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Infortuni, tra misteri e scarsa comunicazione. J’accuse di Leo: “Noi chiusi, critiche anche colpa nostra”

Messaggi d’amore e stoccate. Non avrà certo paura della fatidica mela al giorno Italo Leo, medico sociale della Salernitana, che questo pomeriggio ha preso parte all’appuntamento organizzato dal Club Mai Sola. Un evento racchiuso nella serie di incontri organizzati proprio dal club presieduto da Antonio Carmando verso i cento anni della storia della Salernitana. E proprio l’area medica, nel bene o nel male, è una componente che spesso a Salerno è finita sotto la lente d’ingrandimento.

A livello comunicativo siamo chiusi, questo è un dato di fatto che non possiamo negare, ma lo siamo sia per linee guida dettate dalla direzione generale, sia per problematiche legate alla privacy dell’atleta – il j’accuse del dottor Leo, che ha rilasciato una serie di dichiarazioni interessanti – Siamo obbligati, ad ogni infortunio, ad aprire un fascicolo all’Inail, perché i calciatori sono lavoratori a tutti gli effetti. A volte non effettuiamo comunicazione perché abbiamo solo 48 ore di tempo per comunicarlo all’istituto nazionale. Quando gli acciacchi sono di blanda natura non li andiamo proprio a pubblicare, per non innescare meccanismo di verifica da parte dell’Inail”.

Lunghi infortuni, misteri aleggiati per mesi sul conto di numerosi calciatori. E Leo per la prima volta, ha rotto un silenzio che era diventato assordante. Silenzio, che spesso ha detto molto di più e che accompagna ancora oggi soprattutto una piazza delusa, che di punti interrogativi sta facendo collezione. “Quanto mi fanno soffrire le critiche esterne sul nostro operato in ambito medico? Dipende. Se sono critiche infondate fanno soffrire. Ma questo è anche colpa nostraribadisce Leo, sottolineando una chiusura comunicativa da parte della società granata – se noi di base ci chiudiamo e non comunichiamo all’esterno di conseguenza dobbiamo essere anche pronti alle critiche sulla gestione. A volte siamo obbligati a scrivere dei bollettini, per sottolineare alcune cose invece di altre, ma su questo dobbiamo sicuramente migliorare tanto. Ma le spalle sono larghe, siamo abituati a tutto. Solo chi non sbaglia non opera, non siamo esenti da colpe, non siamo i migliori ma nemmeno i peggiori. Siamo uno staff che cerca di dare il meglio, a volte ci riesce a volte no. Le critiche possono ferire nella misura in cui i collaboratori non sono pronti a riceverle. Io però cerco di fare da “chioccia” per tutti, perché mi rendo conto che lavorano in condizioni estreme, dando il massimo sempre”.

Ma il medico, viene “punzecchiato” più volte proprio sulla distanza che c’è tra la società e i tifosi, società che pecca proprio di scarsa comunicazione con la piazza, soprattutto sul lavoro che c’è dietro le quinte: “È un problema aprirsi. Non è facile in questa fase storica, sarebbe auspicabile da parte nostra. La mia presenza qui vuole essere un segnale di distensione. Nella nostra storia non abbiamo mai avuto una società così importante a livello economico, ma ribadisco: la salernitanità lasciamola a noi. Loro mettono il massimo impegno, ma non dimenticate mai che il calcio è un’azienda che a fine stagione deve analizzare i numeri, per questo io dico sempre: tra scienza e passione. Se bisogna aprire le porte ai tifosi durante gli allenamenti? Su questo non devo rispondere io. Ma penso che a livello socio-pedagogico i tifosi abbiano ragione e sia giusto, anche per abituare la generazione futura ad appassionarsi. Capisco che a livello emozionale siamo carenti, dobbiamo tutti quanti iniziare un nuovo percorso. Io ricordo che seguivo gli allenamenti al Vestuti ed era una gioia. Ma il nuovo percorso non posso iniziarlo io che sono il medico sociale, non sono né il direttore generale né il presidente. Dobbiamo emozionarvi di nuovo, mi rendo conto, perché stiamo mancando in questo”.

L’amore per la squadra e per la Salernitana, compresa la sua storia, non può essere compresa da chi non l’ha vissuta e non la vive sulla propria pelle. Reincarna il pensiero dei tifosi Italo Leo, ma soprattutto interpreta il concetto di salernitanità, facendo riferimento soprattutto a questa società che non è originaria di Salerno perché “sono degli imprenditori, non possono emozionarsi come noi, non possono capirla quanto noi. La ‘salernitanità’ non si riesce a farla capire a chi non è di Salerno. Solo noi salernitani possiamo capirla, invito tutti però ad un clima di distensione verso il centenario“. Parole d’amore quelle spese dal medico sociale della società granata Italo Leo,  “Ci vogliamo ammazzare per far capire a loro cosa significa tifare Salernitana? – ha sottolineato Leo – è impossibile. Per questo chiedo una distensione della piazza rispetto a questa società. Chi non è nato a Salerno non potrà mai sapere cosa abbiamo vissuto. È arrivato il momento di una tregua, sentimentale”.

Sulla possibilità di calcare un palcoscenico più importante, Leo ha le idee chiare:Mi auguro una presidenza Mezzaroma, senza nulla togliere a Lotito. Ma è chiaro che si spera di arrivare più in alto a livello nazionale e non sarà pensabile avere due squadre nella stessa categoria”. 

 

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