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Verso il centenario… a metà del guado: Salernitana, niente più mezze misure

Rinforzare, se possibile, e non smantellare. Dovrà certamente essere questo l’imperativo per la Salernitana nel mai facile mercato di riparazione, per situazioni, umori, budget e quant’altro. Se la squadra “che tutti a inizio campionato accreditavano come una delle possibili protagoniste” è fuori dalla zona playoff al giro di boa, qualche motivo ci sarà. E sarà così anche se “qualche calciatore ha probabilmente reso meno di quanto ci si aspettava a inizio stagione”. Così parlava il co-patron Marco Mezzaroma al termine del match col Foggia, esortando i suoi calciatori a “finire il girone d’andata dimostrando che a inizio stagione non ci si è sbagliati, dopodiché si faranno le opportune valutazioni”. Che sono in corso, allo stato attuale.

La Salernitana, nelle due partite seguenti alle dichiarazioni del costruttore capitolino, ha ottenuto un pareggio e una sconfitta in casa. Sarà solo colpa della “mancanza di autostima” o dei “fattori imponderabili” che ciclicamente tornano nelle dichiarazioni dei protagonisti e colpiscono (in negativo) l’andamento del torneo dell’ippocampo? Forse no. Come è vero che non è tutto da buttare, analizzando l’organico a disposizione di Colantuono prima e di Gregucci poi. La solita via di mezzo da cui, stavolta, partire per mettere concretamente la freccia a sinistra ed andare in corsia di sorpasso. Perchè questa Salernitana “che poteva andare a duecento all’ora ma è stata tenuta a 150, prima che quest’estate decidessimo di accelerare e vedere cosa succede” – a detta di Claudio Lotito dopo la partita casalinga contro lo Spezia del 10 novembre – sta oggettivamente andando troppo piano negli ultimi anni, in relazione non tanto alle potenzialità tecniche, che pure ci sono, bensì alla forza di una proprietà (in alto foto del 2011 all’atto dell’insediamento in città, nda) che in passato ha sempre dimostrato di sapere come ottenere – presto, bene e pure con poca spesa, in determinati casi – quanto desiderato. Dalle vittorie in Serie D e Seconda Divisione, al ritorno in B e all’ottenimento delle decantate case sociali, quella operativa (la nuova sede di via Scavata Case Rosse) e quella sportiva (il centro Mary Rosy). Entrambe in fitto.

“È intelligente ma non si applica”, certe volte. Dopo le pagelle del primo quadrimestre, l’alunno dovrà dare di più. E non in termini di investimenti economici, che pure sono stati fatti. La Salernitana è sufficientemente piatta: 6 vittorie, 6 pareggi, 6 sconfitte a metà stagione, undicesima in classifica su 19. Sono i numeri a dare gioie, i numeri a dare dolori. I numeri possono dare anche zero. Ed è sui numeri, sulla matematica, che sono fondate le solide realtà dell’esistenza, del mondo in cui viviamo. Non sulla pur bella filosofia. La società è chiamata a scollarsi dalle dinamiche copiaincollate delle ultime stagioni, partendo dai risultati altalenanti, le crisi di metà stagione con annessi cambi di panchina, il ricorrere al mercato per tagliare i rami secchi prima di poter ingaggiare elementi che facciano potenzialmente fare un salto, le dichiarazioni ciclostilate che calzerebbero a pennello anche tornando al 2017.

E come risvegliare chi, colpevolmente o no, non rientra nel cosiddetto zoccolo duro? Inutile nasconderlo, negli ultimi dieci anni la piazza di Salerno ha conosciuto mutamenti (non sempre positivi) della proverbiale passione per la squadra. Lo dicono i numeri, i dati al botteghino ma anche la sempre crescente frammentazione del tifo, delle sue idee. Colpa dei social? Chissà. Colpa anche del mondo dei media, incapace di ribellarsi unitariamente alla vista di determinati fenomeni sedimentati nel locale, così come nel nazionale. C’è da fare autocritica. C’è chi ci sguazza. Ma si può cambiare.

Dichiarare un obiettivo e fare di tutto per raggiungerlo. Magari, vincere. Alla Salernitana, soprattutto quest’anno, si può solo voler bene. La ricetta è una sola, possibilmente con la o chiusa.

 

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