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Moro canta ancora: “Salerno indimenticabile, in caso di A la città va blindata. Impossibile far arrabbiare Coda”

Cantare per la Serie A? Va bene“. Una voce che tutti i tifosi della Salernitana aspettano di sentire di nuovo, Davide Moro che fa emozionare Salerno. Non una novità, perché quando Moro intonò Nessun Dorma alla festa della promozione della Serie B fu una sorpresa, ma anche uno spettacolo. Eppure fu una cosa improvvisata: “Io non canto lirico, fu una coincidenza – rivela Moro – In quel periodo avevo un problema e non riuscivo a cantare il genere che solitamente canto, sennò magari avrei potuto cantare We are the Champions. Meglio aver fatto quello, Freddie Mercury sarebbe stato impossibile”. Sorride Davide Moro in collegamento sul profilo Instagram della nostra redazione. Intervenuto in una diretta, Moro ha svelato tantissimi retroscena sul suo passato granata e anche qualche curiosità social: “Mia moglie aprì il profilo Instagram due anni e mezzo fa per Google, il nostro cane. Io non ho un profilo vero e proprio, ma ho iniziato a mettere qualche video divertente e tutto ha preso il via. Ora i cani sono diventati due”.

Davide Moro oggi ha smesso di giocare, ma non ha detto addio al mondo del calcio: “Ho fatto il corso a Coverciano, dalla prossima stagione spero di iniziare a lavorare in un settore giovanile. Vorrei allenare, quando smetti di giocare non puoi iniziare ad avere un ruolo ben definito: è l’inizio di un percorso, penso di saperlo fare ma tra il pensare e i fatti ce ne passa. Ho un po’ di esperienza, avendo vissuto lo spogliatoio tante cose le sai. Non sarò stato un leader, ma sicuramente non ero un attore passivo. Ho un carattere determinato, mi voglio far sentire ma sempre nei modi giusti. A volte ci possono stare toni forti ma devono sempre avere limiti. Ora il calcio l’ho messo da parte, è un periodo storico particolare. E’ un rimbalzarsi di notizie, comanda il Coronavirus, al massimo lo Stato e i Decreti. Siamo in mano a loro”. 

Nel tempo libero Moro si allena a mantenere la forma fisica e alla passione serie tv, sempre però ricordando con il sorriso i tempi del cavalluccio: “Salerno mi è rimasta sempre nel cuore. Si era concluso un rapporto con l’Empoli, tra le squadre interessate ce n’erano 4-5 di B ma mi allettava il fatto che la Salernitana potesse lottare per la promozione, non conoscevo la piazza ma sapevo che avesse blasone e un tifo unico. Mi ha catturato questa avventura, fortunatamente è andata tutto bene. Ricordo lo stress mentale di quel campionato, lo vivevamo e ci portava a spendere tantissime energie nervose, essere sempre a 2-3 punti di vantaggio non è facile: giocavi dopo il Benevento e il Benevento aveva vinto, una volta giocammo anche a -9 e dovevamo vincere per forze sennò non potevamo più colmare il gap. Quel campionato l’abbiamo vinto anche e soprattutto mentalmente, non potevi sgarrare. Quella cosa mi ha sfondato. Avevamo una squadra da categoria superiore, io e mia moglie ricorderemo per sempre quell’annata lì. Bisogna saper vivere anche i momenti di contestazione, sennò uno non può fare il calciatore“.

Un campionato glorioso, uno dei più belli della storia recente della Salernitana: “La sensazione che avessimo vinto non l’abbiamo mai avuta, solo con la matematica. Quando abbiamo vinto col Benevento è stata una mazzata per loro, li abbiamo asfaltati calcisticamente. Appena prima di uscire dagli spogliatoi lo staff della Salernitana aveva fatto dei piccoli video a mogli e figli e tutto con una musica suggestiva, ognuno di loro ci dava l’in bocca al lupo, ci ha dato una forza in più. Poi abbiamo visto 25mila persone. Una volta che vai in B cerchi di rimanerci e fare qualcosa in più se viene. Le partite che ricordo con più piacere sono la vittoria di Lecce, quella col Benevento, appunto, la vittoria col Barletta in casa, non ci volevo credere che allo stesso tempo il Benevento avesse fatto 1-1 col Messina. Anche lì c’era il fattore mentale. Quando ho vinto il campionato con la Cremonese a marzo eravamo a -10 e siamo riusciti a vincere il campionato per differenza reti”.

Un condottiere al comando, Leonardo Menichini. Anche nella stagione successiva, della salvezza in Serie B: “Menichini ci ha sempre dato tranquillità, faceva le cose semplici. Come squadra ci ritrovavamo in quello che lui chiedeva. Non significa che Torrente fosse scarso, aveva ottime idee ma magari in quel periodo la squadra non riusciva a recepirle e a trasformarle in cose positive. Il playout col Lanciano? Anche al ritorno ci dicemmo di giocare alla morte e non prendere gol per non dare al Lanciano la minima speranza. Poi dal 70′ abbiamo iniziato a giocare sulle ali dell’entusiasmo. Ma era comunque una gara da prendere con le molle”.

Decisivo in quel campionato il gigante buono, Massimo Coda: “Il ragazzo più buono del mondo. In campo gliene dicevo di cose, magari quando si sbagliavano dei movimenti. Lui non diceva niente, potevi dirgli di tutto, io sono anche un rompiscatole. Offrii 100 euro a chi avesse fatto arrabbiare Coda, ma non si arrabbia mai, niente. Non spreca energie: quando ti dicono qualcosa, rispondi e sprechi energie”

Impossibile non ricordare la Curva Sud: “Vedevo l’effetto valanga e non capivo come non si facessero male. Purtroppo il mio unico gol contro Reggina l’ho fatto sotto la curva opposta. Salerno con il tifo che ha non può aver fatto un anno di A e pochi di B, certamente le squadre non sono state scarse, rispetto a Empoli, Chievo e altre che hanno fatto più anni di A. Il pubblico non c’entra, però una componente è anche lo stress che può dare ai giocatori la pressione della piazza. In alcuni anni c’è chi somatizza meglio, in altri anni le squadre sono formate da più giovani e quindi se vai a fare un’annata difficile poi la squadra ne risente e non ha le caratteristiche per reagire. E’ raro che un giocatore non abbia 4-5 partite in un’annata in cui sbaglia tutto. La gente deve capire che il giocatore può giocar male, anche quella è una crescita. Ho giocato solo un anno 34 partite a mille quando andammo in UEFA con l’Empoli. In quei momenti lì sentire i fischi non aiuta. Poi ti gira bene, succede il clic e da quella successiva riparti a giocar bene”.

L’ultimo saluto di Moro a Salerno, nella festa del 19 giugno: “Quando mi hanno chiamato per il centenario ho detto subito sì, avrei posticipato anche le vacanze per partecipare a questo evento unico. Ho fatto parte della storia di una società, rimasi 2-3 giorni a Salerno: si respirava proprio un’aria fantastica, emozionante”.

sal – 24 04 2016 Salernitana – Livorno
Campionato Serie B 2015-16
Nella foto: davide moro
Foto Tanopress

Ma Moro non è solo Salerno, anzi. Una carriera ad altissimi livelli, con tanti campioni in squadra e contro: “I più forti con cui ho giocato sono Balli, Hysaj, Regini, Rugani e Antonini in difesa. Ma anche Marchisio, Almiron, Valdifiori, Giovinco, Vannucchi, Tavano, Maccarone. Ce ne sono stati di giocatori. Quando avevo 13-14 anni mi piaceva Albertini, poi Gattuso, ma non che volessi giocare come lui. Loro mi aiutavano a capire anche come potermi comportare in alcune situazioni. L’avversario più forte? Ibrahimovic per la stazza, impressionante. Eto’o, sembrava volasse in campo senza fare fatica, vederlo correre dal vivo è una cosa pazzesca. Poi Kakà, elegante, bello da vedere. E Ronaldinho, Beckham, Shevchenko, Del Piero, ti trovavi ad affrontare l’Inter del triplete…“.

Infine, un commento sulla Salernitana di oggi: “Se si riprende se la può giocare. Come squadra deve assolutamente entrare nei playoff, lì è anche questione di fortuna ma se le cose vanno come devono andare, ti trovi in Serie A. La classifica è corta, le squadre che sono nella posizione della Salernitana ipoteticamente possono arrivare ancora seconde. Se si ripartirà, dovrà ripartire con la massima forza, essendo tutti sullo stesso piano vincerà chi riuscirà a collegare il cervello prima degli altri. Se dovesse andare in A blinderanno la città, altro che decreto”. E quindi, l’augurio: “Cantare per la Serie A? Va bene“. Nessun dorma, c’è Davide Moro.

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