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“Luci a San Siro non ne accenderanno più”…ma i tifosi della Salernitana sono fari nel buio

“Così non vale è troppo facile così. Trovarti, amarti, giocare il tempo sull’erba morta con il freddo che fa qui”. Vecchioni cantava, i tifosi della Salernitana rispondono sempre “sì” come sull’altare. Che sia un giorno feriale, festivo, in notturna, treni, aerei, autobus che macinano chilometri su una strada sempre più incerta: la presenza è quella che conta, in un matrimonio che spesso sembra andare a rotoli, ma l’amore tiene pur sempre in vita. E i supporter della Bersagliera lo hanno dimostrato anche in una fredda sera di un venerdì qualunque, quando le Luci a San Siro “non si accenderanno più…”. Per la Salernitana probabilmente no, ma esserci per chi ha da sempre sostenuto e amato questa maglia, è un dovere. Erano in 6000 al Meazza, nonostante tutto, nonostante i “nonostante”.

Entrati a scaglioni nel settore ospiti cantando cori ai tornelli, posizionati in quell’anello superiore, da dove mettersi a guardare tutti dall’alto verso il basso, perchè soltanto loro possono farlo: guardare tutti dall’alto di un podio che li vede protagonisti e vincere sempre. Non c’è partita sugli spalti, arrivano ovunque, cantando ininterrottamente fino ad arrivare (figuratamente) in…Ucraina. Il conflitto in atto non lascia indifferenti i salernitani, se da un lato l’accoglienza diventa “must” in città, la vicinanza e la solidarietà arriva anche a Milano e nel terzo anello superiore: durante il match è stato infatti esposto uno striscione e una bandiera gialla e blu per l’Ucraina.

Non smettono di applaudire e sostenere la squadra, anche dopo la terza rete degli avversari nerazzuri, anzi: pur di far sentire la propria vicinanza ai giocatori in campo alzano i decibel, con un volume sempre più in crescendo. Se Lautaro Martinez ghiaccia ancora di più del freddo, i tifosi granata riscaldano con “Che vinca o che perda, noi siamo sempre qua…”, proprio così la vera ed unica certezza della Salernitana sono quegli uomini e quelle donne sugli spalti, incondizionatamente anche dopo uno scontro frontale che lascia più di cinque lividi addosso. Questo Milan Djuric lo sa: dopo il triplice fischio finale è lui a chiamare i compagni e a salutare ed applaudire quegli spalti.

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