Può una squadra ed una città entrarti nelle vene in una sola stagione dove collezioni 14 presenze?
Provate a chiederlo a Simone Sannibale. Il classe ’86 sbarcò alla Salernitana dalla Lazio nell’estate del 2005. Era la Salernitana con la “palla di pezza” sul petto, nata dalle ceneri di quella di Aliberti che si apprestava ad affrontare la terza serie dopo oltre due lustri trascorsi in Serie B, con una parentesi in massima serie.
“E pensare che io e Melara fummo tra i primi ad arrivare a Salerno dalla Lazio – ricorda – Ma in quei tempi non c’era la multiproprietà attuale (ride, ndR)”. Inizia così la nostra chiacchierata con Simone che ora, a 34 anni suonati, ha deciso di aprire una scuola calcio, la JFA nel suo quartiere di Roma ad Infernetto.
Il suo arrivo a Salerno ha un grande promotore: Delio Rossi. Il “Profeta” in quei tempi allenava la Lazio e dopo aver dato fiducia a Simone in Intertoto contro Tampere ed Olympique Marsiglia decise di consigliargli Salerno di ritorno dalla trasferta al Velodrome: “Il mister mi disse di andare alla Salernitana. Una piazza come quella granata avrebbe accelerato il mio percorso di crescita. E pensare che andai a vivere nella sua casa a Parco Arbostella. Salerno è una città bellissima, ogni anno torno per le Luci d’Artista e per incontrare i miei tanti amici”.
Ma il suo arrivo in granata non fu propriamente semplice. Sannibale riapre l’album dei ricordi. A partire dal ritiro, in quel di Paestum, organizzato all’ultimo secondo. Passando per una squadra allestita dal direttore Imborgia in pochissimi giorni: “Era un gruppo completamente nuovo. Ricordo che c’erano solo Ambrosio e Shala che avevano giocato per la Salernitana l’anno precedente. Arrivai il lunedì, e la domenica già si doveva giocare contro il Novara. Durante quelle prime partite soffrimmo proprio il ritardo di preparazione. E purtroppo i risultati stentarono ad arrivare”.
Una Salernitana grandi firme e grandi uomini: “Era uno spogliatoio importante, trainato da due elementi del calibro di Salvatore Fresi e Ciro De Cesare. Proprio Salvatore, il giorno dell’esordio in campionato, si presentò ai miei genitori che per l’occasione scesero a Salerno. Mi prese sotto la sua ala protettiva dicendomi che per qualsiasi cosa avrei potuto contare su di lui. E pensare che negli anni antecedenti, lui giocava nell’Inter con Ronaldo. Anche De Cesare mi trattò benissimo; abitava come me a Parco Arbostella”.
E sull’approdo a Salerno dopo l’esperienza in Primavera sottolinea: “Puoi giocare anche nella Primavera più importante dell’universo, ma rappresentare una città è diverso. C’era gente che era disposta anche a farsi 1500 km in un solo giorno pur di seguirci. Parlarne mi fa venire i brividi. Chiudo gli occhi e rivivo quei cinque minuti che passavano tra l’appello dell’arbitro e lo scendere in campo sulle note di ‘Urlando contro il cielo’. A Salerno ti senti vivo. Ti gasavi già dagli spogliatoi, quando sentivi rullare forte il tamburo”.
Una stagione, quella 2005-2006 che non si concluse bene con l’amara sconfitta nella doppia semifinale play-off contro il Genoa: “Fu una mazzata per tutti. Ricordo quel pomeriggio a Marassi come se fosse ieri. Un caldo assurdo, i tremila tifosi granata che si facevano sentire in quel catino e quel maledetto gol nel finale. Sono convinto che se fossimo andati in Serie B la storia sarebbe cambiata. E non parlo solo della mia carriera, ma anche della storia del club. La cadetteria avrebbe portato più investitori e forse non sarebbe arrivato il fallimento qualche anno dopo”.
La stagione successiva Sannibale si trasferì pochi chilometri a nord da Salerno andando a vestire la maglia della Juve Stabia. E proprio con le vespe tornò all’Arechi in un derby deciso da un gol di Cammarota nel finale: “Fu davvero emozionante; la sentii tanto quella partita. Volevo dimostrare che forse si erano sbagliati sul mio conto. Ricordo uno stadio bello carico, con tanti tifosi sulle due sponde”.
Tanta Serie C e Serie D nelle gambe, fino all’approdo all’Astrea, una delle squadre che affrontò il Salerno Calcio nella stagione tra i dilettanti. “Decisi di accettare il progetto Astrea, in quanto ero reduce da un brutto infortunio. Ero alla Nocerina che vinse il campionato in C2 con Auteri, ma decisi di andare in D anche per riavvicinarmi a casa visto che ero diventato papà da poco tempo. Affrontare il Salerno Calcio fu bello, ma fu ancora più bello riabbracciare Ciro De Cesare”.
Salerno, la Salernitana, il granata ti entrano nelle vene. I ricordi di Sannibale sono l’ennesima dimostrazione di quanto una città, una piazza sappiano trasmettere ai propri beniamini.
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