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Quante possibilità ci sono nelle pause di riflessione? Nella storia d’amore granata (forse) infinite…

E’ sempre stata una questione d’amore incondizionato. Ma l’amore senza rispetto non ha senso di esistere. Lo stesso rispetto che hanno preteso e che pretendono, adesso, quei tifosi della Bersagliera sacrificata sull’altare delle parole prima e dei silenzi poi. Silenzi, quelli spezzati dai fischi e dai “meritiamo di più” urlati a gran voce e dalla richiesta di alzare la testa a quegli undici in campo (e non solo) che sembrano aver perso la rotta o addirittura la bussola, non avendo più contezza che a testa alta, certamente, possono camminare soltanto gli ultras, i tifosi, quelli che macinano chilometri nonostante tutto e tutti e che non hanno più fiato per rincorrere i sogni, anche quando diventano realtà. Nonostante le prestazioni, nonostante le chiacchiere, nonostante i nonostante di una fiducia assoluta che adesso viene riposta e nascosta sugli scaffali “dietro” perché vicina alla data di scadenza invece di metterla in bella mostra e consumarla in fretta.

Calciatori, allenatore, presidenti e dirigenti: “quelli passano” sostengono numerosi i tifosi della Salernitana quando provano a raggiungere la squadra all’uscita dopo un sonoro 3 a 0 a casa d’altri. E’ vero, tutto passa. Anche le bufere, anche i terremoti, gli tsunami, la pioggia d’estate e quella invernale che deprime. Ma i segni restano, le cicatrici sono visibili. I tifosi granata, quelli con le cicatrici, erano presenti in 3000 anche oggi. Alle 12.30 di una domenica che toglie il tempo alle famiglie, che toglie il tempo al tempo lento. A mostrare le cicatrici sul cuore che abbandona gli spalti nelle sconfitte ma che prende la rincorsa per l’ultimo saluto e per l’ultimo abbraccio, dopo essersi lasciati. L’abbraccio che ha il retrogusto di un grazie per quel che si è vissuto insieme. I tifosi della Salernitana portano addosso le maglie granata come seconda pelle che brucia al sole anche quando si spegne per nasconderle quelle cicatrici, anche quando è notte fonda. Quella notte che si porta con sé sempre un amore di riserva in tasca, che non vuole affrontare la realtà ma che in fondo ci spera e si colora di un’alba nuova e dice “domani sarà un giorno migliore”. Come si fa a rimanere indifferenti a tutto questo? Inermi, davanti alla resa di chi dovrebbe ringraziare per tutto quello che – in fondo – riceve. A volte senza dare.

“Solo per la maglia” perché quella rimane mentre sventolano le bandiere che in fondo non esistono più e figuriamoci se si fissano sul rettangolo verde del romantico (solo per chi lo segue) gioco del calcio. E forse è ora di confrontarsi. Come in tutte le storie in cui si ritrova davanti ad un bivio. Se bisogna elemosinare attenzioni, se bisogna chiedere, se bisogna fare e dare sperando di ricevere e accontentarsi delle briciole allora c’è bisogno di riordinare le idee, chiarirsi, confrontarsi, unirsi ancora di più senza per forza dover ascoltare il parere di chi crede che nelle situazioni altrui può erigersi a maestro di vita. Quella vita la può sentire scorrere e fermare o far continuare ad andare soltanto chi va allo stesso ritmo dei battiti del proprio cuore.

Chissà all’U-Power Stadium, sotto gli occhi dell’amministratore delegato Maurizio Milan, costola della società guidata da Danilo Iervolino, il senso che ha avuto la meglio qual è stato. La vista? Quella diretta con lo sguardo a chi aveva deciso di abbandonare anzitempo lo stadio perché occhio che non vede, cuore non duole. L’udito? Quello che scandiva le parole di un “vergogna” tra i “solo per la maglia, meritiamo di più”. Il tatto? Quello che – a volte – nell’ultimo periodo è mancato da parte di tutti, quello delle mani che sudano e che fanno male per gli applausi che adesso sono lontani. L’olfatto? Quello che carpisce la puzza della resa, delle cose che non vanno, del nervosismo a intermittenza. Il gusto? Quello dei ricordi. Il piacere di assaporare la felicità che sembra nascosta nei cassetti del passato. Chi deve riaprirli quei cassetti? Tanto dentro, ci trovate sempre loro. I tifosi mai stanchi, mai domi. E che meritano chiarezza e di sapere che quegli sforzi non sono stati vani, non sono mai buttati al vento come le foglie di un autunno che tarda ad arrivare ma che ha fatto già posto all’inverno. E’ estate solo nel cuore di chi quella maglia sa sudarla. E anche questa volta sono soltanto i supporter e gli appassionati. Quante altre possibilità ci sono nelle pause di riflessione di una storia d’amore, allora?        

 

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