarani e Castiglia) e chiede alla squadra di terminare il match schierandosi compatta, compresi gli attaccanti, dietro la linea della palla. Scelta saggia ed inevitabile, per occupare al meglio gli spazi e rendere più ardui i tentativi offensivi dei rivali. Bocalon e Djuric vestono i panni di mediani aggiunti, con il doge che recupera un paio di preziosissimi palloni e si rende protagonista di qualche fallo tattico che spezza i ritmi di gioco degli arrembanti avversari. La squadra ha il merito di essere unita e di saper soffrire, è impeccabile con i difensori che intercettano i numerosi palloni che transitano in area di rigore. Il triplice fischio finale del direttore di gara è accolto dal boato liberatorio e festante dei tifosi granata. Adesso l’errore da evitare è specchiarsi in una classifica interessante ma sostanzialmente parziale (visti i tanti recuperi che squadre che seguono dovranno affrontare). Venti giorni di intenso e sereno lavoro, da sfruttare per recuperare energie fisiche e nervose e, soprattutto, per presentare alla ripresa del torneo una squadra finalmente accompagnata da un’identità tecnico-tattica riconoscibile. Passaggi fondamentali ed ineludibili, se davvero si vuol disputare, fino in fondo, una stagione da autentici protagonisti.

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