Al Picco di La Spezia va in scena l’ennesima brutta “commedia” granata, il cui copione per tanti disillusi e critici era già scritto. Passiamo subito agli schieramenti: Spezia con un collaudato 4-3-3, marchio di fabbrica di mister Marino e Salernitana in una nuova e disattesa veste tattica con il 4-2-3-1 tanto caro a Gregucci. L’allenatore non smentisce se stesso e conferma tutta la sua confusione tattica: sta traghettando la Salernitana (non è l’unico responsabile di questa deriva) lì dove, per numeri e competenze tecniche e tattiche, purtroppo merita: una risicata e sofferente salvezza.
Chiare e ordinarie le intenzioni del trainer granata: prendere nella morsa dei due centrali difensivi – Migliorini e Mantovani (quest’ultimo dopo Rosina il migliore per i salernitani) – il bulgaro Galabinov; lottare sugli esterni in duelli di uno contro uno (Pucino contro Bidaoui e Memolla su Da Cruz) con il supporto di Casasola e Jallow che avrebbero dovuto schermare le ali delle aquile.
A centrocampo le consegne sono quelle di prendere i due interni bianconeri, Bartolomei e Mora, con i due mediani Di Tacchio e Akpa Apro e Rosina a pressare e rubare palla sul play avversario, l’ex di turno Matteo Ricci.
La prima frazione di gioco è stata appannaggio dei granata, con un rispolverato Rosina bravo in pressione asfissiante sulla fonte di gioco avversaria e capace al tempo stesso di trovare spazi e tempi per fare male agli avversari tra le linee. Il talento di Belvedere Marittimo è stato capace di accendere la squadra: suo l’assist per Djuric che riesce a sfatare anche il tabù del gol di testa. Nella ripresa, però, lo Spezia rialza la testa: su tutti Ricci e Da Cruz dopo l’intervallo si sono trasformati da brutti anatroccoli in cigni meravigliosi.
La catena di destra bianconera (Vignali, Bartolomei e Da Cruz) ha trovato terreno fertile ed ha asfaltato la Salernitana in quella zona del campo. La Salernitana ha pagato la scarsa condizione fisica di Memolla (tornato in campo dopo 5 mesi dall’ultima partita giocata) e l’incapacità tattica (stendiamo un velo pietoso su quella tecnica) di Jallow di schermare e raddoppiare nelle coperture preventive in aiuto del compagno di corsia.
Il gambiano è apparso irritante tatticamente, sicuramente anche per colpe non sue (per come viene utilizzato). Tecnicamente non riesce mai a puntare l’uomo e non pensa neppure di farlo: mai una superiorità numerica, mai un uno contro uno neppure privato. Per non parlare degli errori nei controlli e nelle trasmissioni.
La netta differenza tra le due squadre è anche tecnica: la Salernitana (fatta eccezione per Rosina) non ha giocatori capaci di creare superiorità numerica; lo Spezia con Da Cruz, Bartolomei e Bidaoui (fin quando è rimasto in campo) riesce a farlo e a spezzare le partite. La Salernitana paga errori e strategie figlie di scelte sbagliate e mancate, ed in questo l’allenatore ne è complice silenzioso. A Gregucci, invece, va imputata soprattutto la cattiva lettura della partita. Anche ieri sera poteva e doveva incidere sul match con scelte diverse. Provando cioè ad arginare le falle che si erano pericolosamente aperte in più parti del campo. Inspiegabili gli impieghi di Djavan Anderson (inutile il suo innesto) e di Vuletich. Era chiaro e palese a tutti che la Salernitana dopo un’ora di gioco (forse anche prima) potesse capitolare da un momento all’altro. I granata arrivavano sempre secondi nei contrasti, nei duelli, negli interventi a palla neutra e sulle seconde palle: solo Gregucci non se n’è accorto.
Memolla andava “rinforzato” come si fa con una nave in porto quando il mare si scuote: gli ormeggi vanno raddoppiati. Era necessario spostarlo quinto di sinistra, inserendo un difensore con l’innesto contemporaneo di un centrocampista lì in mezzo dove eravamo sempre in inferiorità e Rosina non riusciva più a schermare Ricci (la fonte di gioco spezzina). Minala intanto riposa seraficamente in panchina: giocatore scomparso all’improvviso dopo essere stato sfruttato quando non c’era neanche un’alternativa.
Aggiungiamo poi che la squadra sembra spegnersi ogni qual volta la carica agonistica s’innesca. Un po’ come un interruttore girato in posizione “off”: riteniamo che dipenda più dalla testa che dalle gambe (perché a volte nei secondi tempi la Salernitana ha fatto bene). La squadra ed il suo allenatore devono ritrovare il senso delle cose, capire che oggi non contano più la tecnica e la tattica, ma il risultato. E ieri sera un punto a La Spezia sarebbe stato utile oltre che necessario.
Una compagine di categoria non può concedere quell’inutile palla inattiva come nell’occasione del primo gol, non può difendere a “zona” nella stessa circostanza e poi si vede Migliorini staccarsi dall’avversario e guardarlo invece di contrastarlo.
La Salernitana un Mora non ce l’ha, tanto per intenderci. Non ha giocatori di quella caratura agonistica, capaci di intuire quando è il momento di andare al di là del cuore quando occorre.
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