Un salernitano con oltre cento presenze all’attivo in granata e una storica promozione. Marco Pecoraro Scanio è stato tra i pochi salerntiani capaci di lasciare un buon ricordo della sua esperienza con l’ippocampo sul petto. Ha indossato la maglia della squadra della sua città in due riprese: prima nella stagione ’83-’84, poi dal 1988 al 1991 prima di chiudere la sua carriera – durante la quale ha giocato anche ad Avellino – con Ancona e Lecce. Proprio con i marchigiani ha vissuto la sua avventura più importante in massima serie arrivando, nel 1994 (l’Ancona era in B) a contendere la Coppa Italia alla Sampdoria di Eriksson che dopo lo 0-0 dell’andata si impose per 6-1 nella gara di ritorno. Poi l’esperienza politica che lo ha portato ad essere Senatore dal 2006 al 2008, sempre con la sua città nel cuore.
Il campionato 1983/1984 con Japicca presidente: “In quegli anni la Salernitana veniva chiamata la ‘Juventus della Serie C – ricorda Pecoraro Scanio ai nostri microfoni – Ma puntualmente non si riusciva a centrare l’obiettivo della promozione in Serie B”. I perché di quei fallimenti sportivi: “Nel calcio ci vogliono tante componenti, serve il giusto allineamento pianeti. Squadra, società e tifoseria devono remare unite verso la stessa direzione. Quell’anno la società fu lontana da Salerno, forse quell’aspetto incise particolarmente. Io ero molto giovane, c’era un allenatore molto bravo come Mario Facco e tanti ottimi calciatori ma non qualcosa non andò”.
Poi il ritorno nel 1988, quando a Salerno arrivò di Bartolomei: “Il 3 giugno del 1990 fu la festa di tutti. Credo che il merito fu soprattutto di una persona che in molti non ricordano con la dovuta attenzione, ovvero mister Ansaloni. Dopo la prima stagione con Di Bartolomei eravamo davvero col morale a terra, Ansaloni arrivò e cercò di trasmetterci un’idea di calcio col 4-3-3, poi venne a Salerno senza famiglia e ci fece allenare come doveva, era continuamente concentrato sul progetto Salernitana, già in ritiro ci rendemmo conto che le cose erano cambiate dove la stagione fu impostata molto bene. Mi fa piacere ricordare anche Perugini, il preparatore atletico, il cui apporto fu importantissimo per raggiungere quel traguardo”.
Il rapporto con Ago: “Avevamo un ottimo rapporto, molto sentito. Spesso dormivamo insieme in ritiro, lui amava studiare e leggere, era una persona con mille curiosità e progetti. L’errore poteva essere quello di pensare che fosse a fine carriera ma lui aveva lo spirito di un adolescente ed era un grande professionista. Per uno giovane come me fu un grande esempio. Si calò in quella esperienza e nella seconda stagione si prese la sua rivincita, con il gol a Brindisi che coronò tutti i suoi sforzi da professionista”.
Dopo trent’anni il Vestuti cerca una nuova chance: “L’impiantistica sportiva deve ripartire a trecentosessanta gradi, più si frequentano gli impianti più persone sane avremo. Sono dell’idea che bisogna dotare qualsiasi spazio comunale di ambienti di aggregazione ma non solo per lo sport, anche per l’arte e la cultura. Una struttura come lo Stadio Vestuti può essere un contenitore che ricorda quello che è avvenuto ma anche quello che dovrà avvenire”
Intanto il calcio italiano si appresta a riprendere dopo lo stop per l’emergenza coronavirus: “Abbiamo avuto la conferma che lo sport è schiavo dei soldi, dei contratti. Purtroppo sono stati assecondati gli aspetti economici, in questo modo si è capito chi governa il mondo dello sport. Questa poteva essere l’occasione giusta per ripensare un po’ tutto il settore ma probabilmente le pressioni del caso non hanno consentito di riflettere”.
Infine una considerazione su Lotito e la multiproprietà: “Ho una posizione netta in merito. Chi ha una società non può averne un’altra a meno che non si parli di seconde squadre nei dilettanti. In questo modo si penalizzano le culture sportive delle città, nessuna tifoseria vuole avere le ali tarpate”. Ed effettivamente sembra essere successo proprio questo alla tifoseria granata: “Salerno ama vincere e vedere il bel calcio. Quando si va allo stadio non si dovrebbero avere secondi fini e secondi pensieri, bisogna godersi lo spettacolo per quello che è”.
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