Danilo Iervolino non era presente ieri sera allo stadio Arechi per Salernitana-Sampdoria. Il massimo dirigente del cavalluccio marino ha festeggiato il passaggio del turno pubblicando la foto di fine partita già postata sui social dalla società dopo aver trascorso la serata con la propria famiglia a tema Halloween, come lui stesso ha voluto testimoniare su Instagram. Il terrore è solo finto, dipinto sui volti per la ricorrenza orami esportata anche nel nostro Paese. Non mostra di avere timore dell’inchiesta giudiziaria che lo riguarda ed è venuta fuori nei giorni scorsi: per Iervolino la notizia della richiesta di rinvio a giudizio presentata dal Pm Henry John Woodcock con l’accusa di corruzione (clicca qui per leggere, i fatti risalgono al 2019 e nulla hanno a che vedere con la Salernitana, bensì con la precedente attività imprenditoriale del presidente, UniPegaso) è già su un binario morto. Ieri, sulle pagine del Riformista, il patron granata ha rilasciato una lunga intervista per chiarire la situazione con la sua versione dei fatti.
“Sono stato costretto a vendere la società e ad andarmene. Purtroppo svolgere una attività imprenditoriale a Napoli era diventato impossibile a causa dell’attenzione che definirei “morbosa” della Procura della Repubblica nei miei confronti – ha affermato l’imprenditore di Palma Campania nell’intervista rilasciata a Paolo Pandolfini – Negli ultimi 5 anni il dottor Woodcock ha ‘gemmato’ una serie enorme di imputazioni, sempre dallo stesso procedimento in cui avrei corrotto il Parlamento. Anni fa, con uno meccanismo per il quale ho sporto querela nei confronti di Woodcock, è stato abusivamente acquisito ogni dato che mi riguardasse. Sono stato intercettato per anni con cimici in casa quando ero coi miei bambini e mia moglie, in auto, in ufficio, uno stalking giudiziario. Dallo stesso procedimento se ne tira fuori un altro e così all’infinito”.
I fatti secondo il patron
Iervolino spiega che “Nel 2018 i magistrati stavano indagando Franco Cavallaro, segretario generale della Cisal, per voto di scambio. Il trojan nel suo cellulare registra un colloquio con Concetta Ferrari, all’epoca direttore generale del Ministero del lavoro, in cui rappresenta che poteva far avere al figlio, dottore di ricerca in ingegneria, un contratto presso la mia Università telematica. Cisal aveva una convenzione con l’Ateneo. Non conoscevo la madre, né il ragazzo che si presenta alla Pegaso e riceve un contratto integrativo. Ma come lui tanti altri. Emerge che Cavallaro avrebbe fatto una serie di regali alla Ferrari per ottenere un parere favorevole alla scissione del suo patronato e che gli avrebbe prodotto utilità. Cavallaro ad un certo punto chiede al professor Francesco Fimmanò, direttore scientifico della Pegaso e mio avvocato, di poter avere un appuntamento col vicecapo-gabinetto del Ministero del lavoro, la prefetta Fabia D’Andrea, per questioni inerenti il sindacato, avendo visto che entrambi sono spesso impegnati in pubblicazioni comuni anche al Cnel. Fimmanò glielo fissa aggiungendo che D’Andrea nessun potere poteva avere nella vicenda. D’Andrea, comunque, offre dei consigli. L’anno scorso io e Fimmanò riceviamo un invito a comparire da Woodcock. Gli mandiamo una nota rappresentando che è inutile sentirci non conoscendo nulla delle vicende connesse al contratto e alla presentazione. La scorsa estate, comunque, arriva la chiusura delle indagini. Woodcock in primavera aveva fatto una richiesta cautelare ai domiciliari per Ferrari e Cavallaro e un obbligo di dimora per D’Andrea. La richiesta è stata rigettata dal gip a maggio. Il magistrato ha allora fatto appello al Riesame. Senza attendere la decisione, a luglio ha chiesto il rinvio a giudizio per tutti. Il riesame è arrivato la scorsa settimana. Con un provvedimento ineccepibile lo ha dichiarato inammissibile. Guarda caso, esce la notizia della richiesta di rinvio a giudizio per un procedimento che è già su un binario morto“.
Il massimo dirigente granata si professa certo che la vicenda si chiuderà presto e aggiunge: “Questa persecuzione mi ha costretto a lasciare Napoli ed a svendere la metà del mio gruppo per proteggere i miei bambini, ormai traumatizzati da perquisizioni con centinaia di poliziotti e finanzieri a casa ed in ufficio. Per non parlare delle complicazioni nella mia vita di relazioni umane e a tutto quello che è accaduto a chi mi è stato intorno. Ho troppo rispetto per i giudici e sono abituato a difendermi nei processi. Sui co-indagati si è già pronunciato il gip ed il Riesame ha rigettato ogni richiesta per la totale mancanza di indizi”.
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