La Salernitana non riscatta la figuraccia di Benevento e contro l’Ascoli conquista un punto che muove poco la classifica ma evita il primo baratro psicologico della stagione. Una partita che ha mostrato due squadre che dovranno migliorare molto se vorranno provare a disputare un torneo capace di allontanarsi da un insipido anonimato.
Colantuono accantona il 5-3-2 compassato e privo di qualità visto all’opera al Vigorito e si affida ad un 4-3-1-2 che, sulla carta, sembra avere qualche cartuccia in più da sparare sul terreno della proposta offensiva. Pucino e Gigliotti agiscono da esterni bassi con scarsa propensione alla spinta, Mantovani affianca Schiavi al centro della difesa, mentre in mediana la sostanza di Di Tacchio è supportata dal dinamismo di Akpro e dalla qualità di Mazzarani. Di Gennaro opera alle spalle del doppio centravanti di peso rappresentato da Vuletich e Djuric. Scortato dall’euforia derivante dal successo conseguito contro il Lecce, reso atleticamente più fresco grazie alla sosta forzata imposta dal calendario, l‘Ascoli si presenta con assetto tattico speculare ma in versione spavalda rispetto alla gara precedente, puntando su Ninkovic trequartista alle spalle della coppia composta da Ardemagni e Beretta.
La Salernitana mostra immediatamente delle difficoltà a mantenersi compatta con i tre reparti, con gli ospiti che non trovano grandi ostacoli nell’esercitare il loro giropalla ragionato. Vuletich, Djuric e Di Gennaro aiutano poco in fase di non possesso, mentre Gigliotti e Pucino restano quasi sempre bassi ed in linea con i centrali difensivi. Il possesso palla marchigiano è una logica conseguenza, alla pari delle sovrapposizioni a sinistra di D’Elia e del gioco tra le linee di Ninkovic e Beretta, il quale guadagna, dopo appena otto minuti, la punizione che consente al serbo di superare l’incolpevole Micai.
I granata, inoltre, palesano un’imbarazzante lentezza quando sono chiamati a fare la gara. Le punte sono decisamente scontate nell’eseguire il compitino fuori dai blocchi difensivi altrui, gli esterni bassi dettano raramente il passaggio, mentre Di Gennaro e Mazzarani risultano troppo compassati per sperare di diventare un fattore determinante all’interno del match. L’Ascoli, con la linea difensiva alta ed i tre attaccanti a sacrificarsi in fase passiva, è più compatto, si difende con ordine ed approfittando degli errori di impostazione dei granata, seguiti da difficoltà ad operare tempestive coperture preventive, risulta sempre insidioso di rimessa, sfiorando addirittura il raddoppio con Beretta, sul quale è molto bravo Micai in uscita.
Ad una Salernitana contratta ed assolutamente incapace di sviluppare una manovra agile ed imprevedibile, non resta altro da fare che lanciare il pallone in avanti e sperare nel gioco aereo garantito dalla prestanza fisica di Vuletich e Djuric. E la strategia quasi ottiene il risultato sperato, perché Brosco e Valentini non sono esattamente dei granatieri insuperabili. L’Ascoli viene dapprima graziato dalla decisione arbitrale di annullare a Vuletich (assist di Djuric) un gol parso regolare. Poi la difesa marchigiana lascia saltare indisturbato Vuletich a pochi metri da Perucchini, ma l’attaccante argentino fallisce un gol quasi fatto. Prima della chiusura del tempo, altre due innocue ed acrobatiche punture di spillo portano la firma di Djuric.
La ripresa si apre con la sostituzione di un apatico Di Gennaro, rimpiazzato da Castiglia. La squadra granata conserva il rombo a centrocampo, con Mazzarani ad esercitare le funzioni dell’ex cagliaritano. Il cambio operato da Colantuono registra miglioramenti impercettibili sul piano della qualità offensiva, ma l’atteggiamento di Schiavi e compagni guadagna posizioni sul piano dell’aggressività e della maggiore intraprendenza. Pucino e Gigliotti provano a supportare la manovra offensiva con avanzamenti ragionati, le punte non si limitano ad attendere il traversone dalla trequarti ma provano anche a muoversi senza palla negli spazi laterali. I centrocampisti, infine, sono più reattivi sulle seconde palle, distribuiscono la sfera con maggiore velocità, mentre Mazzarani cerca agibilità sulle due corsie laterali. Non registriamo un forcing lucido e realmente incisivo, ma gli uomini di Colantuono attraverso il temperamento e la fisicità creano grattacapi all’Ascoli, il quale mostra più di un limite quando è chiamato a preservare attenzione nei propri sedici metri.Come in occasione dell’erroraccio di Djuric che, ottimamente servito da Gigliotti, sparacchia alto sulla traversa.
Intanto Bocalon entra in campo al posto di Vuletich. Le idee continuano a latitare in casa granata, ma il secondo tempo mette almeno in mostra una grinta ed un’aggressività diverse, necessarie per sperare di raggiungere la porta altrui grazie all’episodio estemporaneo. Caparbietà e temperamento che consentono a Djuric di guadagnare un’interessante punizione decentrata. Mazzarani calcia forte verso la porta ascolana e trova la deviazione di testa vincente di Di Tacchio.
Sul risultato di parità, la gara sembra strizzare l’occhio ad una Salernitana caotica ma generosa, però il calcio è uno sport in cui contano molto le dinamiche psicologiche, le quali spesso mutano rapidamente nel corso di un match. Accade così che il pari raggiunto dai padroni di casa impone agli ospiti di ritrovare la capacità di muovere il pallone esibita nei primi quarantacinque minuti di gioco. Anche perché hanno di fronte una Salernitana appesantita dalla fatica e atleticamente impossibilitata ad essere corta e stretta sul rettangolo di gioco. Ed infatti è sufficiente un Ascoli leggermente più manovriero per riportare sotto la luce dei riflettori la difficoltà dei calciatori di casa a mantenersi ordinati e serrati.
Quando gli esterni bassi di Colantuono aggrediscono alti, i difensori centrali spesso non scalano tempestivamente le marcature, consentendo agli attaccanti ascolani di aggredire gli spazi laterali. Le punte granata, inoltre, continuano ad offrire uno scarso contributo in fase di non possesso. La risultanza di questo movimento collettivo poco sincronizzato è una squadra sostanzialmente lunga e sfilacciata, ma l’Ascoli non è il Benevento e la partita per i padroni di casa non si trasforma in un nuovo calvario calcistico.
Colantuono abbandona ogni velleità di gioco collettivo e spedisce in campo Jallow, sperando che il gambiano tiri fuori una giocata estemporanea e determinante. Vivarini comprende che la Salernitana è sulle gambe, estenuata dalla gara con il Benevento e dal forcing confuso esercitato nella prima parte della ripresa. L’ex tecnico dell’Empoli sa di poter puntare ai tre punti ed inserisce il più offensivo Baldini in luogo di Troiano, ma è penalizzato nei suoi propositi dal grave infortunio subito da Ardemagni. Al posto dell’ex irpino entra Rossetti. La gara volge al termine, con una Salernitana incapace di ripartire in maniera efficace, sempre più spossata e disunita tatticamente. L’Ascoli però non ha lo spessore tecnico e la personalità per approfittarne, limitandosi ad imporre un infruttuoso predominio territoriale.
La gara termina senza sussulti significativi, lasciando negli occhi dei tifosi granata l’immagine di una squadra che comincia a destare più di una preoccupazione. Far di necessità virtù, stringere i denti, raccogliere forze ed idee per affrontare la capolista Verona. Sperando che Colantuono ed i suoi ragazzi facciano quadrato e comincino a concretizzare sul campo le loro oggettive potenzialità tecniche. C’è una stagione da mantenere viva. Lo impone la storia.
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