Si racconta a tutto tondo Pasquale Mazzocchi, ospite di Dazn Talks, in diretta su Youtube questo pomeriggio. L’esterno granata sta vivendo un momento magico, tra il primo gol in Serie A, l’assist in casa della Juventus e i tanti altri motivi che possono spingere Roberto Mancini a convocarlo per gli impegni in Nations League della nostra Nazionale la prossima settimana.
Le motivazioni
“È bello sentire queste cose, a chi parte dal basso fa tanto piacere – spiega l’ex Venezia – Ma in questo momento sono concentrato su quello che sto facendo con la Salernitana, non posso distrarmi. Nasco esterno d’attacco, poi sono stato arretrato come terzino, durante la mia carriera ho dovuto modificare il mio corpo, il mio modo di giocare e prendere la mentalità da difensore, cose non facile a carriera in corso. Dopo tanto lavoro e l’esordio in Serie A poi è arrivato il mio primo gol in A, contentissimo che sia arrivato in casa, qualcosa di spettacolare davanti ai nostri tifosi, anche con un pizzico di fortuna: mi sono buttato lì in mezzo e poi sono stato bravo a spostare palla sul sinistro e poi a calciare. Ho perso il conto delle volte che l’ho rivisto. Si dice “aiutati che Dio ti aiuta”, no? Così è stato. È stato difficile andare a dormire la notte. È stata una liberazione, dopo le tante chiacchiere che ci sono state dopo i due mesi difficili in estate. Non ho sogni calcistici, piuttosto ho obiettivi. Il sogno è qualcosa che arriva mentre dormi, invece gli obiettivi si raggiungono con il lavoro“.
La famiglia e la fede
Nella settimana di sosta per le nazionali c’è un evento a cui il calciatore napoletano è molto legato e a cui potrebbe dover rinunciare, motivo per sottolineare l’importantissimo rapporto con la propria famiglia e le proprie radici: “Tra due domeniche c’è la Festa dei Gigli, si festeggia San Paolino che nasce a Nola e se la sono portati anche nel quartiere di Barra. Siamo una famiglia numerosa, ho nove nipoti con cui ho un bellissimo rapporto: a Salerno la tribuna solitamente è quasi tutta occupata da loro, in media quasi una ventina a partita. Ho un cane Labrador, si chiama Jason. Ci siamo sposati quest’anno io e Tonia. È stato molto emozionante, eravamo fidanzati da nove anni e venivamo da 5 anni di convivenza. Ci siamo conosciuti in un movimento giovanile domenicano a Napoli, abbiamo portato avanti il nostro amore fino al matrimonio. Io sono un credente poco praticante per via del calcio, ho scelto anche una casa che sta a pochi metri con la Chiesa, mi piace sempre essere a contatto con il nostro Signore. Il tatuaggio? Ognuno manifesta la sua fede in vari modi, a me piace così. Mi piace cantare, lo faccio ogni tanto, quando posso. Non sento solo canzoni napoletane, anche rap. Prima della partita musica motivazionale, cerco di caricarmi il più possibile. Se seguo altri sport? No, mi piace disegnare a matita, ho fatto anche qualche lezione privata di iperrealismo: mi rilassa, preferisco i volti ai paesaggi”.
Le origini
“A Napoli siamo abituati a scegliere i diminutivi dei nomi. Da piccino ero magrolino e mi chiamavano “mezzo kilo”. Da piccolo tifavo Inter, Oba Oba Martins era il mio giocatore preferito, poi crescendo sono sempre stato fedele alla mia città. Il mio numero è il 7, però ho scelto la maglia numero 30 perché è la data di nascita di un mio caro amico venuto a mancare tanto tempo fa. Il paragone con Theo Hernandez? Non voglio essere paragonato a giocatori importantissimi, penso al mio cammino e voglio continuare a fare quel che sto facendo, anche se fa piacere. I tifosi mi amano per il mio modo di giocare, essendo un sanguigno in campo. Qui a Salerno ti fanno sentire sempre amato, sono calorosissimi. Allo stadio cantano dal primo all’ultimo secondo. Il Fantacalcio? Non ci gioco, non voglio avere troppe cose da fare, preferisco concentrarmi sulle mie cose. Nel pomeriggio libero vado a fare la spesa, porto il cane a passeggio. Sono un professionista, ho la mia dieta, conto i chicchi di riso. Gli amici mi prendono un po’ in giro per questo, ho sempre portato avanti questa mentalità. La mozzarella però è il mio debole“.
Lo spogliatoio
Dai parenti di sangue a quelli di… sudore: “Il compagno con cui ho più feeling? Rido e scherzo con tutti, anche con gli stranieri, seppure debba gesticolare con loro. Ho insegnato a dire “pass o’ pallon” a Coulibaly e lui ogni tanto lo dice (ride, nda). In questo momento stiamo affrontando un inizio di campionato importante, l’umore è alto ma dobbiamo rimanere con i piedi per terra. Il soprannome di Piatek in napoletano? Bellu guaglione. Ribéry è “o’ mostro”, Coulibaly “n’animal” e mister Nicola “o maestral”. Il mister è un allenatore unico nel suo genere, riesce ad entrarti dentro, alcune volte tra noi basta guardarsi negli occhi per capirci, è un tecnico speciale, un grande uomo. L’attaccante più difficile da marcare? Sono rimasto impressionato da Leao, ha potenzialità incredibili e margini di miglioramento infiniti. Il compagno che mi ha impressionato di più tecnicamente in tutta la carriera è Ribéry: tu giochi e lui è già quattro giocate in avanti, una roba assurda. Dia? Bravissimo, molto timido, dà l’anima in campo. Su Candreva nulla da dire, lo abbiamo accolto alla grande, è venuto qui con le spalle grandi e cerca di darci una mano con la sua corsa e la sua qualità”.
La forza del gruppo
“Quest’anno c’è il fatto di volersi tutti bene, di uscire spesso a cena tra noi che aiuta molto a fare gruppo, in questo il mister è molto bravo. Le imprese le fanno sempre i gruppi forti: se non ce l’hai, puoi avere tutti i giocatori tecnici che vuoi, ma non vai da nessuna parte. La nostra forza è stata questa l’anno scorso e quest’anno, compreso chi in questo momento non sta giocando, che dà una mano incredibile perché ti permette di allenarti sempre al 100%. La salvezza dell’anno scorso? Il mister ci ha fatto pensare partita dopo partita, sapevamo che c’era un’impresa da fare, sembrava troppo lontana per dire che dovevamo salvarci. Il mister ha detto che non ci restava altro che vincere partita dopo partita, pian piano l’obiettivo si è avvicinato“.
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