“Dimissioni? Le darei se la squadra non mi seguisse”. Fabio Liverani era stato fin troppo facile profeta nel postpartita di Cagliari. L’epilogo della sua fugace esperienza in granata arriva dopo il ko contro un’altra sua ex squadra, il Lecce. Liverani potrebbe dimettersi, se ciò non accadesse sarebbe esonerato: sullo sfondo l’ipotesi di un ritorno di Pippo Inzaghi oppure di un traghettatore interno (Stefano Colantuono, sotto contratto come responsabile del settore giovanile).
A quanto pare già in settimana Liverani avrebbe esternato nei confronti della squadra segnali di insofferenza. Nel corso di una seduta al Mary Rosy, a quanto filtra il tecnico granata avrebbe abbandonato il campo per protesta, come risposta all’atteggiamento non consono della squadra. Per poi arrivare alla conferenza prepartita di venerdì in cui era apparso già rassegnato. Liverani è uomo di calcio, genuino e senza maschere. Aveva già in cuor suo immaginato il triste epilogo. E non le ha mandate a dire, assumendosi sì le proprie responsabilità, ma sottolineando anche le oggettive difficoltà di una squadra che tale è stata solo nella forma e mai nella sostanza.
La bacchetta magica nel calcio non ce l’ha nessuno, men che meno Fabio Liverani. Serviva un miracolo per salvare la stagione, sarebbe bastata una netta sterzata in termini di atteggiamento, coraggio, dignità e prestazioni per salvare almeno la faccia. La Salernitana ha scelto di perdere anche quella oltre la categoria, con un campionato infarcito di orrori ed errori dal giorno zero e culminato nella scellerata gestione Liverani. Una scelta infruttuosa nei tempi e nei modi, ma soprattutto nei risultati. Un misero punto in cinque partite, ben 12 gol incassati ed appena tre realizzati. Ma soprattutto una insopportabile sensazione d’impotenza rispetto alla nave granata che giorno dopo giorno continuava ad imbarcare ettolitri d’acqua e progressivamente affondare.
Si può perdere, si può retrocedere, ma non così. Senza provarci, senza crederci. Il primo che probabilmente non ci ha mai creduto fino in fondo è stato proprio lui, Fabio Liverani. Sarebbe ingeneroso e disonesto intellettualmente addossargli colpe maggiori rispetto a quelle che realmente ha, ma l’impatto di Liverani sulla Salernitana è stato nullo alla voce benefici. Sono bastati pochi giorni e una manciata di minuti a San Siro contro l’Inter per capire che l’impresa sarebbe stata non disperata, ma impossibile. La Salernitana ha alzato definitivamente bandiera bianca “offrendo” una delle più brutte prestazioni della storia recente della Salernitana sotto il profilo della voglia e dell’atteggiamento.
Serviva ricompattare l’ambiente e lo spogliatoio, recuperare tutti gli effettivi sul piano mentale prima che fisico, tirare fuori l’orgoglio di una squadra che ha sempre difettato in voglia ed abnegazione. Tutto questo in pochissimo tempo. Un autentico miracolo, vero. Nulla di tutto ciò si è materializzato, né è sembrato poterlo fare neppure per un istante. La squadra non è mai sembrata seguire più di tanto il nuovo mister che ha dovuto incassare l’onta del grande “no” di Dia ad Udine. Certo, il caso del senegalese ha origini lontane e non può essergli addebitato, ma sotto la gestione Liverani è maturato lo strappo definitivo.
Sarà un finale di stagione all’insegna della lenta agonia. La Salernitana tornerà in Serie B, lo farà nella maniera peggiore possibile. Con una squadra strapagata che in campo ha offerto poco o nulla delle sue potenzialità, con un ambiente scottato e arrabbiato, con una proprietà delusa dai risultati a fronte degli ingenti esborsi economici. Il peggiore scenario possibile, neppure lontanamente immaginabile fino a pochi mesi fa. Eppure…
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