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Il mister fa l’aziendalista: “Kristoffersen clone di Djuric, ma più dinamico. Boultam da scoprire”

“Qualche tempo fa dissi che Djuric andava clonato, perché non esisteva un giocatore con le sue caratteristiche nel nostro campionato e, quando usciva dal campo, bisognava cambiare modo di giocare: con Kristoffersen abbiamo fatto questo ragionamento, anche se è giovane e deve ancora migliorare”. Fabrizio Castori si esprime così sul norvegese, ultimo arrivato in casa Salernitana dopo la sessione di mercato di riparazione. Il ragazzone cresciuto nel Copenaghen è convocato e domani dovrebbe andare in panchina contro il Chievo.

“Kristoffersen è un giocatore alla Djuric, ma più dinamico. Ha 23 anni e può solo crescere: ci è piaciuto, ha le movenze giuste e potrebbe rappresentare, come per Sy, un buon investimento per il futuro. – spiega l’allenatore granata – Si tratta di un tipico centravanti che deve tuttavia acquisire ancora l’esperienza di Djuric, con il tempo lo farà. Cinque attaccanti è il numero giusto per affrontare un girone di ritorno come questo”. Già, perchè nonostante tutto Castori continua a ritenere che André Anderson debba essere considerato una seconda punta:André torna a fare la punta, è il ruolo che gli è più congeniale. A centrocampo è arrivato Kiyine che, pure avendo attitudini maggiormente offensive, è pur sempre un centrocampista, mentre André faceva quel ruolo un po’ forzatamente”.

Due parole anche sull’olandese Boultam, trequartista classe 1998 prelevato poco prima del gong dalla Triestina. “Premetto che la mia valutazione potrebbe essere approssimativa. Lui è arrivato mercoledì e in pochi giorni non ho potuto testare con precisione la sua condizione. Ha avuto dei problemi a inizio stagione, ora è recuperato, lo inquadro come una mezzala, lo conoscevo dai tempi della Cremonese. Ha una bella corsa, calcia con entrambi i piedi, anche lui è un ragazzo interessante e da scoprire”, dice Castori. Che parla di investimenti e di prospettive, ma non intende sbilanciarsi sulla sua permanenza a Salerno: Un allenatore deve essere aziendalista, prendere un giovane significa lavorare per la società e non per sé. A me tanti giocatori anziani, anche di nome, non mi hanno mai entusiasmato. Ho sempre creduto in un calcio di intensità e lavoro duro, adatto al giovane che ha fame, determinazione e risorse fisiche. Se non hai forza e struttura per allenarti a certi livelli, diventa faticoso e non raggiungi risultati”.

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