Salernitano verace e sempre molto schietto, Ciro De Cesare non si fa pregare per dire la sua sull’ambiente Salernitana. L’ex calciatore, intervenuto ai nostri microfoni in diretta su Instagram, inizia dalla particolare situazione della quarantena: “Il momento è particolare per tutti, non solo per il calcio. Si è fermata tutta la giostra, anche per i lavoratori che devono portare il pane a casa. Quello che stanno svolgendo i calciatori è un programma di mantenimento approssimativo, ma non uno che ti permette di tornare subito, ci vorranno almeno due settimane per rimettere in moto tutto. Questo allenamento lo sto facendo anch’io ma non credo serva a molto. Penso che serva un piccolo ritiro, bisogna mettere benzina nelle gambe e quindi una decina di giorni con allenamenti mattina e pomeriggio sono necessari”.
Comunque l’ex granata crede che la stagione ripartirà: “Io penso che si riprenderà, come dicono in tv il picco dovrebbe calare la prossima settimana. Poi ognuno dice una cosa diversa, ma penso che per fine maggio si riprenderà e se come detto a Sky vogliono fare tre partite a settimana si riuscirà a farlo. Secondo me ce n’è bisogno perché altrimenti si creerebbero tanti problemi”. Anche sulla questione stipendi si esprime molto chiaramente: “Nel momento in cui si trova l’accordo non c’è problema, anche perché penso che in Serie B i calciatori possano rinunciare a mezzo stipendio. Oltretutto non è che questi soldi si perdono, verranno recuperati. È un aiuto anche alle società che ora già devono fare a meno di soldi di sponsor e diritti tv e senza quelli il sistema va a rotoli”.
L’attuale allenatore del Castel San Giorgio ha inoltre un’idea su chi uscirà meglio da questo riposo forzato: “Questa pausa ha dato modo di recuperare giocatori importanti a tutti, quindi le squadre più avvantaggiate sono quelle che hanno avuto più infortuni. Poi chi starà meglio atleticamente sarà favorito per le lotte in zona promozione, playoff, playout e salvezza. La Salernitana essendo una squadra di giovani è avvantaggiata perché può recuperare prima rispetto a chi ha un’età più avanzata”.
Quindi è ottimista sulle sorti della Salernitana in questa stagione: “Fino a un certo punto pensavo sinceramente che la Salernitana potesse arrivare al secondo posto. Poi c’è stata qualche amnesia, qualche infortunio e qualche partita non giocata al massimo. Non giriamoci attorno, l’obiettivo non è la promozione diretta ma arrivare ai playoff. I playoff comunque sono un obiettivo minimo perché altrimenti la piazza non la prenderebbe affatto bene. Non è una squadra che può arrivare prima o seconda, ma può giocarsi le sue chance con le sorprese della ripresa. I playoff può farli alla grande, anche perché una squadra giovane sulle ali dell’entusiasmo può giocarsela”.
Il toro di Mariconda svela anche quali furono gli ingredienti per la promozione in Serie A quando lui vestiva la maglia granata: “Quando sono arrivato a Salerno, Delio Rossi aveva costruito una squadra con giocatori che venivano da campionati non buonissimi. Mise assieme dei giocatori con voglia di rivalsa e non parlò mai di vittoria del campionato, ma Aliberti ci credeva fin dal primo giorno. A inizio stagione non c’era nessun premio promozione, però già dopo poco capimmo di essere più forti degli altri. Avevamo un gruppo eccezionale. Abbiamo litigato tantissime volte e non si è mai saputo niente. Io ho litigato con tutti, sia verbalmente che con le mani. Non ero l’unico, anche Artistico e Rachini erano molto nervosi. Qualche parolaccia è arrivata pure a Delio, era un rompiscatole. Però quando litigavo con un mio compagno poi in campo per lui mi facevo ammazzare, anche se magari per strada non ci salutavamo”. Irascibile, ma sempre serio al massimo: “Io con gli allenatori ho sempre avuto un rapporto di odio e amore. Mi sono scontrato con tutti, però anche quando ci scontravamo poi in allenamento davo il massimo e li mettevo in difficoltà. Con Delio Rossi se in campo non sapevi cosa fare non giocavi. Faceva finire l’allenamento solo quando facevamo le cose come diceva lui. Ho avuto diversi allenatori bravi, come Rossi o anche Cadregari, però al Casarano. Mandorlini era un bravo allenatore, fenomenale dal punto di vista tecnico, poi ci fu quel gesto. Anche Del Neri è stato un allenatore importante, mentre Cagni lasciamolo perdere, bravo traghettatore ma un allenatore è un’altra cosa, a me non piaceva, ci faceva fare sempre le stesse cose. Se devo scegliere i migliori dico Rossi e Del Neri. Se spero di allenare la Salernitana anche io? È il sogno nel cassetto di tutti, vediamo se un giorno riusciremo ad aprirlo questo cassetto”.
Se deve giudicare i presidenti, lui che ha conosciuto tutti e tre i più recenti, rimane invece più imparziale: “Si tratta di tre epoche diverse, con Aliberti è normale che sia rimasto il segno. Capiva che per me era un orgoglio giocare nella Salernitana. Con Lombardi che veniva da un fallimento e aveva speso tanti soldi siamo stati sfortunati. Infine Lotito è un personaggio, uno che vuole fare sempre quello che dice lui ma che quando dice una cosa mantiene la parola. Io non credo al fatto che non voglia andare in Serie A, perché guadagnerebbe tanti soldi, poi dovrebbe vendere la società ma soluzioni si trovano come si è sempre fatto”.
Continuando sul viale dei ricordi torna in mente la gara con la Roma all’Olimpico, ma anche i gol più emozionanti o aneddoti divertenti: “Il gol più bello resta quello con la Reggina, ma anche quello con il Foggia è da album dei ricordi. In colpi del genere c’è ance una buona dose di istinto, perché tante volte sai dove fa a finire quella palla. Il piede era caldo negli ultimi anni. Altro gol che metterei in alto, ma stavolta per importanza fu quello al Perugia. Cafu? Ti racconto una cosa: Zeman in panchina gli diceva di non perdere la marcatura su di me perchè non riuscivano a fermarmi. Il brasiliano al massimo mi prese il numero di targa… Poi Fusco si fece espellere e io fui sostituito. All’inizio non sapevamo chi avrebbe giocato in attacco, però io nella rifinitura misi Delio in difficoltà. Poi quando arrivammo al campo c’erano già 15000 salernitani, quindi dopo il sopralluogo mi chiamò e mi chiese se me la sentivo di giocare davanti a un pubblico del genere e lì capii che mi avrebbe schierato titolare. La notte a Genova? Quando atterrammo all’aeroporto purtroppo fuori c’erano 500 genoani ad aspettarci, così la polizia ci fece venire a prendere dal pullman dentro l’aeroporto e ci disse di tenere le tende chiuse e non fare nulla uscendo. Come non detto, Ambrosio, appena fuori dall’aeroporto, si abbassa il pantalone e mostra il sedere ai genoani. Così vennero tutta la notte a far esplodere bombe carta sotto l’albergo. La top 11 granata di tutti i tempi? Quella titolare della promozione in Serie A: Balli, Del Grosso, Tosto, Breda, Ferrara, Cudini, Tedesco, Ricchetti, Artistico e Di Vaio”.
Tornando all’attualità l’ex attaccante spiega cosa manca alla squadra di Ventura: “Alla Salernitana manca un giocatore per reparto: un difensore che possa ricoprire tutti e tre i ruoli, un centrocampista di categoria davanti alla difesa e un attaccante. Così potrebbe fare il salto. Ovviamente non sarebbe al livello del Benevento, però per esempio non avrebbe niente in meno del Crotone, anche perché i loro nomi non sono niente di che. Un leader? Non c’è nella Salernitana, ognuno guarda ai propri interessi. I giocatori pensano al proprio orticello. Capitava anche quando c’ero io, però quando qualcuno non si allenava bene lo andavo a prendere per l’orecchio. Anche quando non ero capitano, alla fascia non ho mai dato peso. Ad esempio al Salerno Calcio se non arrivavo io non vincevano. Per dirne una fui l’unico a protestare per fare gli allenamenti a porte aperte. Gli altri fuggivano tutti, pensa a quando perdemmo 4-2. Nel calcio bisogna metterci la faccia, anche quando non sei il capitano, bisogna sapersi prendere i fischi così come gli applausi”. Tutto sommato però si tratta di una buona squadra, guidata da un buon allenatore: “A me piace molto la squadra attuale, giovane. Il problema è che non ha la continuità per rimanere agganciata al Crotone. Il giocatore che mi è piaciuto di più è Djuric, al di là dei gol fa molto per la squadra e mi piacciono molto gli attaccanti così. Mi piace anche Maistro, poi Akpa Akpro è devastante in questo momento. Infine i due esterni Kiyine e Lombardi fanno la differenza in Serie B. Di Tacchio mi ha deluso, però dà l’anima in campo. Ventura veniva spesso a vedere gli allenamenti quando ero al Chievo. Voglio ricordare che tranne la parentesi nazionale ha ottenuto tanti risultati, ha vinto vari campionati. Comunque la differenza la fanno i giocatori, senza giocatori forti un allenatore non può ottenere più di tanto, lasciamo perdere gli scienziati”.
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