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Sousa al Thinking Football Summit: “Il mio staff deve avere valori umani e competenze”

Anche Paulo Sousa, come qualche calciatore, ha approfittato della pausa per staccare la spina. L’allenatore granata è rientrato nel suo Portogallo ed è salito sul palco del Thinking Football Summit, rassegna organizzata dalla Lega Calcio portoghese, presenziando con alcuni colleghi allenatori (Carlos Carvalhal e Vitor Pereira).

“La mia università è stata il campo ma i corsi per allenatori hanno dato struttura alle mie idee migliorando la mia programmazione, la capacità di prendere decisioni, la comunicazione, la comprensione dei momenti di crisi e come superarli – ha detto il tecnico – Ho lavorato in tanti paesi e questo mi ha fatto conoscere meglio me stesso adattandomi a nuove sfide. Questo mi ha fatto crescere non solo professionalmente ma anche come uomo. Bisogna lavorare continuamente perché il calcio è in costante cambiamento, ci sono tante variabili a cui dover prestare attenzione che non sempre hanno a che fare con la tecnologia ma con i sistemi di gioco. Serve conoscerli per capire in quali specifici momenti applicarli. Girare il mondo fornisce un termine di paragone con gli altri e possibiltà di assorbire loro conoscenze”.

L’allenatore ha analizzato il modo di fare il suo lavoro: “Mi rifaccio a molti allenatori, Capello tra questi, a cui rubiamo idee da approfondire e applicare nel quotidiano. Negli ultimi anni ho meno bisogno di riconoscimenti rispetto a quando ero bambino, quando dovevo essere sempre valutato. L’ho sempre sentito come un bisogno, ora vivo meglio senza. Ci sono molti fattori che condizionano i risultati. Quando tutto è allineato si lavora meglio ma se ci accorgiamo che non è così dobbiamo concentrarci su ciò che possiamo controllare: allenamento, metodologia, attenzione ai calciatori”.

Sousa ha infine ha sottolineato l’importanza di circondarsi di validi collaboratori: “Lo staff è importantissimo. Ho iniziato in Inghilterra con difficoltà, in Ungheria ho costruito il team fino ad arrivare ad undici collaboratori in Cina. Nella scelta dei membri guardo a valori umani che coincidano con i miei perché è uno spazio che devo controllare. Ho bisogno di guidare le decisioni prese in un gruppo di lavoro con competenze anche superiori alle mie. Ai collaboratori chiedo dialogo, onestà, rispetto per il calcio e le persone. Anche non essere yes man è importante”.

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