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Braccio di ferro protocollo: cosa accade se si riprende e c’è positività? La B è legata inevitabilmente alla A…

Il (grosso) problema è tutto lì: se si dovesse optare per la ripresa dei campionati, in caso di positività in corsa di un atleta o componente dello staff di una squadra quali sarebbero le conseguenze? Fermarsi, mettere tutti in quarantena per due settimane (e dunque dire addio alla conclusione dei campionati) oppure seguire il modello tedesco ed isolare unicamente i contagiati, proseguendo con le partite? Eccoli, i dubbi che medici sportivi, mondo del calcio e Governo cercano di sciogliere per arrivare a un nuovo protocollo, senza il quale sarà dato il definitivo stop ai campionati di calcio. Tra oggi e domani potrebbe arrivare una risposta, in un senso o nell’altro. Le responsabilità sono pesanti e la sensazione è che difficilmente qualcuno possa essere disposto a prendersele.

Dopodomani, al più tardi giovedì, la Lega B dovrebbe riunirsi in videoconferenza. Presumibilmente aspetterà che il premier Conte possa pronunciarsi in materia proprio il 6 maggio, giorno in cui – secondo qualche indiscrezione – potrebbe addirittura arrivare la decisione dello stop imposta dall’alto, con buona pace di chi vuole continuare a giocare. Va detto che segretamente, chi pubblicamente dichiara di voler a tutti i costi portare a termine la stagione, sarebbe rincuorato dall’imposizione governativa che metterebbe poi al riparo i club su più fronti: quello dei contratti con sponsor e diritti tv (che non prevedono l’interruzione per cause di forza maggiore: le tv pagherebbero le leghe e poi eventualmente potrebbero cercare di rifarsi sul Governo, ottenendo agevolazioni o simili, nda) e soprattutto quello dei ricorsi alla giustizia ordinaria. Soprattutto la Lega B è spaventatissima da questa eventualità e uno stop imposto dal Governo indurrebbe necessariamente le parti a trovare un accordo a tavolino sui verdetti del campionato, senza che qualche “scontento” possa poi decidere di impugnare le decisioni prese brandendo la trascurata possibilità di sperare nella ripresa.

In ogni caso, la situazione sarà difficile. Se il governo dovesse concedere il via libera, per metà giugno i campionati potrebbero anche riprendere, sperando in una contemporanea diminuzione sensibile dei contagi su tutto il territorio nazionale. A quel punto, tra porte chiuse e partite al centro sud, in qualche modo la stagione potrebbe essere portata a termine. Ma cosa accadrebbe in caso di positività o di stop da parte del premier? Molto dipenderebbe anche dalle decisioni Uefa. Ad esempio, se ad agosto Champions ed Europa League fossero regolarmente completate, la massima istituzione calcistica continentale pretenderebbe i nominativi delle partecipanti italiane alle competizioni europee 2020/21: c’è chi – come la Francia e l’Olanda – ha assegnato i posti a tavolino e chi invece – come Inghilterra, Portogallo o Germania – confidano di farlo entro i primi di agosto sul campo. Se tutte le altre federazioni europee dunque – a prescindere dal modo – emettessero i verdetti, la Figc dovrebbe adeguarsi. Dunque, cadrebbe la possibilità pur ventilata di poter terminare il corrente campionato a settembre, come molti (Lazio compresa) propongono, in vista dei mondiali del Qatar del 2022 che si svolgeranno a dicembre e che consentono, quindi, la possibilità di giocare due stagioni sulla base degli anni solari. Ma l’Italia, per farlo, dovrebbe avere la sponda dell’Uefa: ciò sarebbe possibile solo se ad agosto non si riuscisse a completare le coppe. Viceversa, con la Serie A costretta a emettere verdetti, sarebbe impossibile dover riprendere la B a settembre quando la A 2020/21 potrebbe già cominciare (ma senza avere le promosse dalla B). Per non parlare della voragine economica che si verrebbe a creare per l’assenza della mutualità dalla Serie A. Insomma, per il principio dei vasi comunicanti la prima e la seconda serie devono viaggiare a braccetto, mentre la C ha già comunicato che non riprenderà a giocare. Come andrà a finire?

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