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Vignaroli, ultimo match winner a Cosenza: “Fu gioia immensa. Con Ventura si può costruire, ma…”

Era il 17 marzo 2002, quando un acceso Cosenza-Salernitana stava volgendo al termine. Un pareggio rocambolesco fino a quel punto, stava maturando un 2-2 tra squadre vive, vogliose di ottenere i tre punti. Senza dimenticare la rivalità accesa tra le due tifoserie. Nel finale viene fischiata una punizione agli ospiti. Sul punto di battuta va Fabio Vignaroli, autore di numerose magie in quella stagione: punizione indirizzata verso la porta, leggera deviazione ad ingannare Aldegani. Goal. Minuto 95, apoteosi granata. La Salernitana di Zeman sbancava, così, per 3-2 il campo del Cosenza con il sogno della Serie A a portata di mano (era la quinta vittoria di fila) e poi svanito.

La punta ligure, ai nostri microfoni, non nasconde un pizzico di nostalgia al ricordo di quella rete: “Non sono mai stato un fan di numeri e statistiche, ma quel goal lo ricordo bene. Come ricordo la gioia immensa regalata ai nostri tifosi. Quell’anno, a dir la verità, mi divertii come non mai. Sfiorammo persino la Serie A. Peccato per quella coda di campionato, avverto ancora un pizzico di delusione per l’epilogo finale”, le parole di Vignaroli, ultimo granata a segnare al San Vito.

Ritorno al presente. La Salernitana quest’anno è allenata da Ventura, un tecnico (suo corregionale, peraltro, ndr) che l’ex attaccante stima: “Lo conosco bene, una persona molto preparata e che ha conseguito risultati importanti, pur provenendo da un triennio avaro di soddisfazioni. Fa parte, però, di un’altra visione di calcio, lontana da quella di oggi. Non mi riferisco alla filosofia di gioco, votata ad un calcio propositivo, ma al fatto che abbia vissuto un altro tipo di calcio, fatto di atteggiamenti giusti, di cui non ho riscontri ora nel calcio moderno”.

Sulla compagine granata, alla ricerca di una stagione migliore rispetto a quelle precedenti: “Lo scorso anno siamo quasi “svenuti” verso la fine, per fortuna è andata bene. – dice, immedesimandosi nel mondo granata, di cui è rimasto appassionatissimo – Sicuramente ci sono state situazioni particolari. La piazza di Salerno è molto esigente e passionale ed è brutto vedere la Salernitana lottare per la salvezza. Spero che si possa invertire il trend quest’anno. Sicuramente con l’ingaggio di Ventura c’è molta curiosità e attenzione mediatica nei confronti dei granata. La società deve giocare per altri obiettivi, essere maggiormente organizzata. Ventura sicuramente è un punto di forza”.

Un calcio che sicuramente sta cambiando, diverso da quello in cui Vignaroli è stato protagonista: “Ci sono tanti ottimi giocatori che però non hanno basi tecniche solide. Ormai si cura poco il settore giovanile, le squadre vengono rinforzate osservando numeri, statura, peso. Nelle rose trovano sempre più posto calciatori molto fisici, ma poveri tecnicamente. Basta vedere la postura in occasione di uno stop. Non è più come una volta. Si tralasciano tanti particolari ed è per questo che assistiamo ad un abbassamento generale della qualità e si notano più gesti muscolari, acrobazie. Non vedo tanta qualità in giro, nemmeno in B dove invece la corsa ha un aspetto fondamentale. Rimane, però, pur sempre un campionato difficile, lungo ed estenuante”.

Poca qualità, ma tanta esperienza in giro. Come Calaiò e Rosina, calciatori sotto contratto con la Salernitana che Vignaroli ben conosce: “Tante volte ho giocato contro Calaiò in carriera mentre con Rosina ho condiviso un anno a Parma. La loro esperienza è importante, ma i club devono metterli al centro del progetto per poterla utilizzare bene. Il loro essere mestieranti serve quando si è un punto di forza della società. Viceversa, in un calcio sempre più concentrato sul guadagno, con procuratori che magari mettono pressione ai propri giovani talenti, i Calaiò e i Rosina della situazione non diventano più punti di forza”. 

La ricetta di Vignaroli per uscire dall’anonimato generale di questi cinque anni di B è chiara: “Alla Salernitana manca la parte organizzativa, dall’esterno vedo la squadra disunita, almeno questo si è visto negli ultimi due-tre anni. Poca chiarezza nel progetto sportivo, con ribaltoni e cambi di guida tecnica con allenatori che hanno filosofie di gioco diverse. Così si fa fatica a costruire. Salerno, per me, è un ambiente sano: con l’entusiasmo la squadra di Ventura può anche volare. L’importante è saper fare le cose giuste, è chiaro che la lontananza della proprietà pesa. La vicinanza al territorio, a mio avviso, conta parecchio e può innescare un effetto domino positivo”.

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