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Giornata della Memoria nel segno dei granata: il sacrificio dell’ex granata che diventò eroe dell’Olocausto

C’è chi la storia la rivive, chi la fa e chi ne diventa protagonista. Quella di oggi, per forza di cose, diventa una giornata memorabile, da ricordare, per chi nella propria memoria ha impresso quegli anni di vittime e di eroi. O anche per chi ne è venuto a conoscenza sui libri di storia. Tra le vittime dell’olocausto, non tutti i salernitani ricorderanno – soprattutto per motivi anagrafici – un “ufficiale gentiluomo” che della sua vita ne ha fatto un “capolavoro” dalle mille sfumature proprio in quegli anni, nel segno indelebile dello sport. L’ungherese Géza Kertész non solo fu protagonista sul rettangolo verde, come allenatore dei campani, creando coesione e facendo di quel gruppo un team vincente, ma anche nella vita di quegli anni. Fu l’emblema del calcio contro l’Olocausto, aiutando e salvando letteralmente resistenti ed ebrei, aiutandoli a espatriare con documenti falsi prima di essere internati proprio nei campi di concentramento. Atteggiamento che gli costò la morte per mano dei tedeschi nel 1945. Quel “mister”, dal nome difficile da pronunciare e che veniva da lontano si sedette sulla panchina della Salernitana da allenatore e si alzò da eroe.

Kertész allenò a Salerno per due stagioni. Dapprima nel 1929/30, quando gli uomini dalla maglia bianco-celeste guidati da lui adottarono un gioco molto offensivo, arrivando a segnare più di 50 reti in campionato, con l’attaccante Mario Adinolfi che diventò il miglior marcatore, andando a segno per ben 14 volte, segnando nella storia un nuovo record per la Salernitana: nessuno fino ad allora era arrivato alla doppia cifra con quella maglia. Quella stagione terminò con un sereno settimo posto in Prima Divisione. La stagione seguente fu confermato e la squadra biancoceleste, dopo aver cambiato i colori (per poi riadottare il granata solo alla fine del 1943), si trasferì nel nuovo stadio, quello che qualche anno dopo sarebbe stato intitolato a Donato Vestuti e che diventò infatti il tempio del calcio salernitano proprio negli anni in cui Kertesz provò a portare in città una ventata di freschezza, ma soprattutto di rigore tattico che serviva alla squadra. E a proposito di quegli anni, ma soprattutto di Vestuti, i più appassionati ne ricorderanno sicuramente la “comparsata” tra le scene del film di Nanni Loy “Le quattro giornate di Napoli”. Protagonista infatti, lo stadio di piazza Casalbore, fu utilizzato dal regista al posto del Collana, impianto sportivo napoletano, per caratteristiche praticamente simili, “vestendosi” letteralmente da campo di concentramento.

Il mister ungherese lasciò la squadra il 2 febbraio 1931, dopo aver lasciato un segno indelebile a quanto pare. Andò al Catanzaro. Ma la società, dopo essersi affidata a Silvio Stritzel per poche settimane, vinse un ricorso con la Figc e costrinse l’allenatore al ritorno esattamente un mese dopo, cioè il 2 marzo 1931; la squadra vinse il girone e arrivò in finale per la promozione in Serie B contro il Cagliari, perdendola. L’ammissione in Serie B fu comunque ufficializzata dalla Figc il giorno dopo la finale di ritorno. Quell’anno la squadra vinse le prime otto partite di fila in casa che, sommate alle sei della stagione precedente, costituiscono tuttora il record per la Salernitana. Ma non arrivò tardi anche la promozione per Kertész che esordì in Serie A subito dopo con la Lazio. Ed è stata proprio la conquista del quarto posto con la Lazio a convincere ancora di più la società granata all’epoca presieduta da Matteo Scaramella a richiamare all’ovile l’ungherese a stagione in corso nel 1940/41 in luogo di Ferenc Hirzer. Vinse 7 delle sue prime 12 partite ma poi perse tre sfide di fila, tra cui una decisiva, e fu esonerato.

Di vittorie e di eroi, oggi più che negli altri giorni, la storia granata non può che essere fiera e orgogliosa di essere sottolineata tra le pagine più significative ed emblematiche della storia del mondo, che spesso non è fatta soltanto di goal, punteggi e classifiche, ma anche di umanità e animo gentile.

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