Fantasia, tecnica e tanto talento non hanno permesso ad Alessandro Aragao Da Cruz di debuttare in Serie B ma la sua storia, sportiva ed umana, è legata indissolubilmente a Salerno ed alla Salernitana. Doveva essere il baby boom granata, nella primavera della società all’epoca gestita da Aniello Aliberti faceva faville. Invece ha collezionato solo una panchina in prima squadra nel 2003 a 16 anni (con Pioli alla guida in B, contro il Messina) e la sua carriera si è sviluppata prevalentemente tra Serie C2, D ed Eccellenza. Eppure, poche settimane prima del fallimento era stato ceduto al Cesena di Castori (che decise di girarlo in prestito al Bellaria e non puntò poi mai su di lui).
Al solo sentire il nome di Salerno, all’attaccante brasiliano classe 1986 si illuminano gli occhi e… si apre il cassetto dei ricordi. “Mi sento un figlio di Salerno. Quando nel 1998 lasciai il Brasile ed i miei affetti arrivai in città che non avevo neanche 13 anni e la Salernitana è stata la mia seconda famiglia”, dice Aragao. A portarlo in Italia è stato un grande calciatore brasiliano, naturalizzato italiano, a cui oggi si ispira lo stesso ex calciatore granata: “Fu il grande Josè Altafini ad organizzare il mio passaggio alla Salernitana insieme ad Enrico Coscia, responsabile all’epoca del settore giovanile. Altafini venne ad un raduno organizzato da un procuratore brasiliano e subito fu colpito da me; di lì a poco lasciai il Brasile destinazione Salerno”. Anche con Coscia il brasiliano ha stretto un rapporto ancora oggi duraturo: “Mi ha cresciuto come un figlio ed è diventato a sua volta il padrino di mio figlio, è una persona eccezionale a cui devo tanto”.
Dopo aver fatto tutta la trafila nelle giovanili granata, Aragao ha “sfiorato” in alcune occasioni il debutto fra i grandi: “Feci il primo ritiro con la prima squadra con Pioli ma durante il precampionato una puntura di zanzara mi procurò quasi uno shock anafilattico, tanto che il segretario della società fu costretto a riaccompagnarmi a Salerno per controlli e non riuscii a terminare il ritiro. Di Pioli ricordo la sua tanta attenzione alla tecnica durante gli allenamenti”. Anche con Ammazzalorso e Gregucci il massimo è stata la panchina ma Aragao non è dispiaciuto di non aver debuttato in Serie B anche se un piccolo rimpianto c’è: “Prima del fallimento Aliberti mi ha venduto al Cesena ma senza quel trasferimento da svincolato sarei potuto ripartire dalla nuova Salernitana e non lasciare una piazza con un pubblico senza eguali”. Durante la sua esperienza granata un premio l’ha comunque conquistato: “Nel 2003 partecipammo al Trofeo Beppe Viola di Arco, una prestigiosa kermesse giovanile internazionale, in cui vinsi il premio di miglior giocatore; peccato aver perso la finale con il Chievo”. Oltre che al Torneo di Arco, il brasiliano si è messo in mostra anche al Viareggio: “Era il 2005 e dopo aver superato il girone eliminatorio negli ottavi eliminammo la Roma, prima di cedere ai quarti alla Juventus che si laureò campione. In quella Primavera c’era anche Raffaele Schiavi, con cui a volte ancora oggi mi sento, oltre a mister Novelli con cui ho sempre avuto un bel rapporto”. Aragao, ripercorrendo la sua esperienza campana, non può dimenticare un giocatore pieno di talento: “Bombardini era davvero uno che metteva la tecnica prima di tutto. Puntava l’uomo e provava sempre a saltarlo. Aveva una sola pecca: era un po’ lento (ride, nda)“.
La carriera di Aragao è poi continuata in categoria minori fra Castelnuovo, San Marino Calcio e Bellaria Igea Marina e proprio nella cittadina riminese ha incrociato un ex tecnico granata: “A Bellaria mi sono trovato molto bene ed abbiamo raggiunto il massimo risultato sportivo della storia dei biancoazzurri (9° nel campionato di Serie C2 2005/06). Mister Varrella lavorava tantissimo sul 4-3-3 e sull’importanza dei tagli”. Aragao si trasferì poi in Puglia dove divenne un idolo dei tifosi del Casarano: “Sono stato cinque anni con i rossoblu ed abbiamo vinto un campionato di Eccellenza, una Coppa Italia e raggiunto i playoff in D”. Dopo l’esperienza salentina con un fugace passaggio al Gallipoli, è ritornato in Romagna: “Mi sono stabilito vicino Rimini ed ho curato per due anni il settore giovanile del Bellaria, giocando contemporaneamente anche con la prima squadra”. Prima di appendere definitivamente le scarpette al chiodo il talentuoso brasiliano ha fatto tappa a Cagli nel gennaio del 2020: “Ho avuto il piacere di vestire la maglia della Cagliese, storica squadra marchigiana, ma purtroppo sono riuscito a scendere in campo una sola volta prima che il Covid bloccasse tutto. In quell’unica partita ricordo bene che prima della gara negli spogliatoi diedi ai ragazzi la consapevolezza di poter tornare alla vittoria ed alla fine della gara sono arrivati i 3 punti. Insomma, ho chiuso la mia carriera di calciatore con una bella vittoria”.
A 35 anni attualmente Aragao si dedica al settore giovanile e prova a seguire le orme di Altafini: “Oggi alleno i classe 2009/10 della Marignanese Cattolica, formazione di Serie D, e mi diverto tantissimo. Per me giocare a calcio è stato sempre puro divertimento. Nel calcio di oggi non vedo più spettacolo, ormai si lavora solo sul fisico del calciatore. Difficile vedere chi prova a puntare l’avversario, un tunnel, un gesto tecnico. Dalla serie A alla D è un calcio totalmente fisico e fatto di possesso palla. Oltre ad allenare i ragazzi voglio seguire le orme di Altafini; mi occupo di portare giovani talenti brasiliani in Italia, affinché possano realizzare il loro sogno come ha potuto fare io e per questo sarò sempre grato alla Salernitana“.
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