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Editoriale

Altre maglie sugli spalti con le big: l’intolleranza bipartisan rovina tutto e manda in cortocircuito

C’erano 28085 persone ieri all’Arechi, cifra vicina al sold out e per il momento massimo stagionale. Non sono mancate maglie nerazzurre tra Distinti e Tribuna e non sono mancati momenti di tensione in occasione dei gol dell’Inter. Tra esultanze provocatorie, risposte esagitate e quell’intolleranza-presunzione bipartisan che non fa bene al calcio, la serata ha offerto spettacoli rivedibili e che stonano. Partendo dagli insulti provenienti dagli ultras dell’Inter nel settore ospiti che hanno “coperto” la colonna sonora dei Pink Floyd durante la scenografia. Non bello anche perché nelle dinamiche del tifo organizzato il rispetto per una manifestazione di passione del genere, di squadra simpatica o antipatica, non dovrebbe mai mancare.

Fanno riflettere in positivo le storie di tifosi come Ciro e Aldo (foto in alto), amici scafatesi che hanno visto la partita a braccetto, uno con la casacca del Biscione e l’altro con la sciarpetta granata, come in uno stadio maturo e di livello si dovrebbe. La convivenza di maglie nerazzurre all’ingresso e poi sugli spalti con quelle granata è stata uno spettacolo bello, di maturità, civiltà, ingresso in una dimensione alta. Le parentesi negative, però, non sono mancate. Salerno è piazza calcisticamente più piccola che media nel panorama della Serie A e non può non tenere conto di essere la città più a sud del massimo campionato, dunque del fatto che possa essere facilmente raggiungibile da tifosi di una big (il meridione, Salerno compresa, è piano di sostenitori di Juve, Inter, Milan, Roma, eccetera) che non vogliono certo tifare contro la Salernitana ma solo vedere dal vivo i propri beniamini. E se il settore ospiti è sold out sono costretti ad andare altrove: pagano il (lauto) biglietto, non lo rubano certo ai locali e contribuiscono alle casse di Iervolino. Lamentarsi di un dato come quest’ultimo oggettivamente a favore è incoerente: viva Dio se ogni anno c’è il corri-corri di fan juventini, interisti, milanisti! Meglio che avere lo stadio semivuoto per affrontare Feralpisalò, SudTirol o Cittadella. E poi a parti invertite, ove consentito dall’assenza di limitazioni, i tifosi della Salernitana con la casacca granata e vessilli addosso sono andati, vanno e dovranno continuare ad andare ovunque. Erano e saranno in ogni settore a San Siro, allo Juventus Stadium, all’Olimpico, allo stadio Grande Torino, orgogliosi di girare per le città o nei viali attorno allo stadio con il loro cavalluccio sul petto. Come sempre dovrebbe essere. E c’è stata indignazione, giustamente, quando proprio a Torino un gruppo della provincia fu accerchiato da pochi balordi juventini e costretto a “consegnare” il proprio stendardo. C’è stata indignazione a Roma, alla prima di campionato, quando qualche spettatore di fede granata ha legittimamente esultato in tribuna alle reti di Candreva e si è preso belle paroline alle spalle in tribuna Monte Mario. Valga ovunque lo stesso metro di tolleranza, apertura e nello stesso tempo rispetto, capacità di adattarsi ai contesti.

Altro conto è poi l’episodio di maleducazione, perché c’è differenza tra gioire per sé e “sfottere” provocatoriamente il tifoso avversario a casa sua. Diverse scaramucce ieri si sono accese in tribuna dopo il primo gol di Lautaro: in tanti hanno esultato in modo veemente, a tratti irrispettoso, rivolgendosi proprio ai “vicini” di posto, dunque scaturendo una reazione infastidita dei supporters granata. Dalla Curva Sud si sono levati cori verso il settore dal contenuto inequivocabile. Qui si apre un’altra parentesi: va bene la maglietta o la sciarpetta di colore diverso ma buon senso vorrebbe che le provocazioni venissero riposte nel cassetto soprattutto se si è “fuori casa”. Cartellino giallo, quindi, ai tifosi dell’Inter tra Distinti e Tribuna che si sono comportati male: esultare non è reato, è il motivo per cui si va allo stadio, però occorre farlo con sportività e rendendosi conto del contesto. Cartellino giallo anche ai supporters granata che hanno percepito come lesa maestà delle manifestazioni innocenti di gioia, in tal caso anche con equilibrio, al gol di una squadra avversaria. Logiche medievali non possono e non devono più essere predominanti in una città che progetta un impianto completamente rinnovato, che sogna un giorno di giocare in Europa (strada lunghissima, “gestione delle aspettative”, eccetera eccetera) e che resta piccina, per tradizione, di fronte a club blasonati che non sono minimamente paragonabili. Dopo una presa di coscienza del genere si può poi parlare di orgoglio e dignità che non devono mai mancare, perché il fatto di essere solo al terzo anno di fila in A non significa dover stendere il tappeto e accettare anche comportamenti non idonei. La curva è torcida sportivamente sacra, in altri settori però le dinamiche da stadio maturo non devono mancare ed invece ieri sera, su ambo i fronti, in più zone si sono verificati momenti da censurare davanti anche a tanti bambini. Non è buonismo, si chiama sportività. Un concetto semplice. Chi sa di essere “in trasferta” espone la sua fede e gioisce senza mancare di rispetto; chi sa di essere padrone di casa si dà un pizzico sulla pancia se vede persone felici per i gol degli avversari (e magari ignora, ponendosi a un livello superiore, ogni provocazione eventuale). Un vecchio slogan di Giobbe Covatta diceva: “Basta poco, che ce vo’?”.

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