La caporetto di Bergamo, l’esonero di Nicola, il dietrofront di Iervolino. Le ultime 72 ore in casa Salernitana sono argomento che ieri in conferenza stampa (clicca qui per rileggere) il presidente ha messo agli archivi. Sarà pure passato (recente) ma da ricordare per guardare avanti e non tornare indietro. Da una parte il piano societario, dall’altro quello tecnico-tattico. Questioni che, seppur separate, presentano più di un punto di intersezione. All’indomani di uno tsunami che ha travolto il mondo Salernitana e che la proprietà ha rimesso in ordine con esternazioni dai toni concilianti quali interrogativi è lecito porsi in vista della ripresa di un cammino che si spera possa aver ricevuto comunque una scossa positiva?
Non si finisce mai di imparare
Il clamoroso ripensamento non può essere trascurato. Premessa obbligatoria: la società è giovane e può, anzi deve poter imbattersi in scivoloni o situazioni di idee poco chiare che – di conseguenza – possono repentinamente e radicalmente cambiare. Si impara tutti costantemente dalla vita e Iervolino probabilmente lo farà da questa esperienza. Quel che è successo, a livello strategico, ha riaperto un argomento forse mai chiuso del tutto: l’addio di Walter Sabatini. Senza voler personalizzare la questione ma analizzando lucidamente un passaggio delle dichiarazioni del patron di ieri («Ho un ottimo rapporto con Sabatini. Io vivevo un momento difficile, che solo lui sapeva, e anche i tempi non sono stati favorevoli: dopo 15 giorni ci siamo sentiti e abbiamo chiarito. Con lui c’è un rapporto autentico, lui è e resterà una leggenda del calcio. Avendo raccolto una salvezza storica, i salernitani sono chiaramente legati alla figura di Sabatini, ma col tempo si legheranno anche alla figura di De Sanctis e a chi verrà dopo. De Sanctis devo difenderlo di più, è un ragazzo che ce la mette tutta») si evince che probabilmente un pizzico di attesa in più prima di comunicare l’esonero – magari indicendo la riunione con la squadra fatta poi martedì – non avrebbe fatto male, sebbene sia sempre facile esprimersi col senno di poi. Oggettivamente ed al netto del “romanticismo” sportivo certamente encomiabile e da sottolineare, la situazione poteva essere gestita meglio.
Probabilmente ciò che sta mancando alla Salernitana è proprio una figura carismatica, di raccordo con l’area tecnica, capace di calamitare tutti gli eventi (anche quelli particolarmente forti come quelli dell’ultima settimana) su di sé. Un direttore generale di campo da affiancare al ds ma che non vada in conflitto con lui, va detto anche questo. Una figura che possa fare da parafulmine anche al direttore sportivo che è giovane e bravo, ma sicuramente meno esperto del suo predecessore. Quest’ultimo, portandosi dietro un bagaglio di esperienza non indifferente, cumulava proprio le cariche di direttore sportivo e direttore generale. Colpisce una frase di Iervolino: «La squadra la fa il presidente. Il direttore è solo un suggeritore. Sono io che scelgo e che pago, mi assumo le responsabilità». L’imprenditore di Palma Campania ci mette la faccia e sembra quasi voler assurgere al ruolo di “parafulmine” a cui si faceva riferimento poc’anzi. Si vedrà.
Tutti i numeri dell’involuzione
«La squadra oggi ha dimostrato che la fase difensiva era improbabile in Serie A.Ci sono cose da migliorare sotto ogni punto di vista, sotto l’aspetto agonistico, forse tattico, e per l’atteggiamento». Così il DS De Sanctis ai microfoni di DAZN dopo l’apocalittica sconfitta di Sassuolo. Dopo quella débacle, un mese di prestazioni altalenanti: la poco convincente (e senz’altro sofferta) vittoria contro il Verona seguita dalla sconfitta al Meazza contro l’Inter, la vittoria di misura contro Spezia e l’esaltante trionfo dell’Olimpico contro la Lazio, unico lampo vero. Poi lo sciagurato pareggio in casa con la Cremonese e da lì il crollo. Nei risultati. Nel gioco. Nei numeri. Nel morale. In cinque partite solo un punto, conquistato contro un Torino che ha avuto la sola sfortuna di sbattere contro il muro Ochoa. In cinque partite 16 gol al passivo (più di 3 a partita). In cinque partite 99 tiri subiti (41 prima della sosta, 58 dopo) con una media di 20 a partita. Una media non tollerabile e che è figlia di una fase difensiva che, da “improponibile per la Serie A”, si è tramutata in improponibile per il calcio professionistico.
Non solo: nelle ultime undici giornate la Salernitana è prima expected goalsconcessi (25,28); penultima per xG prodotti (9,26); ultima per expected points (6.75). Per expected goals (xG) si intende un dato che misura la probabilità di un tiro di diventare un gol; gli expected points (xPTS), invece, assegnano un punteggio da 0 a 3 a ogni squadra in ogni partita, punteggio basato su una serie di parametri (tra cui gli xG e gli xGA, questi ultimi sono i gol che avrebbe dovuto incassare secondo lo stesso modello matematico) poi convertiti nelle probabilità di vittoria, pareggio e sconfitta. Inoltre, prima della sosta, la Salernitana era la decima peggior squadra per efficacia della pressione sull’avversario tra le compagini dei cinque maggiori campionati europei. Dal punto di vista offensivo, invece, la Salernitana è terza in Serie A come percentuale realizzativa nelle grandi occasioni da gol (53.85%). Tuttavia, mentre questo ultimo dato può essere attribuito alla capacità di realizzazione del singolo giocatore, difficile leggere gli altri numeri svincolandoli da difficoltà di reparto.
Problema di tenuta tattica e mentale?
L’atteggiamento della squadra è peggiorato dal punto di vista della costruzione (spesso prevedibile e confusionaria) ma soprattutto sul piano della fase difensiva. Quest’ultima, rileggendo i numeri abbastanza eloquenti, è chiaramente il nodo principale da sciogliere. Basti pensare allo sciagurato atteggiamento difensivo che la Salernitana ha adottato contro il Milan: una difesa altissima, con Radovanovic (non proprio un velocista) abbandonato al suo destino contro un Leao che, in campo aperto, nei primi 15’, ha seminato scompiglio. Situazione molto simile col Toro, per non parlare di Bergamo. Le ammissioni di colpa sono arrivate dallo stesso Nicola, come da Iervolino è giunta la conferma di tutte le cose che non vanno: «La squadra è scarica in muscoli, personalità, concentrazione, perde tutti i duelli, non cerca la profondità ed esprime un gioco raffazzonato. Inoltre deve correre di più e ritrovarsi nel gioco del mister, fatto di aggressività e copertura».
L’attitudine mentale nei duelli individuali (in cui la Salernitana è stata praticamente sempre surclassata) è un aspetto sul quale concentrare il lavoro. Il Nicola bis non può prescindere da una disamina di questi dati desolanti. Una mortificazione per una squadra di massima serie. “Giammai altre disfatte”, ha giustamente evidenziato il presidente. Tralasciando la sconfitta di Firenze e quella in casa contro i campioni d’Italia del Milan (accettabili sul piano del punteggio, meno su quello della prestazione), quello che davvero preoccupa è l’arrendevolezza che la squadra ha mostrato nelle umiliazioni subite contro Sassuolo, Monza e da ultimo, ma solo sul piano cronologico, in terra orobica. Una montagna da scalare per il tecnico piemontese, al quale si chiede non solo di ribaltare questi numeri drammatici, ma anche di risollevare psicologicamente un gruppo allo sbando. Alcuni calciatori sono mentalmente irriconoscibili: su tutti uno degli investimenti più importanti della campagna estiva, Matteo Lovato.
Domande che meritano risposte… dal campo
Sul piano motivazionale, la carriera di Davide Nicola parla da sé. Proprio questa missione ardua del ricostruire un gruppo ereditato da sé stesso risulta ennesimo esame difficile e allo stesso tempo affascinante. L’allenatore reintegrato ha chiesto al presidente un atto di fede: sarà capace di ripagarlo? È davvero lui l’uomo giusto per questa necessaria inversione di tendenza, dopo sole 48 ore di esonero? Saprà il tecnico compiere questa nuova impresa? Il tempo per le risposte stringe. Sabato arriva un Napoli capolista e schiacciasassi per un derby che la città di Salerno vuole affrontare con dignità e quel coraggio che si chiede soprattutto ai giocatori, che hanno acconsentito, in qualche modo, al ritorno del loro timoniere al comando e ora devono assumersi la responsabilità di dare delle risposte. Quella dignità che tutti i tifosi meritano e che è stata mortificata dalle recenti umiliazioni per le quali nessuno ha pagato. Magari, nessuno pagherà perché sarà proprio il campo, ancora una volta, a ribaltare tutto. È l’auspicio di ogni componente, dentro e fuori la famiglia granata. Soprattutto sugli spalti il sostegno non mancherà.
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