Domenica sera Danilo Iervolino ha lasciato lo stadio in anticipo, anche prima del fischio finale, al 66′, di Doveri. Il patron, come ha spiegato nel post gara l’ad Milan, era arrabbiato ed amareggiato, ma sta già pensando alla ripartenza. “C’è un misto profondo di amarezza e delusione. Non solo per la retrocessione, ma per come si è consumata. Abbiamo visto svanire anni di sacrifici, investimenti e passione. Il calcio dovrebbe premiare il merito, l’impegno, la progettualità. Purtroppo, in questa stagione, abbiamo assistito a episodi che hanno minato la fiducia nel sistema e nella sua equità”, dice Iervolino in una lunga intervista concessa al Corriere dello Sport. “La gara dell’Arechi è stata il punto più doloroso, perché ha mostrato una frattura tra le emozioni di una città e la freddezza delle regole. Non giustifico la
violenza, mai – prosegue il massimo dirigente granata. Ma comprendo il senso di frustrazione collettiva. Quando si perde la fiducia nel sistema, esplode l’incomprensione. E questo è un segnale d’allarme che le istituzioni calcistiche non possono ignorare. Non è un episodio isolato, è il sintomo di qualcosa di più profondo”.
La rabbia dei tifosi granata si è abbattuta soprattutto sui calciatori e non su Iervolino che definisce però la cosa come “una responsabilità enorme, non una consolazione. Il fatto che tanti tifosi non mi abbiano contestato direttamente è per me motivo di rispetto e gratitudine. Ma so di aver deluso le aspettative di chi ama questa maglia. E questo pesa. Non mi sono mai nascosto, ci ho messo la faccia anche nei momenti più difficili. Ma questo affetto, silenzioso o esplicito, mi obbliga a riflettere ancora più a fondo sul futuro. È il grido di un amore tradito. I tifosi vogliono gente che sudi la maglia, che lotti fino all’ultimo secondo. Quando questo non accade, il legame si spezza. Serve rispetto per questa piazza, che non perdona chi viene qui solo di passaggio. Questo grido non va ignorato: è un punto fermo per chiunque vorrà far parte della Salernitana”.
Inevitabile un passaggio sulla direzione arbitrale di Doveri domenica sera: “Quando due episodi identici vengono valutati in modo opposto nella stessa partita, il dubbio non è più un dettaglio, è un grido. E se quel grido non trova ascolto, diventa rabbia. Noi siamo stati penalizzati, questo è un fatto incontrovertibile. E se perdi non solo sul campo, ma anche nelle stanze dove si dovrebbe garantire giustizia, è legittimo parlare di sconfitta doppia”. Iervolino ha commentato anche il caos che ha costretto la disputa del playout a quasi un mese di distanza, da quando si sarebbe dovuto disputare (19 maggio): “Non voglio parlare di alibi. Ma la gestione dei tempi è stata un danno oggettivo. Fermare un campionato per un mese, in attesa di decisioni tardive, ha tolto ritmo, lucidità, motivazione. I ragazzi si sono trovati a vivere una stagione sospesa, difficile da leggere e da affrontare. Serve una riflessione seria: così si compromette la credibilità di un’intera competizione”.
In un anno, doppio salto all’indietro per la Salernitana, frutto di errori di gestione: “È uno dei grandi paradossi del calcio italiano. Chi impegna mezzi propri, chi rispetta i parametri, spesso si ritrova penalizzato rispetto a chi convive con situazioni debitorie fuori controllo. Il sistema premia chi sopravvive per inerzia, non chi costruisce con visione. Serve una riforma profonda, seria, non più rimandabile. Altrimenti, tanti investitori smetteranno di credere in questo sport. È vero. Ne esco sconfitto, ma a testa alta. Ho dato tutto quello che potevo, mettendoci il cuore oltre il capitale. Ho trovato un sistema spesso chiuso, autoreferenziale, incapace di cambiare. Ho commesso errori, ma non ho mai rinunciato a credere in un calcio migliore. La sconfitta è amara, ma può essere anche un seme per ripartire. Se c’è delusione, c’è anche coscienza. E la coscienza, se non la si tradisce, ti permette sempre di rialzarti. Quando sei il proprietario, ogni decisione è tua. Ho sbagliato a fidarmi di alcune scelte tecniche, a non trovare continuità nella guida sportiva, a non costruire una base solida e lunga nel tempo. Ho ascoltato troppo chi mi diceva “servono cambiamenti” e poco chi suggeriva stabilità. Ho commesso errori, ma mai in mala fede. Sempre con il desiderio di migliorare. È stato un errore evidente. La discontinuità logora, destabilizza, spezza lo spirito del gruppo. Ho pensato che intervenire fosse l’unica soluzione, invece serviva tempo e pazienza. Abbiamo fatto una scommessa rischiosa: cercare motivazione in chi doveva ancora guadagnarsi un rinnovo. Ma in un contesto così difficile, ha funzionato poco. Serve progettualità, una rosa che senta l’appartenenza. Questo sarà un punto cardine della ricostruzione”.
Iervolino ha precisato anche di non aver ricevuto appoggio nella realizzazione di strutture: “La verità è che mi sarei aspettato una risposta diversa dal tessuto imprenditoriale locale. Costruire infrastrutture significa lasciare un’eredità, creare valore stabile, dare casa a una passione. Ma da soli non si può fare tutto. Ho provato a stimolare energie, creare sinergie, ma ho trovato scarso entusiasmo e poca partecipazione. Serviva uno sforzo corale che non c’è stato. Non voglio accusare nessuno, ma è evidente che senza il supporto convinto di un’intera comunità economica, è difficile realizzare progetti di ampio respiro. Anche questa, purtroppo, è una lezione che porto con me”.
Infine il patron ha voluto precisare, non lascia ma raddoppia: “Non penso affatto alla resa. Penso alla ricostruzione. Questo è il tempo della riflessione, certo, ma anche della determinazione. La Salernitana non può finire qui. C’è una ferita, ma anche una voglia profonda di riscatto. Ripartiremo con idee più chiare, con basi più solide, con scelte coerenti. A chi spera che io molli, rispondo che non ho mai amato le uscite di scena. Amo le sfide, e quella che mi attende oggi è forse la più dura, ma anche la più autentica. Perché chi ama davvero, resta. E io rimango qui per rilanciare questa maglia e questa città”.