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Menez, 83 minuti per far meglio dell’ex compagno Cerci

Quattro aprile 2015, il Milan allenato da Pippo Inzaghi vince a Palermo con le reti di Alessio Cerci e Jeremy Menez, vanificando il rigore rosanero trasformato da Dybala. Il francese realizza il gol partita al minuto 83’, lo stesso indentico giro di lancette in cui ha perforato Belec all’Arechi, oltre 5 anni più tardi. I due marcatori rossoneri di quella sfida, Menez e Cerci, sono poi diventati i calciatori-copertina del mercato rispettivamente di Reggina e Salernitana in Serie B, seppur in due stagioni diverse, con l’ex Torino a fare da apripista nel torneo 2019-20, per riabbracciare il suo mentore Ventura, seguito poi da Menez che è passato poche settimane fa dalla cadetteria transalpina a quella italiana per sposare il progetto amaranto.

Alle soglie dei 34 anni (sono entrambi classe 1987 con il francese nato un paio di mesi prima dell’attaccante di Valmontone) può essere fisiologico affidare le proprie prestazioni a palcoscenici diversi rispetto a quelli calcati all’apice della carriera, decidendo di esprimere il talento e l’esperienza su campi dove i contenuti tecnici sono inferiori. Proprio per questo motivo, la tifoseria solitamente si aspetta che il “nome pesante” impresso sulla divisa del cuore dia un contributo maggiore alla causa, mentre i Presidenti fanno leva sull’entusiasmo generato dall’operazione di mercato con il “top player” per aumentare l’incasso al botteghino e sulla pubblicità “indotta” che aumenta la visibilità del club in seguito al trasferimento del “campione”, seppur avviato verso il viale del tramonto. Ma si sa, è sempre il rettangolo verde il giudice supremo, per cui non è inusuale imbattersi nella trasformazione dell’etichetta di “colpo di mercato” a “figurina” o peggio ancora “di calciatore venuto a godersi una pensione anticipata”.

Nulla più, nulla meno di quanto successo a tanti calciatori granata del recentissimo passato, ultimo dei quali quell’Alessio Cerci che addirittura vantava nel palmares presenze e reti con la Selezione Nazionale maggiore. Problemi di natura fisica, una forma mai giunta nei 12 mesi di campionato (in questi casi la durata maggiore causata dal Covid è addirittura un’aggravante) e probabilmente una difficoltà a calarsi nella realtà cadetta, evidenziata in conferenza dallo stesso tecnico che lo aveva voluto ancora una volta con sé. Agli almanacchi quindi è stato restituito un bottino magro, magrissimo rispetto all’investimento ed alle aspettative: 10 presenze (quasi tutti spezzoni di match), 330 minuti e nessuna rete all’attivo, con anzi la triste coincidenza dell’ingresso in campo nel finale di due partite dove sono arrivati pareggi beffa a tempo scaduto.

Ci ha messo 83 minuti, invece, Jeremy Menez a far meglio dell’ex compagno di reparto al Milan. Gol all’esordio in Serie B con un anno in più sul documento rispetto a quando Cerci calcava per la prima volta il prato dell’Arechi. In generale, però, Menez ha più volte dato l’impressione di essere elemento che pur avendo in canna numeri da calciatore di categoria superiore, si sia calato con il giusto approccio con il nuovo ed inedito habitat, l’indecifrabile Serie B. E di certo non si può dire che tra Menez e Toscano ci sia lo stesso trascorso e vissuto di quello che legava Cerci a Ventura. Ecco perché incassare un gol dall’uomo copertina dell’avversario di turno provoca un doppio dolore al tifoso granata, intrappolato in questa perenne maledizione che impedisce ai “grandi nomi” come Cerci di esprimersi su buoni livelli con il cavalluccio sul petto.

 

 

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