Contraddizioni tattiche e incoerenti dichiarazioni post partita fotografano un match che appare diverso dal quadro dipinto. Due squadre spaventate vanno in scena all’Arechi, sicuramente appena sufficienti sul piano atletico.
Una Salernitana schierata in un 4-3-3 che rispecchia le classiche uscite (seppur timorose e passive) nella fase di non possesso, ma deficitarie in quelle in cui la palla era nella disponibilità dei padroni di casa: possesso scarno, insufficiente, penalizzante e esterni offensivi poco propensi a tagliare e svuotare lo spazio in fascia (solo Orlando ha provato in qualche circostanza a ricordarci come ci si muove in quella posizione). Cosmi di par suo schiera quattro difensori schermati da due orchestratori (Schiavon e Bentivoglio) a cui è affidato il compito di proteggere e organizzare lo sviluppo della manovra. In avanti Bocalon punta fissa e tre giocatori (Pinato, Lombardi ed il giovane interessante Pimenta), pronti a ruotare nei ruoli e quindi nelle posizioni: ci appariva a volte un 4-2-4, a volte un 4-4-2, a volte due esterni alti ed un giocatore sotto punta a sostegno del doge.
Ritornando alla Salernitana, Menichini ha scelte obbligate in difesa con Migliorini e Mantovani (impeccabile fino al gol ospite) schierati al centro, Pucino e Lopez (il migliore in campo) sulle fasce. A centrocampo un solido Di Tacchio a sostegno dei due interni, un vivace Odjer ed il solito spento e irriconoscibile Minala.
In attacco il tridente con Djuric centrale, Yallow e il rigenerato Orlando.
La partita per la Salernitana finisce al 25’ del primo tempo: realizzati i due goal grazie ai due soli ed unici tiri nello specchio della porta avversaria, infatti, i granata scelgono di aspettare, quasi come ad attendere che i gondolieri timbrassero il tabellino. Proprio per questo sostenere – come fa Menichini – di essere rimasto in partita e capace di realizzare il terzo goal è un esercizio a dir poco fantasioso. Quando e come i granata hanno espresso questa attitudine e questa volontà?
Un atteggiamento speculare non è tenere gli interni di centrocampo in linea col play e a 5 metri della propria area di rigore, non significa tenere i due esterni di attacco a fare le preventive quasi in linea con la linea dei difensori. Mai, infatti, Odjer e Minala sono stati pronti a prendere almeno a centrocampo il portatore di palla: nel 4-3-3 sono proprio gli interni che hanno il compito di pressare, rubare, ripartire e “fare male all’avversario” con i veloci inserimenti in fascia prima e poi nel taglio con gli esterni offensivi. La Salernitana ha sofferto per 70’ (recupero compreso) sulla catena di sinistra: sempre bassa, carente, sempre attaccata dall’avversario. Jallow alla fine non è riuscito a limitare una falla irreparabile: guarda caso il goal dei lagunari nasce proprio da lì. A questo punto, vista l’incapacità di mantenere il possesso, verrebbe da chiedersi legittimamente se era possibile qualcosa di diverso.
A quel punto, visto che si era deciso di tenere la squadra così “speculare” , non sarebbe stato possibile (oltre che più redditizio) dare una lettura differente al match, consapevoli del fatto che il risultato potesse essere congruo e sufficiente?
Magari inserendo Gigliotti per ricreare la superiorità numerica in mezzo (Cosmi aveva inserito Zigoni al posto di Bocalon) con Lopez che avrebbe potuto tamponare definitivamente il buco a sinistra? Su Djavan Anderson continuiamo a stendere un velo pietoso: svogliato, svuotato, incapace tatticamente a leggere le situazioni e tenero in fase di non possesso nelle coperture preventive. Calaiò non ci ha dato il tempo di essere giudicato anche se al 90’, un giocatore della sua esperienza e della sua caratura, avrebbe potuto e dovuto fare meglio in quel possesso che seppur indirettamente ha innescato poi l’azione del goal veneziano. Akpa, invece, è stato una delusione: appena entrato incitava (è in parolone) e invitava i compagni a gestire la palla, nascondendosi al tempo stesso e svestendosi di ogni responsabilità. L’ivoriano sembra essere entrato in campo con la modalità off-line. Concludiamo con il gol incassato da Zigoni. Si dice che i difensori di un tempo non esistono più: non è così. Oggi i difensori sono attratti solo e sempre dalla palla. Si perde il contatto fisico e visivo dell’avversario: sul gol la Salernitana era in parità numerica con il Venezia in area granata, ma non è bastato ad aggredire l’attaccante prima e la palla poi. Una situazione che un bravo difensore valuta in situazione traiettoria e tempo di intervento.
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