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Plusvalenze fittizie, sequestrati 3,7 milioni al Chievo. Indagate 29 persone

Nuovi guai per il Chievo Verona, già implicato e penalizzato di tre punti lo scorso anno per il caso plusvalenze fittizie. Tali illecite operazioni sono state confermate da alcuni indagati nel corso di conversazioni telefoniche intercettate. Il provvedimento emesso è volto al recupero di somme complessive pari a: 3,7 milioni di euro nei confronti del Chievo Verona e del suo attuale presidente; 5,3 milioni circa nei confronti del Cesena Calcio e società satellite, oltre che del suo ex presidente e di altri 2 indagati. In totale sono 29 le persone indagate nel procedimento penale.

Militari del comando provinciale della Guardia di Finanza di Forlì stanno eseguendo l’ordinanza che dispone una misura interdittiva di divieto di esercitare attività d’impresa nei confronti del principale indagato ed il sequestro preventivo di beni per il valore complessivo di circa 9 milioni di euro.

L’attività eseguita dal Gruppo di Cesena giunge nell’ambito delle indagini che hanno interessato la locale società di calcio che è stata dichiarata fallita nell’agosto del 2018. Le indagini si sono svolte in merito a possibili condotte illecite connesse alla compravendita di giovani calciatori avvenute tra la società fallita (già militante nel campionato di calcio di serie B) e il Chievo Verona. L’ipotesi di reato è bancarotta fraudolenta, falso in bilancio e reati tributari di emissione ed utilizzo di fatture false.

Nello specifico è emerso che, negli anni dal 2014 al 2018, il Cesena Calcio ed il Chievo Verona hanno effettuato delle reciproche compravendite di calciatori minorenni che, in realtà, si verificavano solo cartolarmente ed a valori del tutto sproporzionati. I giovani atleti, infatti, oltre a non venir mai utilizzati dalla società acquirente venivano addirittura prestati a squadre dilettantistiche. Le false plusvalenze ricostruite nel periodo 2014-2018 ammontano a quasi 30 milioni di euro e costituivano l’escamotage per mantenere in vita una società che avrebbe dovuto richiedere l’accesso a procedure fallimentari da diversi anni e che continuava ad omettere con sistematicità il versamento delle imposte trasformando tale espediente straordinario nella normalità della gestione imprenditoriale.

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