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Tra paure, carenze e defezioni: analisi del match dei granata, sbranati dai lupi leccesi

Una serata da incubo, quella di ieri. Da un lato il Lecce, assortito nelle “coppie”, consolidato in un sistema di gioco ben rodato ed efficace; dall’altro la Salernitana, alla ricerca perenne di un’idea. Gli ospiti vincono 2-1, interpretando le due fasi a memoria, belli da vedere e bravi a pressare alti con i tre attaccanti che, aperti a ventaglio, coprivano tutta l’ampiezza del campo.

I salentini si sono rivelati efficacissimi con i due interni di centrocampo (Scavone e Petriccione), bravi a pressare i due isolati e lenti dirimpettai granata (nella fattispecie l’inconsistente Castiglia e un Akpa Akpro che è parso zoppicante fin dal primo minuto); solidi e sicuri con i quattro difensori e con i due esterni bassi (Calderoni e Fiamozzi) sempre abili e pronti ad inserirsi – alternandosi – appena riconquistato il possesso.
Il Lecce mostra fin dai primi minuti di aver letto bene le debolezze avversarie, principalmente la sofferenza della Salernitana nel subire la profondità ed il gioco tra le linee. In questo, Falco e Mancosu si sono dimostrati maestri precisi, efficaci e produttivi. A ciò va aggiunta la capacità di inserimento nello spazio da parte dei due interni di centrocampo, Scavone e Petriccione, in fase di costruzione. I due erano sempre molto alti ed attenti a seguire la “linea” della palla. Nella fattispecie, Scavone a sinistra in fascia a ricevere palla e Petriccione ad attaccare la profondità dall’altro lato e viceversa. Questo movimento ha sempre permesso di creare lo spazio tra le linee e trovare Falco e Mancosu liberi di attaccare – a palla scoperta – i sedici metri avversari.
La Salernitana, tatticamente, non ha reagito a questo sviluppo di gioco della squadra di Liverani. La strategia giallorossa ha prodotto quasi sistematicamente una situazione di tre contro tre. Ovvero tre attaccanti leccesi contro i tre difensori centrali granata (peraltro tutti sotto tono ieri) e lo smarcamento dell’interno di centrocampo (Scavone o Petriccione) in fascia. Le “contromosse” granata, o presunte tali, hanno lasciato perplessi: Pucino e Vitale si facevano portare fuori linea della palla, alzandosi rispettivamente su Calderoni e Fiamozzi, ma lasciando campo e spazio alle loro spalle ai due bravi centrocampisti salentini. Altro dubbio: quali erano i compiti dei due Anderson nella fase di non possesso? La Salernitana non ha mai dato l’impressione di impensierire ed offendere l’avversario. Anzi, si è rivelata – nei 90′ di ieri – una squadra senza coraggio e piena di paure, fattori che non aiutano certo alla crescita del collettivo. È emerso uno scarso ardore della giocata individuale, del duello, della possibilità di creare una superiorità numerica. Incapace di reagire al grave errore di posizionamento da parte di Micai in occasione del vantaggio di Mancosu, la Salernitana si è consegnata all’avversario senza mettergli pressione, consentendogli di giocare e subendone sistematicamente il palleggio.
La “vespertina” dell’Arechi tradisce alcune certezze tecnico-tattiche sulle quali non sembrano esserci più dubbi: Di Tacchio, Migliorini, Schiavi ed Akpa Akpro sono elementi imprescindibili per questa squadra. A questi si aggiunge di diritto il giovane Andrè Anderson, in attesa dei recuperi di Minala e di Bernardini. Con il Lecce non c’è stata partita: vittoria meritata e risultato per certi aspetti anche stretto ai salentini.

 

A cura di Antonio Pappalardo (allenatore Uefa B)

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