Non più un sogno, ma una solida realtà. La Salernitana festeggia aritmeticamente la salvezza, e lo fa con 270 minuti d’anticipo sulla fine della propria stagione. Senza neppur dover scendere in campo, comodamente seduta sul divano. E’ bastato il mancato successo del Verona a Bergamo contro l’Atalanta (3-1 per gli orobici il risultato finale) per stappare lo spumante. A queste latitudini va bene, anzi benissimo anche così. Nessuna festa, quella ci sarà venerdì – o forse no – contro l’Udinese. Ci sarà tempo per pensarci, la macchina organizzativa è già in moto.
A bocce – anzi palloni – fermi forse c’è anche più gusto. Perché dà tempo, modo e voglia di fermarsi a riflettere sull’importanza vitale per la città e l’intera provincia del risultato appena conquistato da Gyomber e compagni. La Salernitana parteciperà per la quinta volta nella sua storia al campionato di massima serie. Lo farà con una proprietà solida, ambiziosa e appassionata, con una dirigenza giovane, competente e professionale, con un allenatore empatico e visionario, con una buona ossatura di squadra da cui ripartire. Con un ambiente maturato che ha dimostrato di poterci e doverci stare a questi livelli. Per colore, calore, compostezza e partecipazione.
Ma nel calcio nessuno regala nulla, men che meno alla Salernitana. Così anche questa salvezza va in archivio non senza difficoltà. Ripercorrendo il nastro, restano nella mente l’impresa dell’Olimpico con la Lazio, le straordinarie prestazioni esterne contro Juventus, Milan e Napoli, l’epica vittoria sotto il diluvio all’Arechi contro l’Atalanta. Ma anche gli scivoloni di Firenze e Monza, la figuraccia di Bergamo, il ko di Verona.
Un percorso tutt’altro che agevole, con tanti ostacoli, ma che ha visto sempre la Salernitana ben distanziata dalle ultime tre. Obiettivo unico, se vogliamo corretto in corsa. Perché la stagione che sta per chiudersi è servita a tutti anche per portare a casa un enorme bagaglio d’esperienza da capitalizzare al massimo nella prossima stagione quando “la gestione delle aspettative” sarà fondamentale. Esperienza che dovrà portarsi a casa anche tutto l’ambiente, magari per riuscire a superare l’endemico limite di dover vivere sempre e comunque forti contrapposizioni interne.
Nostalgici di Sabatini vs fan della prima ora di De Sanctis, pro o contro Nicola. Tracciando una riga, nel calderone del risultato c’è il contributo di tutti. Chi più, chi meno. Le percentuali? Ognuno potrà sbizzarrirsi a proprio piacimento. La stagione è stata inevitabilmente condizionata dal divorzio col vecchio diesse, bravissimo a fare breccia in un amen nel cuore della tifoseria. Ma soprattutto a lasciare in dote alcune brillanti intuizioni tecniche. Mazzocchi su tutti. De Sanctis ha pagato l’eredità pesante ed un rapporto mai sbocciato con la precedente guida tecnica. Il timing delle operazioni va necessariamente rivisto: si è consegnata ai nastri di partenza una squadra non pronta. Le intuizioni sui giocatori però stanno pagando e porteranno in dote sicure plusvalenze (Pirola, Bradaric, Daniliuc, Dia). E che dire di Candreva prima e Ochoa poi: colpi da novanta per esperienza, affidabilità, carisma e soprattutto immenso contributo tecnico.
Nicola ha forse abusato dello status di eroe della salvezza della passata stagione, tante situazioni – tecniche e non – potevano essere gestite meglio. Ma nella salvezza ci sono anche i suoi punti. Comunque non pochi. E con Sousa? E’ stato amore a prima vista. Impressiona il magnetismo del tecnico lusitano, la sua cadenza apparentemente malinconica, ma in realtà ambiziosa e determinata. Al bando lo slogan “non sono queste le partite da vincere”. Parole da perdenti. La Salernitana non potrà mai vincerle tutte ma può pensare di farlo. Apparentemente un controsenso, ma nella realtà l’essenza del Sousa-pensiero: a lunga gittata conosciamo i nostri limiti e la nostra dimensione, ma nella singola partita ce la giochiamo con tutti consapevoli di poter fare risultato e mettere in difficoltà qualsiasi avversario. Il futuro? Roma, Udinese e Cremonese. Chiudere bene, chiudere al meglio, magari cercando di scavalcare l’Empoli. Provare a vincere anche quando il risultato conta meno. Si cresce e ci si migliora anche così.
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