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Colantuono vol. III: come lui altri sette nella storia granata. Il tecnico non è nuovo a repentini cambi di ruolo

A volte ritornano. Due volte. Per la verità, Stefano Colantuono non se n’era andato negli ultimi due anni ed ora – chiamato come uomo società al capezzale di uno spogliatoio dilaniato – cercherà di dare il suo contributo di esperienza per portare dignitosamente la stagione alla conclusione. Oggi pomeriggio alle 15 sarà lui a dirigere la seduta con i 23 calciatori a disposizione (8 sono in Nazionale) più qualche baby della Primavera. Gli toccherà guidare la squadra nelle ultime nove partite ma continuerà a ricoprire anche il ruolo di responsabile del settore giovanile, aiutato da Francesco Pistolesi.

Non solo panchina

Il 61enne tecnico romano non è nuovo ai ritorni alle origini: vanta quasi 600 panchine da professionista, di cui 243 in Serie A, e da qualche anno sembrava voler sperimentare nuove figure nel mondo del calcio. Non è nuovo a cambiamenti repentini nel suo percorso sportivo, peraltro. Nel 1991, a trent’anni, decise di lasciare il calcio (militava in Serie B nell’Ascoli) per passare al calcio a 5. Il tempo di vincere lo scudetto con la Bnl Roma e poi tornò sui campi a undici con la maglia del Frosinone. La Salernitana, in un modo o nell’altro, lo richiama sempre al primo amore, almeno post carriera da giocatore. Nel dicembre 2018 la sua prima avventura in granata si chiuse con le dimissioni per motivi familiari, arrivate comunque dopo tre sconfitte consecutive in B. Nelle sue 41 partite in quell’anno, a cavallo tra due stagioni, aveva conquistato 13 vittorie, 12 pareggi e 16 sconfitte. Reduce da una stagione non esaltante al Bari (dopo una carriera di alto livello con Catania, Perugia, Torino, Palermo e soprattutto Atalanta), era subentrato ad Alberto Bollini, voluto dall’ex ds Mariano Fabiani. Le cose non funzionarono e probabilmente fu lì che scattò qualcosa che lo portò ad accettare un ruolo dietro la scrivania nella “sua” San Benedetto del Tronto, cittadina che lo ha adottato dal punto di vista familiare e poi calcistico: lì ha chiuso la carriera da giocatore e iniziato quella da mister. L’annata da direttore tecnico nelle Marche in Serie D si chiuse anzitempo, a gennaio 2021. Pochi mesi dopo, quando in pochi se lo aspettavano, fu richiamato proprio da Fabiani nella Salernitana del trust, squattrinata e disperata, per rimpiazzare Fabrizio Castori. Vinse solo due partite su 16, a Venezia e a Verona (con 3 pareggi), punti che comunque risultarono fondamentali nel tenere a galla il gruppo fino all’arrivo di Nicola e poi per la salvezza finale.

“Carico a mille”

La scelta è stata facile, allenare in Serie A è una chance importante, un campionato che conosco. So quanto sia bello e accattivante, è una grossa chance, Salerno è una piazza alla quale mi sento legatissimo. Vero che è da qualche anno che sto fuori, ma sono carico a mille. In questi anni ho avuto opportunità di tornare ad allenare, ma all’estero e non ero propenso.  Non sono un ruffiano, credo nella possibilità di poter fare un lavoro di grande sofferenza, con l’aiuto di tutti sono convinto che possiamo farcela. – diceva nel giorno della sua (ri)presentazione a ottobre 2021 – Non sono io a dover dire cosa fare a gente che ha dimostrato tanto. Alla prima giornata del 2018/19 vidi uno spettacolo incredibile col Palermo; è come avere un giocatore in più, ma non è la solita frase fatta del dodicesimo uomo. Il tanto amore in alcune circostanze può portare ad essere ancora più critico. L’unica cosa che posso chiedere ai tifosi è avere pazienza, perché la matassa non si sgarbuglia subito. Dobbiamo portare la gente dalla nostra parte con prestazioni importanti, dimostrando che non lasceremo mai nulla al caso”. Ora il tempo di avere pazienza e di salvarsi praticamente non c’è più, però quel poco di speranza che l’aritmetica ancora concede va alimentato con l’orgoglio, la fame che Iervolino pretende.

I precedenti

Colantuono non è l’unico allenatore ad essersi accomodato sulla panchina della Salernitana per tre volte in annate distinte e separate. Prima di lui, in tempi recenti, lo hanno fatto Leonardo Menichini, Angelo Gregucci e Carlo Perrone. Come traghettatore anche gli storici uomini società come Antonio Valese, Mario Saracino e Gigino Gigante, per brevi periodi, fecero il tris di “mini avventure con la prima squadra”. E poi, andando indietro nel tempo, l’ungherese Ferenc Hirzer a cavallo tra gli anni Trenta e Quaranta, Tom Rosati (1965/67, poi 1970/71 e infine nel ’78). Caratterialmente il profilo che il presidente cercava in questa fase e se l’è ritrovato in casa. A lui, tecnico di polso che dopo l’esperienza di tre anni fa ebbe il rinnovo automatico post-salvezza, poi spalmato sul nuovo ruolo di responsabile del settore giovanile, il club chiederà di essere occhio vigile anche su comportamenti e prospettive per la prossima stagione. Chi mostrerà di non voler dare il suo contributo, sarà invitato a farsi da parte con le conseguenze del caso. Anche stavolta il cavalluccio l’ha richiamato e non ha certo dimenticato come si allena. Praticamente, negli ultimi sette anni lo ha fatto solo a Salerno. E chissà che non gli torni voglia…

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