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Balli, storia tra i pali: “Io, i caffè, la divisa scaramantica di lana e le ‘minacce’ di Simeone e Colonnese”

Le parate su campioni come Baggio e Zidane, il traffico per l’esordio in Serie A all’Arechi, i giri in costiera con il figlio appena nato. I due anni migliori della carriera di Daniele Balli sono stati quelli passati a Salerno tra il 1997 e il 1999. Lo ha rivelato il diretto interessato (foto in alto durante un allenamento a cura di TanoPress) ieri sera nel corso dell’appuntamento in diretta sulla nostra pagina Instagram. Ricordi ancora freschi, dato che in questi mesi di clausura l’ex portiere ha occupato il tempo proprio riguardando quei momenti: “Ho passato molto tempo su Netflix, oppure aggiornandomi e vedendo tante partite. Ho riguardato anche le vecchie gare della Salernitana in cui io ero in campo. Giocare all’Arechi è un’emozione indescrivibile, era una bolgia, sono stati i due anni più belli della mia carriera“.
Quindi il rapporto con la città è stato al limite della simbiosi, nonostante l’avventura granata non sia iniziata nel migliore dei modi: “Nel mio esordio contro il Bari in Coppa Italia commisi un errore e la gara finì 1-1 (sorride, nda). A me piace vivere la città anche culturalmente e nei giorni successivi, mentre stavo visitando i templi di Paestum, mi chiamò il presidente Aliberti. Mi rassicurò e mi disse di non preoccuparmi perché anche altri portieri avevano avuto problemi a Salerno, come Zenga, e la stagione ancora doveva iniziare, l’importante era continuare a lavorare. Fui molto ispirato da quelle parole che mi diedero la forza di riprendermi subito“. Non solo l’incitamento di Aliberti. Balli aveva anche un altro metodo di combattere la pressione: “Bevevo tantissimi caffè. Avevo iniziato con un paio, alla fine arrivai che il giorno della partita ne bevevo anche sei o sette. Poi la notte ovviamente non dormivo. A volte avevo un po’ paura dell’Arechi, anche perché per un portiere è un po’ diverso dagli altri calciatori: quando sbagli prendi gol. Era difficile sentirsi quel muro alle spalle. Però non è facile quando si vince, perché la gente si aspetta che tu faccia sempre meglio giorno dopo giorno. Quando invece le cose non vanno bene o c’è meno gente o c’è meno aspettativa e quindi paradossalmente meno pressione“. Una notte insonne è stata sicuramente quella dopo la gara di Piacenza: “Al di là della retrocessione ci fu quella tragedia che ci sconvolse. La scomparsa di quei quattro ragazzi, tra cui c’era pure Simone Vitale, figlio di un giornalista che io conoscevo personalmente e con cui ero anche in buoni rapporti, fu una notizia devastante“.

Ma ci furono anche tante gioie durante quella stagione, compresa la nascita del suo primo figlio, Gabriele. Invece il più piccolo, Cristian, sta seguendo le orme del padre e quest’anno ha affrontato anche la Primavera granata da portierino del Pisa, battendola nell’ultima partita disputata prima della sospensione del campionato. Papà Balli continua a sfogliare l’album dei ricordi: “L’esordio casalingo in Serie A contro il Milan fu incredibile. Ricordo che da Parco Arbostella ci mettemmo un’ora e mezza ad arrivare allo Stadio Arechi perché la gente aveva invaso la città. È uno dei ricordi più belli che ho, insieme alla salernitanità. Gabriele, mio figlio è nato lì. Ricordo anche le parate più belle come quelle fatte a Zidane, Bierhoff, Ronaldo e Baggio“. A proposito di Baggio, l’ex estremo difensore anche di Empoli, Ternana e Pistoiese svela un retroscena riguardo al salvataggio sulla sua punizione in Inter-Salernitana, che inizialmente l’arbitro Rodomonti aveva convalidato come gol prima di confrontarsi con l’assistente Cerofolini e ritornare sui propri passi: “All’intervallo negli spogliatoi, Simeone e Colonnese mi avvicinarono e mi intimarono di ammettere che fosse gol, ma non lo era e anche se lo fosse stato non l’avrei mai confessato all’arbitro. Soprattutto Colonnese me ne disse di tutti i colori, ma all’Arechi, sfruttando il fattore campo, ricambiai con gli interessi“.

Pure la prima stagione fu piena di soddisfazioni, merito anche del gruppo che si formò: “Durante il ritiro Grimaudo faceva tantissimi scherzi. Ricordo che prendeva il nero delle marmitte e ci sporcava tutti. Era molto importante lui nel gruppo, praticamente fu lui a costruire e cementare durante l’estate quel gruppo che poi vinse il campionato“. L’ex “cavallo pazzo” però andò via prima dell’inizio della stagione e non partecipò alla cavalcata che si chiuse con lo 0-0 contro il Venezia esattamente ventidue anni fa, con l’aritmetica promozione. “Fu una festa particolare, decidemmo di fare solo qualche giro di campo perché eravamo in lutto per l’alluvione a Sarno dei giorni precedenti. Anche alla vigilia della gara c’era un’atmosfera strana, eravamo tristi, nonostante sapessimo che l’indomani con tutta probabilità saremmo stati in Serie A“. Di quell’annata Balli ricorda anche la propria divisa: “Era bellissima, variopinta con tutti i colori. La indossai in ogni partita, non la cambiai mai. Lo feci per scaramanzia, nonostante fosse di lana pura e quindi pesantissima, nei periodi più caldi della stagione era insopportabile ma non potevo toglierla“.

Tutti momenti e ricordi che hanno spinto l’ex granata a chiedere un favore speciale: “Qualche anno fa sono stato a Salerno con mia moglie e Antonio Papa, il custode dello Stadio Arechi, una notte mi ha permesso di mettere di nuovo piede sul prato dell’Arechi. Ho fatto un giro di campo scalzo per riassaporare l’erba. Un’emozione fortissima“.

 

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