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I ricordi di Soligo: “Il granata per me è valso parecchio. Lombardi voleva bene alla Salernitana, quella partita col Genoa…”

Cinque anni in granata con oltre 160 presenze e tante emozioni. Nonostante le origini venete, Evan Soligo è un salernitano d’adozione per il rapporto creatosi con la piazza. I tifosi, dal canto loro, hanno sempre apprezzato, in particolar modo, il lato umano del centrocampista di Marghera che durante il lockdown ha trovato due ricordi di quell’esperienza iniziata nel 2005 e terminata nel 2010.

“Per me il colore granata è valso parecchio – ha affermato durante una diretta Instagram sull’account di SalernitanaNews mostrando una sciarpetta e la maglia da gioco della stagione 2006/2007 – Il primo anno di B avevo la 27 perché pensavo portasse sfortuna e quindi ho voluto un po’ sfidare la sorte. Il 39 è stato il mio primo numero di maglia ai tempi del Venezia e anche il numero dei miei figli essendo nati nel 2003 e nel 2009”.

La prima partita con i “grandi” giocata a Venezia, fu contro la Salernitana nel 2002: “Era nel destino che indossassi la maglia granata. Porto dentro il fatto di essere stato capace e fortunato di realizzare il sogno che avevo da bambino. Ho fatto della mia passione il mio lavoro, credo sia la cosa più importante che una persona possa avere”.

Una carriera da calciatore terminata a quasi 40 anni: “Non mi sarei aspettato di arrivare a giocare fino a 39 anni in Serie B. Dopo l’esperienza di Salerno sono stato benissimo per due anni a Vicenza, dopo la parentesi Paganese non c’erano prospettive rosee ma ho avuto la forza di rimettermi in gioco perché in quell’estate rifiutati tante offerte. Per me la categoria non è mai stato un problema, sono ripartito con lo spirito di sempre. Non sono stati due anni facili perché nel calcio ci sono vittorie ma anche retrocessioni, però è arrivata la chiamata da casa (Venezia) ripartendo dalla Serie D, una categoria che non avevo mai fatto”.

La partita più bella vissuta in granata: “Ho giocato tante partite a Salerno ma quella che ricordo con più piacere è quella in cui non ho giocato perché ci permise di raggiungere matematicamente la Serie B contro il Pescara. Anche quella col Potenza fu importante ma vedere un Arechi quasi pieno è stata una cosa fantastica, mi vengono ancora i brividi. Anche la partita in casa contro il Genoa fu fantastica, peccato per la sconfitta nel match di ritorno. Quella fu la vera finale perché si affrontavano due squadre importanti. Ricordo bene l’azione del secondo gol e ricordo la sfortuna perché dopo la traversa la palla finì all’unico giocatore del Genoa in area, a volte il destino decide che le cose devono andare così ma il terzo anno abbiamo recuperato con gli interessi vincendo il campionato. Tornare a Salerno da allenatore? Non lo so, sto imparando. Qui a Venezia mi hanno dato la possibilità di iniziare un percorso nuovo, collaboro con la Primavera. Partita che rigiocherei? Quella di Marassi col Genoa, magari per anticipare di due anni la promozione in Serie B. Quella partita la vivemmo bene, arrivammo ai play-off in corsa e quindi avevamo il morale alto. Il rigore concesso all’andata era inesistente, col 2-0 le cose sarebbero cambiate ma quando ci sono tante cose contro vuol dire che la squadra avversaria ti teme. Sulla carta il Genoa era favorito, non avevamo niente da perdere e affrontammo il ritorno in maniera giusta. Già all’aeroporto trovammo tifosi del Genoa, ci ‘accompagnarono’ fino all’albergo. Presero a calci il pullman, c’era un clima rovente ma ci sta, era una partita vera che metteva in palio qualcosa di importante. Arrivammo con lo stadio pieno, ci sputavano dall’alto e negli spogliatoi ci fu qualche battibecco. Eravamo carichi ma il campo ha dato un verdetto diverso”. 

Soligo ha chiuso la sua esperienza salernitana con la sciagurata retrocessione in terza serie: “È stata dura, credevo nella salvezza. A gennaio, nonostante i risultati, stavo disputando un buon campionato e mi arrivarono delle offerte ma lasciare a mezz’opera non è una cosa che fa parte del mio essere. Ci tenevo a restare, credevo nella salvezza ma poi quei 6 punti di penalizzazione ci stroncarono. Fu una penalizzazione assurda perché arrivata dopo due anni. Ero e sono ancora legato a Salerno ma quando sono andato via mi sono detto: ‘Se non torno da giocatore devo tornare all’Arechi per salutare’ e questa è stata una sorta di spinta a ripartire e sono riuscito a salutare i miei vecchi tifosi e lo stadio tornando all’Arechi col Venezia. Il coro che mette più i brividi è ‘Urlando contro il cielo’ ma non la canto perché non sono un usignolo, chi conosce il tifo salernitano sa di cosa sto parlando”. 

Sulle potenzialità di Vittorio Murolo, socio di Antonio Lombardi per alcune stagioni: “Il Murolo dell’epoca aveva le potenzialità per portare avanti da solo una squadra ma ci sono cose che vanno al di là del nostro sapere. Penso che puntellando la squadra del primo anno avremmo potuto dire la nostra fino alla fine, penso anche che la scelta della società di puntare sui salernitani fosse una cosa giusta per dare un senso d’appartenenza. Stavamo raggiungendo un buon livello di calcio ed eravamo in una posizione di classifica buona con Novelli, l’errore è stato lasciarlo andare. Forse andava contro la società perché si lamentava delle strutture. Arrivò Bellotto, era un allenatore completamente diverso e non fu facile per nessuno”. 

Nel corso della sua esperienza in granata, Soligo ha incontrato diversi allenatori:  “Tutti gli allenatori ti lasciano qualcosa ma quello che mi ha dato tanto è stato Gianluca Grassadonia. Ho avuto la fortuna di condividere il suo ultimo ritiro, secondo me è un allenatore molto bravo, di prospettiva. Purtroppo negli ultimi anni non è stato molto fortunato ma è molto vero, bravo nel comunicare oltre che molto preparato sotto il profilo tecnico-tattico”.

Il lato umano di Soligo: “Sembro serio perché sono timido ma quando c’è da divertirsi non ci si tira mai indietro, anzi. Mi piace stare in compagnia, inoltre le relazioni che nascono nello spogliatoio te le porti in campo. Il primo anno avevamo fatto un cartellone dove scrivevamo tutti gli strafalcioni. Ricordo Iuliano, anche lui era di grande compagnia e faceva ridere tutti”.

In carriera Soligo non è riuscito ad approdare in massima serie: “Sicuramente mi è mancato qualcosa per giocare in Serie A. Credo nelle categorie, non è solo questione di fortuna e quindi qualche limite ce l’ho avuto, forse tecnico, forse di velocità di pensiero, oppure non ho avuto la fortuna di provarci ma sono comunque contento perché ho dato tutto me stesso, ho raggiunto la Serie B disputando otto campionati e facendo parecchie partite. Non ero superstizioso, avevo i miei riti per trovare la concentrazione in vista della partita. Ad esempio legavo il parastinco, alzavo il calzettone a metà e poi facevo lo stesso con l’altra gamba. Era un modo per dire ‘ora si fa sul serio’”.

 Il gol più bello in granata: “Ho fatto dieci gol in cinque anni, quattro nell’ultimo anno. Per chi segna poco il gol è sempre bello ma quello che ricordo con maggiore affetto è quello del momentaneo pareggio con il Brescia. Era la prima partita di Natale, mia moglie e i miei figli mi regalarono una maglia con la loro foto dicendomi ‘Alla prossima fai gol’ e così fu”.

A giugno Soligo è tornato a Salerno per i festeggiamenti del centenario: “È stata la conferma della passione di Salerno, c’era un fiume di gente incredibile. È una piazza che merita di tornare in Serie A”.

Un giudizio su Fabiani: “È un conoscitore di calcio, ha fatto sempre la sua parte, a Salerno quando gli hanno chiesto di vincere lo ha fatto. Poi le dinamiche del calcio sono cambiate, le disponibilità dei presidenti sono diversi e muoversi è diventato più difficile anche per i dirigenti ma ha comunque riportato la Salernitana  in Serie B. Ogni anno inoltre cercano di costruire squadre importanti”.

La Salernitana di Ventura ha buone chance nella corsa play-off: “Ha le carte in regola per centrare l’obiettivo playoff e il campo lo stava dimostrando. Ora siamo davanti ad una situazione nuova, i giocatori non sono mai stati così tanto fermi, la condizione fisica sarà un’incognita e lì si gioca tutto ma sarà una condizione uguale per tutti. Magari avrà la meglio chi ha più qualità ma sono tutte ipotesi. Sull’eventuale ripresa di allenamenti e campionati: “Mi sembra un discorso difficile, i protocolli possono rispettarli le squadre di Serie A, quelle di B un po’ meno”.

A Soligo viene chiesto dei tanti numeri 10 con cui ha condiviso lo spogliatoio a Salerno: “Di Vicino lo conoscevo già, giocammo insieme alla Spal. È stato sfortunato, ha avuto dei problemi fisici che gli hanno impedito di fare la carriera che avrebbe potuto fare. Sestu aveva più forza fisica, Merino invece era il più fantasioso, la C e la B gli stavano strette. Romondini? Fabrizio è uno di compagnia, un romano dalla chiacchiera facile. Siamo stati benissimo insieme, poi ci siamo ritrovati anche a Pagani. Abbiamo fatto il corso da allenatore insieme, abbiamo condiviso parecchi momenti. È una persona speciale che dà il cuore in campo e fuori”.

Sulla gestione Lombardi: “Non mi ha deluso, voleva molto bene alla Salernitana. Voleva riportarla subito in Serie B e ha speso molto. Non avendo subito raggiunto l’obiettivo ha fatto sforzi ulteriori non previsti. Mi è dispiaciuto perché non è riuscito a continuare il progetto, ha preso la squadra in C e l’ha lasciata in D”.

Infine c’è l’occasione per salutare Pippo Inzaghi che in diretta saluta ed elogia Soligo: “Da milanista facevo il tifo per Inzaghi, non mi perdevo una partita. Ho avuto la fortuna di averlo come allenatore, a Venezia ci ha dato la possibilità di tornare in Serie B sfiorando anche la Serie A. La sua attenzione maniacale al dettaglio e gli allenamenti intensi fecero la differenza”. 

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