È scritto nel destino di questa stagione che la Salernitana debba recitare il ruolo dello sparring partner, di comparsa delle celebrazioni altrui: dopo aver assistito alla festa salvezza del Verona, peraltro in casa propria, la squadra granata ha fatto visita al Milan nella sera in cui San Siro saluta il tecnico dell’ultimo scudetto (nonché ex granata) Stefano Pioli, la punta Olivier Giroud ed il difensore Simon Kjaer. Anzi, la squadra di Colantuono ha anche portato il suo regalo personale, per non farsi trovare in difetto, consegnato da Fiorillo a Leao per aprire il tabellino dopo una ventina di minuti.
Il gol di Giroud, poi, ricalcava il copione perfetto scritto dal tifoso milanista medio per la serata dell’addio alla punta francese. La squadra arrendevole, mai in lotta per la salvezza, è stata la vittima sacrificale tante volte in questa stagione, capace di rianimare attaccanti in crisi realizzativa da settimane e che magicamente ritrovavano la via del gol proprio contro i granata. Ma c’è una componente che non si è mai arresa a questo destino, che non ha mai fatto da comparsa e che – parlano i numeri – non è arrivata ultima. Ed è la tifoseria granata. Portare 326 tifosi a San Siro, alla quarta gara dopo l’aritmetica retrocessione e la dodicesima dopo aver smesso di combattere, è sinonimo di senso d’appartenenza profondo e viscerale. “Solo per la maglia”, cantano dal terzo anello i supporters granata, “andate a lavorare” è il ritornello dopo il terzo gol del Milan, che aggiorna la statistica a 81 reti subite in campionato, mai così tante nell’arco di una sola stagione nella storia del club dell’ippocampo.
In questo periodo dell’anno fatto di decisivi spareggi playoff e playout in Serie B e C, piazze comunque blasonate non portano in trasferta così tanti tifosi in gare che valgono l’intera stagione. La Salernitana ha smesso da un pezzo di giocare per un risultato concreto che non sia il ritoccare i record negativi della Serie A, eppure non è mai rimasta sola.
Nel primo tempo, a dire il vero, complice lo sciopero della Curva Sud rossonera, i tifosi granata si sono fatti sentire, tenendo testa ad un San Siro da oltre 70 mila presenze. L’amministratore delegato Maurizio Milan, unico rappresentante del club presente a San Siro, non si è soffermato ai microfoni per ribadire i concetti espressi 24 ore prima in occasione dell’anniversario della tragedia del treno speciale Piacenza-Salerno.
I due gol della rimonta finale firmati Sambia e Simy, oltre ad aumentare i rimpianti per ciò che poteva essere ma non è stato, non hanno rovinato la festa al Milan. Il club rossonero, oltre a presentare la nuova divisa per la prossima stagione, ha ringraziato e salutato Pioli, Giroud e Kjaer, ma ha anche fatto debuttare in Serie A Lapo Nava, giovanissimo portiere figlio dell’ex difensore Stefano, e rifatto assaggiare il campo a Mattia Caldara (corteggiato dalla Salernitana un paio di stagioni fa), reduce da un lunghissimo infortunio.
Il Milan ha riabbracciato una sua vecchia gloria come l’esterno Sergio Claudio Dos Santos “Serginho”; in tribuna presente la solita parata di ex calciatori ed allenatori, come Franco Baresi, Roberto Donadoni, Daniele Massaro e tanti altri. Segnalato in tribuna autorità anche Alberto Bollini, ex trainer granata e attualmente commissario tecnico della Nazionale U20. Il post-partita è un tripudio di colori e festeggiamenti per chi saluta questo stadio. Un altro pianeta rispetto a Salerno, si dirà. Però anche Salerno in questi anni ha avuto l’opportunità di trasformare in evento degli addii eccellenti e non lo ha fatto. Uno su tutti, di rilevanza internazionale: troppo poco quel giro di campo di Ribéry prima della partita contro lo Spezia dello scorso campionato, ad esempio.
Il pallone ha smesso di rotolare anche per la Salernitana, finalmente, direbbero alcuni. La stagione si è chiusa con due palloni nel sacco dell’avversario, particolare che deve essere ben augurante, più dei 17 punti raccolti in questa annata disastrosa. Lo si deve alla città, lo si deve alla piazza, lo si deve ai 326 di Milano che non hanno marcato visita nemmeno in quest’occasione. “Che importa se…”
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