Per due stagioni ha tenuto il centrocampo granata con qualità e quantità, uno dei pochi calciatori provenienti dalle giovanili della Lazio che ha soddisfatto le aspettative con la maglia della Salernitana, rimanendoci con discreta continuità e vincendo pure qualcosa: un campionato, una Supercoppa di Seconda Divisione e una Coppa Italia di Serie C. Riccardo Perpetuini è stato ospite ieri sera di SalernitanaNews in diretta su Instagram. Dopo l’addio al calcio, ha preso la strada dell’odontoiatria, come racconta ai nostri microfoni: “Alcune volte il calcio ti fa distaccare dalla realtà. Ora ho preso vero contatto con la vita e non rimpiango la scelta. Il mio momento era arrivato, quando non hai più stimolo di andarti ad allenare, un esame di coscienza devi farlo. In carriera magari ho sbagliato qualche scelta, non la Salernitana ovviamente che è stata una delle pagine più belle, ma non ho mai pensato di tornare nel mondo del calcio, ero molto cosciente quando ho preso quella decisione. Se mi manca qualcosa è vivere lo spogliatoio, scherzi, gioie, dolori o momenti di tensione. Ho giocato sempre in piazze molto calde, quindi preparare la partita, uscire e vedere i tifosi, gioire dopo le vittorie o essere contestati erano cose belle perché non c’era indifferenza”.
Ha smesso nel 2016 dopo aver vestito anche le maglie di Cremonese e Mantova. Oggi Perpetuini è medico odontoiatra, ieri era uno dei tanti laziali mandati a farsi le ossa in granata. Il classe 90 spiega come mai è così difficile esprimere tutto il proprio valore in granata: “Salerno non è facile, esci da un settore giovanile blasonato, dove la considerazione che hanno di te è alta perché i media ti esaltano molto anche a livello giovanile. Arrivi a ridosso della prima squadra e quindi ti senti da Serie A, poi vai a Salerno dove vogliono vedere la maglia tatuata sulla tua pelle e ti trovi con gente con esperienza e qualità. Ti scontri con il fatto che non giochi sempre nonostante tu ti aspettassi così perché scendi da una serie superiore e anche i procuratori te lo avevano assicurato, quindi rischi di diventare una meteora. Mendicino? Con lui c’era tanta intesa, giocavamo insieme da quando avevamo 13 anni, poi eravamo anche compagni di stanza, c’era affinità”.
Perpetuini quindi ripensa alla carriera con la maglia del cavalluccio: “Il primo anno la squadra era molto superiore alle altre. La partenza fu zoppicante perché trovare equilibrio non è mai semplice, ne pagò le conseguenze Galderisi che però secondo me è un tecnico preparato, con idee di gioco importanti e che mette il gruppo davanti a tutti. Ha pagato anche lo scotto di essere salernitano, perché nessuno è profeta in patria. Qualche scelta sbagliata, scontrandosi con un presidente altrettanto esuberante, ha fatto la sua parte. Poi Perrone ci ha dato equilibrio mentale con la serenità che ci ha trasmesso, quando potevamo entrare invece in un vortice di negatività. Facemmo una cavalcata e rispettammo i pronostici. L’anno dopo? Cambiare tre volte allenatore in una stagione vuol dire che qualcosa non va. Di Gregucci ho un bel ricordo, tirammo fuori il meglio anche perché dal punto di vista umano era una bella persona oltre ad essere preparato tecnicamente, forse arrivò un po’ troppo tardi. Alla fine trovammo il Frosinone più in forma nella nostra peggior partita con Gregucci. Forse arrivammo a quella partita un po’ scarichi, inconsciamente l’abbiamo anche un po’ sottovalutata perché qualche settimana prima avevamo giocato alla grande contro lo stesso avversario. Probabilmente avremmo anche dovuto vivere l’ambiente di Salerno durante la preparazione della partita, invece andammo per dieci giorni in ritiro”.
Dopodiché la separazione: “Andai via perché da parte della società poi non c’era volontà di tenermi, volevano più giocatori di categoria da affiancare a Pestrin. Detta così avrei potuto dire la mia perché in campo spesso ho ribaltato le aspettative. Andai a L’Aquila e fu una bella esperienza fino a quando non mi infortunai e poi scoppiò anche il caso calcioscommesse”.
Tra i ricordi più belli, la vittoria della Coppa Italia di Serie C e il gran gol contro il Perugia: “Vincemmo la Coppa Italia e fu una bella soddisfazione, poi tutti a inizio anno hanno la volontà di vincere qualcosa. Abbiamo giocato contro squadre attrezzate e portammo a casa il trofeo, quindi siamo ricordati nella storia per averlo vinto. Certo chi gioca in Serie C gioca per essere promosso in B, ma avere il trofeo è una bella consolazione. Il mio gol più bello fu quello contro il Perugia, ma fu bello anche quello con l’Aprilia l’anno precedente. Col Perugia però era anche una gara più importante, alla fine pareggiammo ma probabilmente fu la nostra miglior partita nell’era Gregucci”.
Sulla Salernitana del presente invece commenta: “Non ho visto tante partite, però sono stato attento a classifiche e notizie. Premetto che assumere Ventura vuol dire fare un progetto vincente a medio termine. Poi mancano ancora dieci partite, può succedere di tutto e alla fine i playoff sono una lotteria. Spesso accade anche che la squadra con meno riflettori addosso ne esce vincente. Prendere Ventura significa lavorare per costruire qualcosa quindi bisogna anche saper aspettare per vedere i risultati. Lombardi? Ha avuto tempo per maturare prima di fare questo passo e stava facendo una gran stagione. Gli auguro di tornare in Serie A, con la maglia della Salernitana o con un’altra”.
Insomma per l’ex Lazio bisogna anche fidarsi dell’operato di Claudio Lotito: “Lui riesce a ottenere quasi sempre ciò che vuole. Fa della determinazione la sua arma vincente. È un imprenditore a tutti gli effetti e quindi resta sempre lucido sul discorso bilanci e investimenti, cosa giusta perché non esistono più realtà dove puoi sperperare tutto. Alla Lazio e alla Salernitana qualcuno si è lamentato di questo, ma lui rende le proprie società forti e stabili. È uno che punta a vincere, quindi sicuramente ha la voglia di arrivare in Serie A, ci ho parlato più volte e nel suo messaggio c’era questa volontà. Non è uno che gioca tanto per giocare. Aneddoti? Attese di ore, chiacchierate di notte, ce ne sono tanti. Anche se non era sempre presente perché ha mille cose da fare, sicuramente come presenza nelle decisioni cardine invece c’è sempre”.
Infine è impossibile non parlare della situazione senza precedenti dettata dal Covid-19: “Intorno al calcio ci sono tantissimi interessi, la vitalità di una società si lega anche ai soldi che entrano con sponsor e diritti televisivi. Quindi è normale che le società vogliano concludere la stagione. Inoltre ci sono professionisti che hanno duramente lavorato per raggiungere i propri obiettivi e se li vedono sfumare. Però ovviamente la ripresa deve avvenire con tutte le precauzioni del caso, finché non ci sarà una cura o un vaccino bisogna fare le cose con la massima attenzione. Sentivo che la preoccupazione è se una volta ripreso si dovesse trovare un calciatore positivo. La risposta suggerita era amplificare i controlli su quella squadra e cercare di mantenere la situazione. Secondo me la cosa migliore, nel caso si voglia finire il campionato, è circoscrivere tutte le squadre in ritiro. Ti accerti col tampone che nessuno sia positivo e poi è difficile essere contagiati se nessuno esce e non entra in contatto con altri. La vera Italia la vedremo quando si troverà una cura o un vaccino. Fino ad allora non tornerà tutto proprio come prima, la gente avrà ancora une certa paura di abbracciarsi allo stadio come nei bar. Inoltre anche nella ripresa si deve avere una certa responsabilità, gli italiani non sono i migliori a seguire le regole, ma se non per noi bisogna farlo per chi è in difficoltà. Gravare sugli ospedali sarebbe estremamente irresponsabile”.
Sulla diatriba tra calciatori e società riguardo ai tagli agli stipendi Perpetuini si schiera con la classe di cui ha fatto parte, volgendo lo sguardo alle serie minori: “Non si può chiedere di tagliarsi lo stipendio a un ragazzo che prende circa 1500 euro al mese vivendo fuori casa. So che anche per le società è difficile, ma dovrebbero almeno trovare un modo di sostenere questi giocatori, magari anche solo pagandogli vitto e alloggio. Avendo giocato in Serie C conosco le difficoltà che qualcuno può avere, perciò non sono d’accordo sul toccare gli stipendi dei giocatori in serie minori senza pensare a qualche agevolazione”.
Comunque negli ultimi giorni la ripresa è stata trattata come un imperativo, quindi tanto vale anche fare un pronostico su chi saprà farsi trovare meglio: “Il fatto di rimanere fermi per vari mesi non aiuta. Cerchi di non mollare con la testa ma, vuoi o non vuoi, per forza di cose lo fai. Anche perché i ritmi di allenamento che puoi sostenere a casa sono diversi che in campo. Qui entra in gioco lo staff tecnico e la loro capacità di spronare e ricaricare le batterie, mentali più che fisiche. Poi dipende anche dalla situazione di classifica, per esempio essersi fermati in un momento di slancio può essere diverso rispetto a chi era in una situazione più tranquilla. Magari chi veniva da una situazione negativa ha staccato e avrà tanta voglia e forza di rifarsi. È più difficile per chi aveva un trend positivo cercare di confermarlo. Anche perché poi quando vieni da un buon periodo entri in campo in maniera diversa, ti senti invincibile, questo verrebbe a mancare”.
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