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#NonTiScordarDiMe. I racconti di Pionetti: “Smisi dopo Salerno, poi svezzai Ochoa”

Quando Guillermo Ochoa nella conferenza stampa di presentazione a Salerno parla del “preparatore dei portieri italiano con cui ho lavorato all’Ajaccio che mi ha insegnato tanto” si riferisce ad Enrico Pionetti. Nel 2011 – primo estremo difensore messicano ad approdare in Europa – se lo ritrovò con il club francese neopromosso in Ligue 1 e ne apprezzò gli insegnamenti. C’è un particolare non di poco conto: prima di allenare i portieri, Pionetti ha chiuso la sua carriera calcistica appendendo i guantoni al chiodo proprio a Salerno, dopo una stagione (da dodicesimo) proprio con la maglia del cavalluccio marino. Era il torneo 1987/88, Serie C1. Sono passati molti anni, ma i ricordi del Vestuti – come la stima per Ochoa – restano intatti per Pionetti, nato a Parma nel 1955 ma trapiantato in Liguria. Oggi lavora nello staff tecnico del Golfo Dianese 1923, club dilettantistico ligure.

Undici anni fa Memo en France

Chi era Memo Ochoa nel 2011? Pionetti risponde così: “Era già un portiere di livello, titolare in Nazionale nonostante l’età relativamente giovane (aveva 26 anni, nda). Come tutti quelli che arrivano in una situazione nuova, per di più in Europa dove il modo di allenarsi e di affrontare le partite e di gestire il gruppo era diverso, doveva ambientarsi. Per lui era un nuovo mondo da scoprire, un’esperienza importante: doveva imparare la lingua nell’essenzialità, perché quando sei in porta devi dare suggerimenti continui. Si ambientò subito, non ho dubbi che possa fare altrettanto in Italia. Aveva ottime qualità ed è poi migliorato. Memo è portiere spettacolare, allenarlo è una meraviglia. È efficace, sa proporsi, sa muoversi, ha le conoscenze e qualità. Quando il portiere sa contemporaneamente dirigere, parare e dare spettacolo… è un bel vedere”.

Una foto di gruppo dell’Ajaccio nel 2011: Ochoa e Pionetti sono cerchiati in granata

I consigli “europei”

Ochoa arrivava dal Club America, aveva esordito a 20 anni in Nazionale e a 23 s’era preso il posto. “Nel lavoro che  abbiamo fatto assieme ho cercato sempre di dargli le basi – racconta Pionetti ai nostri microfoni – Quando alleno dico a tutti una cosa banale: “Attenzione in porta”. Al di là delle metodologie, durante la settimana alleni sempre i gesti tecnici e le situazioni. Gli ho sempre aperto gli occhi sull’importanza di non prendere gol sul suo palo, provando a leggere che se quella palla se passa la mente deve essere già pronta per esserci. Mi spiego: se uno tira da 3-4 metri e io parto nel momento in cui quello calcia, senza avere una lettura anticipata, non riesci ad essere efficace. Bisogna essere pronti mentalmente e reattivi. Abbiamo lavorato molto sulle punizioni, anche lì con il consiglio di non anticipare mai i movimenti: se vuoi fare il fenomeno e fai un passo un attimo prima, il tiratore mette la palla sul tuo palo e… non va bene. La costruzione dal basso? Memo ha discreti piedi, è molto bravo con rinvii, fa ripartire subito e ti mette il pallone a 60-70 metri. Ha un calcio pulito, era messo bene anche prima e ora sarà ancora meglio. È un atleta e ragazzo serio, se è riuscito finora a mantenere il posto in Nazionale a 37 anni ci saranno dei motivi e dei valori, oltre alle qualità. Sono certo che riuscirà a fare il sesto Mondiale, come sogna. I nostri viaggi sono accompagnati sempre dalla concorrenza: se dimostra sempre di essere lì, vuol dire che è sempre il migliore”. E in granata, quando tornerà Sepe? “Sarà un bel duello, nella vita è bello anche questo. Le gerarchie ci sono ma vanno mantenute con le prestazioni; se non sono all’altezza c’è anche l’altro, un allenatore non è in balia di un solo portiere. Nessuno è intoccabile soprattutto in squadre come la Salernitana che ha bisogno di punti salvezza”.

L’uomo Guillermo

“Ochoa è un personaggio che cade a fagiolo per Salernosecondo il suo ex allenatore. “Memo è un ragazzo di una semplicità estrema, di animo buono, sicuramente riuscirà molto velocemente a entrare nel cuore dei tifosi granata. È straordinario sotto tutti i punti di vista, sempre ben voluto da tutti, ha grande rispetto e sa sempre porsi nel modo giusto”. L’ex portiere granata racconta che “un giorno si affrontavano Lione ed Ajaccio, con i pali difesi da Lloris e Ochoa. Io avevo allenato il primo al Nizza, ai suoi esordi, prima di andare in Corsica. A fine partita vennero tutti e due da me e mi regalarono le rispettive maglie. Avevo le lacrime agli occhi, perché non sono il tipo che chiede doni. Non mi piace questa cosa. Fu un’iniziativa che mi è entrata nel cuore, significa che mi hanno considerato e hanno capito che abbiamo lavorato bene insieme. Poi le ho a mia volta regalare per una lotteria di beneficenza. L’unica maglia che conservo è quella in lana dell’esordio in A con la Sampdoria, grigia con i polsini blu. Altri tempi”.

Foto di gruppo granata, 30 agosto 1987: Salernitana-Valdiano, Coppa Italia di C. Pionetti è in “giallo” (fonte Salernitanastory.it)

Quei ricordi del Vestuti

Nell’estate di 35 anni fa Peppino Soglia allestì una super squadra per la terza serie dell’epoca, suscitando l’entusiasmo della piazza. Una presentazione con l’intera città in visibilio, campagna abbonamenti che decollò. Il portiere era Enrico Pionetti, prelevato dal Brescia. Le cose, però, dal punto di vista calcistico precipitarono rapidamente per lui. Dopo sei partite di Coppa Italia e quattro di campionato (con due ko, un pareggio e una vittoria), la dirigenza decise di declassarlo a dodicesimo, ingaggiando Roberto Renzi. “Di Salerno ho un ottimo ricordo, nonostante sia stato un anno per me tribolato: ho giocato poco e non me l’aspettavo. C’erano grandi aspettative, la squadra purtroppo non le mantenne. Avevamo Bagnato, Cozzella, Crialesi, Marino, Morganti, Cocco, Sciannimanico, una squadra da categoria superiore. Quando le cose non ingranano, però, non puoi farci molto e non puoi dare un perché. Probabilmente il gruppo non suonava lo stesso spartito, non c’erano colpevoli – ricorda Pionetti – Dopo poche partite arrivò Roberto Renzi, un bravissimo ragazzo. Io non avevo procuratore, fummo messi in disparte io e Venturini, gli unici due che non avevano il procuratore. Decideva tutto Enrico Fedele, direttore sportivo che aveva anche dei giocatori in procura e ne prese proprio dalla sua scuderia di riferimento. Mi dispiacque, non avevo fatto errori, non credevo di rimproverarmi qualcosa”. Alla fine le presenze ufficiali in granata furono 11, con 12 reti al passivo. “Passai un anno difficile ma in una città bella, con una tifoseria è eccezionale. Ricordo un particolare bellissimo: era la quinta di campionato, stavamo ancora andando abbastanza bene, ad aspettarci dopo la vittoria dl derby in casa della Nocerina c’erano duemila persone al Vestuti, roba che non puoi dimenticare. Essere acclamati così in C è roba importante, sono quelle cose che rimangono sempre”, ancora Pionetti.

Enrico Pionetti nello staff della Nigeria ai Mondiali 2018

La carriera da mister

Quella del 29 maggio 1988 (Salernitana-Brindisi 0-1) fu l’ultima partita in granata, ma anche l’ultima da professionista per Pionetti. “Dopo Salerno ho smesso, venivo dalla Serie A al Brescia, volevo giocare e rimasi deluso. L’estate seguente andai comunque al calciomercato, anche se nella mia testa avevo già staccato la spina. Fui contattato da Gianni Improta, che aveva giocato con me alla Sampdoria. Mi propose di fare il secondo al Catanzaro, dove era diesse. Non volevo dire subito no, dissi che avrei riflettuto ma poi non mi feci più sentire e decisi di smettere. Era appena nato mio figlio e voltai pagina. Improvvisamente con la Sanremese in C2 mi capitò l’occasione di allenare i portier: c’era Di Somma che andava ad allenare, iniziai a lavorare con lui, poi conobbi un preparatore che veniva dalla Toscana, Alberto Bartali. Tramite lui e il passaparola approdai nella B francese al Nizza; all’epoca il presidente era Sensi che aveva Roma e Foggia pure. Fece tabula rasa, il diggì era Federico Pastorello. Da lì ho iniziato tutta la mia carriera in Francia. Dopo 5 anni di Nizza, con promozione in Ligue 1, ne feci 4 ad Ajaccio, anche lì vincendo un campionato e con un anno al Bologna nello staff di Ulivieri (2005/06)”. Pionetti ha poi scelto strade ancor più affascinanti, lavorando per le Nazionali di Niger, Burkina Faso e Nigeria, con cui è andato al Mondiale russo del 2018: “Ho fatto una carriera soddisfacente, ci ho messo tanta energia, allenare mi piace tantissimo. Lo faccio con gioia e passione, cerco di dare tutto quello che ho dentro. Ovunque sia stato ho preso e dato tanto ed oggi nutro ancora simpatia per tutte le mie ex società, Salernitana compresa. Ora spero che l’ippocampo lotti per salvarsi quanto prima. L’anno scorso Nicola ha fatto l’impossibile, ci sono i margini per fare ancora meglio”.

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