La maglia numero nove granata sulle sue spalle dopo il lungo tormentone estivo di mercato. La scelta di Salerno per il calore della sua gente. Gennaro Tutino non si è mai nascosto, dall’inizio alla fine. E ha sempre segnato dall’inizio… alla fine. Anche a Pescara ha timbrato il cartellino, per la tredicesima volta, a sugellare una stagione memorabile. I gol sono la specialità della casa: “Il più bello l’ho realizzato su calcio di rigore a Lignano Sabbiadoro, contro il Pordenone: undici metri e il peso della città sulle spalle. Quello è stato il gol più pesante”. Dichiara l’ex Cosenza in un’intervista concessa al quotidiano Il Mattino nel day after della promozione. Una promozione arrivata grazie al duro lavoro, all’unità del gruppo e a Fabrizio Castori: “<Castorizzati> significa fiondarsi su ogni pallone, anche quello che rimbalza all’ultimo secondo. Significa giocare come ci si allena: intensità, ritmo, motivazioni feroci. Tante volte abbiamo vinto assaltando e rimontando: non è accaduto per caso. Gyomber e Bogdan sono le nostre rocce in difesa ma l’aggressione al portatore di palla avversario cominciava sempre nella nostra trequarti: siamo stati noi attaccanti i primi difensori della Salernitana. È stata un’impresa sportiva conquistata palmo a palmo, mattone dopo mattone, attraverso gli sforzi, i sacrifici, assaltando e rimontando. Ci dicevano che eravamo brutti a vedersi. Noi, invece, badavamo al sodo: contava essere concreti. Ci abbiamo creduto sempre, fino alla fine, fino al 95′, com’è accaduto contro il Venezia. Abbiamo firmato l’impresa: abbiamo realizzato qualcosa di incredibile per i tifosi e per la città. È stato possibile grazie all’impegno di tutti: abbiamo pensato con la stessa testa, ci siamo mossi – in campo e fuori – come un blocco monolitico. Squadra forte caratterialmente e temprata, ma anche gruppo e famiglia. Ogni difficoltà, durante il nostro cammino, l’abbiamo trasformata in opportunità e mai in alibi: la Salernitana ha vinto perché non ha mollato mai”.
Una stagione trionfale, ma anche in alcuni momenti anche difficile. Tre ko di fila (contro Monza, Empoli e Pordenone) sul finire del girone d’andata avrebbero potuto minare le certezze della squadra. Ma questa Salernitana ha avuto la pelle dura: “Dopo il periodo no, dopo le tre sconfitte consecutive che erano maturate al termine del girone d’andata abbiamo capito di essere sulla strada giusta – dice il classe ’96 – Sono state salutari: ci siamo guardati negli occhi e dalle sconfitte contro Monza, Pordenone ed Empoli abbiamo costruito la nostra mentalità”. Tutino è stato uno dei punti di forza dell’ippocampo. A volte però è stato anche relegato in panchina o sostituito, come successo nella penultima sfida contro l’Empoli, con qualche mugugno del giocatore: “Tutto nato e finito già al triplice fischio di Salernitana-Empoli: volevo aiutare i compagni, non l’ho fatto per amor proprio. Poi la foga agonistica ha lasciato spazio alla lucidità: la Salernitana ha avuto bisogno di tutti e in quel momento Gondo e Djuric avrebbero fatto meglio di me”.
Dediche speciali per una promozione altrettanto speciale: “Ho parecchie dediche: alla mia famiglia che mi ha sempre incoraggiato e anche a me stesso. Mi metto allo specchio e dedico tutto a Gennaro Tutino. Non era facile, anzi maledettamente difficile imporsi a Salerno: c’erano molte aspettative della tifoseria, dopo una trattativa lunga, travagliata, ma conclusa con il club che mi aveva cercato più di tutti, che mi ha fortemente voluto”. E adesso il nodo principale. Il futuro. La volonta di Tutino è chiara e la società ha un’opzione da far valere: “Non ho peli sulla lingua: voglio giocare a Salerno e spero fortemente di vestire la maglia granata. Dipende da una clausola, che la Salernitana può onorare: se accadesse, sarei enormemente felice, perché significherebbe stima e fiducia raddoppiate. Quando ho firmato, c’erano due clausole: promozione in Serie A della Salernitana e 15 gol realizzati. Ne no segnati 13 ed a questo punto l’obbligo di riscatto diventa diritto che la Salernitana può esercitare. Lo spero con tutto il cuore”. Il desiderio, d’altronde, è quello di sfidare il suo Napoli: “Se chiudo gli occhi e penso ad uno stadio di Serie A, teatro del mio debutto con la maglia della Salernitana, immagino il “Maradona”, contro il Napoli. Sono un ragazzo dei Camaldoli, adesso voglio il derby”.
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