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Soviero versione samurai: “Le botte con Botticella e Zoro nello spogliatoio, con Zeman non andammo in A perché…”

Il solito vulcano. Senza filtri, senza argini, senza peli sulla lingua come sempre. Salvatore Soviero va a ruota libera nel face to face sul profilo Instagram della nostra redazione, partendo dall’eventuale ripresa del campionato fino ad aprire il lungo, ricco e variegato album dei ricordi.

“Penso che la Serie B non riparta, perché è sovvenzionata dalla massima serie. La Serie A, invece, è quasi inevitabile che debba ricominciare perché ha anche il problema della Champions. La soluzione? Io non vedo grossi problemi: basta bloccare le retrocessioni, fare solo le promozioni e poi l’anno prossimo fare più retrocessioni. Mi sembra la soluzione più logica per evitare il rischio di una ricaduta. – ha detto l’ex portiere granata I presidenti sono ingordi. Si dice sempre che si vuole salvaguardare la salute di tutti e poi ognuno guarda ai propri interessi. bisogna sapersi dare un pizzicotto sulla pancia. Come sceglierei la terza squadra da promuovere? Si può fare pure uno spareggio, ma solo sulla carta, con il sorteggio, come si faceva una volta. Io non ritornerei a giocare, altrimenti la Fase 3 rischia di fallire e riportarci punto e a capo. Io sacrificherei il campionato di quest’anno per garantire quello dell’anno prossimo”. L’ex numero uno della Salernitana dal 2000 al 2002 veste i panni del sindacalista, parlando anche del delicato discorso relativo agli stipendi dei calciatori: “Vanno riconosciuti fino all’ultimo centesimo. Sono anni che le società pagano il 100% di tasse sugli ingaggi dei giocatori, ora che i club sono in difficoltà lo stato dovrebbe aiutarle come ha già promesso di fare per tante altre categorie”.

Quando Soviero, invece, riavvolge il nastro dei ricordi comincia una lunga carrellata di film a tinte chiaro-scure: tra aneddoti, confessioni e rivelazioni spesso in agrodolce. A dargli involontariamente il “la” è la presenza in chat di Leandro Lazzaro che segue la diretta. “Ricordo, ricordo – dice – Lazzaro al 94’… Perché non giocai al San Paolo? In porta c’era quello senza braccia (riferendosi a Botticella nda). Non ho niente contro Mimmo, anche se qualche volta ho dovuto metterlo al muro nonostante fosse 190 ed alzava 100 chili di panca. Ho fatto lo stesso anche con Zoro che era tutto “impostato”. C’è chi fa collezioni di magliette, io faccio collezione di… mascelle rotte. Ne ho un sacco nel mio personale album”. Inevitabilmente il discorso cade su quella squadra allenata da Zeman. “Ho litigato con il boemo. Quando andai via, perché di fatto mi mandarono via dalla Salernitana, gli dissi che con due elementi da interregionale (sottile il riferimento ai due “numeri 12” a cui poi spesso si riferiva Zeman, parlando di Botticella e Marruocco, nda) sarebbero retrocessi a dicembre. Alla fine ho avuto ragione io. Anzi… ho addirittura sbagliato perchè la Salernitana retrocesse molto prima”. Tornando a Zeman, invece. Con il boemo ci ho litigato, ma non posso dire che fosse un cattivo allenatore come almeno una “cinquantina” invece che ho avuto: da Cagni a Sonetti a Bolchi (obsoleti dice). Mazzarri è cattivo e senza personalità, ma aveva un “c..o” incredibile. In allenamento non provava niente però la squadra andava benissimo, la differenza lì la facevamo sul piano atletico, dove andavamo a mille”.

Lo slogan “dalla Zeta alla A” usato nell’estate 2001 da Aliberti nella campagna abbonamenti per riavvicinare il grande pubblico all’Arechi non portò gli obiettivi auspicati. “Quando sei incorsa per vincere il campionato e  ci sei dentro è ovvio crederci, ma quando inizi ad allontanarti dalla zona promozione è inevitabile mollare. Quella Salernitana era composta da tanti giocatori sconosciuti – confessa Soviero – alcuni anche bravi, ma non era completa. Si vedeva la mano di Zeman che, ribadisco, è un grande tecnico. Però prima di assimilare i suoi schemi ci voleva tempo, bisognava capire lui cosa volesse e non era facile. In squadra c’erano tanti gregari, tanti mezzi giocatori, a cui si dava troppo peso. Eravamo poco come uomini, non c’era un leader. In quella squadra si mise in mostra il talento di un giovanissimo Babù che si eclissò troppo presto a causa di un infortunio a Cosenza. “Quando era in forma effettivamente era un’arma vincente. Ma non è che con lui avremmo vinto comunque il campionato. Il suo infortunio a Cosenza è stato pesante, ma non è che ci siamo sconfortati dopo quel momento. Anzi. Anche a Cosenza, come in qualche altra partita abbiamo avuto un pizzico di fortuna nel portare a casa i tre punti. Babù è stato rovinato dopo da chi avrebbe dovuto curarlo ed invece ha forzato per farlo rientrare a tutti i costi l’anno successivo mentre si vedeva che era praticamente zoppo”, aggiunge Soviero risponde anche ad un parallelo tra Zeman di allora e Ventura di oggi sulla panchina granata: Ventura è venuto a Salerno per rilanciarsi: era necessario ripartire dal basso per lui dopo la parentesi con la Nazionale ed ha scelto una squadra blasonata in Serie B con una società forte come la Salernitana. La classifica dei granata? La graduatoria non mente mai: puoi avere un momento no, poi puoi vincere qualche partita quando le altre stanno peggio, puoi vincere qualche partita con la fortuna, ma non un campionato. La Salernitana dal punto di vista della personalità ha qualcosa in più rispetto alle altre, qualitativamente poteva fare molto di più invece”. Il portierone parla anche di Micai e del difficile rapporto dei numeri uno all’ombra dell’Arechi: “Micai è un buon portiere, ha avuto dei momenti difficili da cui si è saputo rialzare. Salerno però è la tomba dei portieri: quando vai bene la piazza ti trascina, quando va male invece è dura”.

I flashback si rincorrono e si arriva ad Aniello Aliberti. Sarei dovuto approdare in granata ai tempi della massima serie. Il mio cartellino era della Fermana (club all’epoca molto vicino ai granata, dice) che non poteva più permettersi il mio ingaggio si andò alle buste con il Genoa ed andai in rossoblu. Con Aliberti ho avuto un buon rapporto. Avemmo una discussione solo il primo anno quando decisero – sbagliando – di esonerare Oddo. Il presidente mi interpellò e io gli dissi che avrebbe fatto un errore: a noi servivano giocatori non un allenatore diverso. Discutemmo in maniera forte anche perché di fatto lo avevano già esonerato e io mi sentii preso in giro”. Soviero ha l’etichetta del guascone dell’attaccabrighe. La prima la riconosce, la seconda prova a scrollarsela di dosso: Non sono un attaccabrighe, ma spesso questo faceva credere a qualche giocatore, che era capace di vendersi anche la moglie, di potermi mettere i piedi in testa. A quel punto poi bisognava ristabilire le gerarchie. I litigi fanno anche bene in uno spogliatoio, ci sono tante discussioni e si sanano molte cose litigando. Io dico sempre la verità, quindi nessuno può mettermi al muro, anche quando non mi credevano poi le cose sono sempre uscite a galla. La vicenda con Del Piero? Me ne sono pentito, l’ho pagata e credo che la mia carriera sarebbe andata diversamente se non avessi fatto quel gesto. L’anno dopo feci fatica a trovare squadra”. Immancabile la chiosa con De Cesare: “Con lui ho avuto un buon rapporto anche se non ci ho mai giocato insieme. Lui era un bravo giocatore e non è uno sprovveduto. È anche un buon allenatore. Entrambi  paghiamo la nostra guasconeria e la nostra schiettezza”.

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