“Ogni volta che gioca la Salernitana, tante volte mi viene in mente quel coro: Bombardini fa gol”. L’ex fantasista granata tiene il cavalluccio nel cuore e anche oggi che sono trascorsi quindici anni dal suo addio alla squadra dopo un biennio fatto di grande empatia, non dimentica la sua esperienza. Anzi, si immedesima nel tifoso che in questo frangente vive un periodo difficile, di spaccatura con proprietà e dirigenza.
“Quando si tratta di calcio ci vuole quel presidente che abbia a cuore squadra, città e tifosi, che abbia voglia di investire e fare bene, che soffra per la squadra e stia sul posto soprattutto seguendo in prima persona le dinamiche. Averlo da un’altra parte non giova in questo caso alla Salernitana” ha detto Davide Bombardini ieri sera, intervenendo telefonicamente sulle frequenze di Radio Alfa. Il suo spontaneo paragone con il presidente che lo portò a Salerno nel 2003: “Aliberti è sempre stato molto criticato ma posso testimoniare che alla squadra ci teneva. Era sempre con noi, fumava un intero pacchetto prima della partita e un altro dopo. Si vedeva che soffriva per i risultati. Avrà fatto i suoi errori e non aveva disponibilità economiche pazzesche, però ci vorrebbe un presidente così, magari con potenzialità economiche più importanti. Va bene pensare al calcio come un’azienda, ma la Salernitana in Serie A potrebbe produrre venti volte quello che produce stando in B”.
Multiproprietà al centro dei dibattiti, insomma, nonostante un campionato appena iniziato sul campo con un pareggio e una vittoria in trasferta da parte della squadra di Castori. “Un tifoso vuol vedere un presidente che contribuisca a far crescere la propria squadra, indipendentemente dal fatto che il suo presidente abbia un’altra società. In questo caso per il tifoso a Salerno non è così e non gli sta bene. – afferma ancora Bombardini – Credo che se Lotito fosse più coinvolto, non ci sarebbero questi malumori in seno alla tifoseria. Promozione impossibile? Ci sono sempre poi degli escamotage per potersi tenere le società e gestirle. Io comunque preferirei che ognuno avesse la sua società, sono contrario alla multiproprietà. Finché una è in C e l’altra in A, ancora può andare, ma due società in una stessa categoria non mi piacerebbero con lo stesso patron. Ogni squadra deve avere un unico presidente che si dedichi alla sua creatura, è giusto che nel calcio sia così”.
Poi uno sguardo anche alla breve esperienza di Pisa a inizio carriera. “Mi prese Anconetani, a proposito di presidenti passionali. Ne avrei da raccontare su di lui. Feci 4-5 presenze e farle in B a 19 anni non era da tutti in quell’epoca”, dice. Era il campionato 1993/94. “In generale era un calcio diverso. Anche a Salerno ricordo che venivano a controllarci la sera per vedere se fossimo a casa. C’era Diodato Abagnara, il segretario che passava. Gli tiravo giù le secchiate d’acqua perché tra noi c’era il passaparola. Un calcio che forse non c’è più”, aggiunge l’ex calciatore, oggi 46enne, prima di ricordare due dei suoi ex allenatori a Salerno: “Con Gregucci ho avuto un ottimo rapporto, si è messo a disposizione con me come non ha mai fatto nessun altro. Riconobbe in me il giocatore che poteva cambiare la squadra e mi responsabilizzò, dandomi in mano la squadra e coccolandomi. Lui ha anche il suo carattere un po’ particolare, la personalità e l’avere a che fare con 25 giocatori non è da tutti. Forse avrà sbagliato qualche scelta da questo punto di vista. Pioli? Diversissimo da lui. Lo abbiamo avuto al suo primo anno tra i professionisti, lo ricordo come un allenatore sempre sul chi va là, pensieroso, guardava ogni cosa. Con l’esperienza e gli anni che passano è venuto fuori il tecnico bravo che è sempre stato. Sta raccogliendo quello che ha seminato. Poi è sempre questione di fortuna e scelte per gli allenatori”.
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