Un parterre d’eccezione da piazza Garibaldi a Rivisondoli. L’incontro “Il calcio di domani” ha visto protagonista, tra gli altri, il numero uno della Federcalcio, nonché vicepresidente UEFA Gabriele Gravina: “Grazie a Danilo Iervolino e alla Salernitana per aver scelto di passare qualche giorno in questa meravigliosa terra che ha dato un abbraccio caloroso alla squadra”. Tanti i tifosi che stanno accorrendo nella cittadina abruzzese e tutto questo genera valore economico per il territorio, come sottolinea il presidente della FIGC dal palco di Rivisondoli: “Oltre quarant’anni fa abbiamo lanciato l’industria del turismo sportivo, in un periodo di difficoltà del terziario. È stata un’intuizione legata alla capacità di rivoluzionare dall’interno un modello economico che ha mixato tutto ciò che ci può essere di materiale, relazionale e spirituale. Oltre all’idea di creare ricchezza c’è un messaggio legato a una forza straordinaria che è la speranza. Quando dai un’idea progettuale – e la Salernitana sta dando un’idea tangibile in questo senso – metti insieme intelligenza politica a dolcezza della passione civile di tutti coloro che oggi a livello di imprenditorialità e sensibilità mettono a disposizione di quelli che vogliono vivere questa terra dell’Alto Sangro”. Il sistema calcio in Italia, denuncia Gravina, non ha visione e naviga a vista: “Ci troviamo in una situazione in cui il Lecco è in terza categoria solo perché non ha lo stadio mentre il Brescia, i cui tifosi hanno saccheggiato il loro stadio perché sono retrocessi, si ritrova in B. C’è qualcosa che non va…”.
Un’inchiesta del settimanale L’Espresso, in edicola domani, esorta a riforme nel mondo del calcio italiano, denunciando il rosso in bilancio dei più grandi club italiani: “L’indebitamento consolidato del calcio è di 5,6 miliardi ed è cresciuto del 4,4%. È diminuito anche il valore della produzione. L’industria comunque è trasversale, ha dodici settori merceologici e conta una partita ogni 55 secondi in media. Mi preoccupa il rapporto tra il valore della produzione e il costo del lavoro. Se lo valutiamo al netto delle plusvalenze arriviamo al 90% in A e al 104% in C. Ci siamo cullati nel rincorrere in maniera errata un concetto che in economia di mercato oggi è sbagliato, quello della crescita. Abbiamo abbandonato quello dello sviluppo sostenibile”.
“In Italia ci sono tante catene, dobbiamo fare in modo che per la parte in capo al Governo ci siano progressi: quello che è avvenuto al decreto crescita noi lo applichiamo ai calciatori. È come se applicassi il concetto al mio capannone e non lo posso fare. Il calciatore è un mezzo di produzione, per questo c’è rincorsa a tesserare sempre più stranieri e siamo arrivati a numeri non più sostenibili. Qualche presidente importante di Serie A si vanta dell’aver ottenuto una rateizzazione. So benissimo che in pandemia e nel post a vantaggio di alcuni settori ci sono stati provvedimenti importanti ma i problemi non si risolvono rinviando di 5 anni la copertura delle perdite o rateizzando il debito fiscale. Stasera qui c’è una società virtuosa, non è giusto alterare il valore dell’equa competizione: facciamo un piano industriale come FIGC, qualcuno ci supporti affinché tutti i club partecipino tutti nello stesso modo e non che chi paga retrocede e chi non paga a volte vince”.
Tra meno di un mese partirà la Serie A, ma negli altri campionati professionistici italiani è tutt’altro che ai nastri di partenza: “Siamo pronti, sarà un campionato importante. Riparte con alcune modifiche nell’asset delle forze geopolitiche nazionali. Come sappiamo, qualcosa che è cambiato nella geografia calcistica e questo rende il campionato ancora più affascinante. Ci sono realtà medio-piccole che si stanno attrezzando in maniera molto attenta. Alcune realtà stanno sopperendo alle capacità economico-finanziare rilevanti dei grandi club con l’ingegno e la progettualità. Qui questa sera c’è una di queste, la Salernitana. Il calcio vivrà un’estate abbastanza infuocata nei tribunali, per ragioni che prima o poi dovremo affrontare in maniera decisa. Nel calcio si vince ma si può anche perdere e quando si perde bisogna dimostrare di aver assimilato il senso della sconfitta, che non piace ma va accettata. Pensare che ogni anno i campionati italiani debbano subite un impatto negativo per colpa di chi ha perso e attende riammissioni o ripescaggi non fa bene allo sport e ai suoi valori. Oltre a fare un danno al brand del calcio italiano, proprio quando stiamo cercando di valorizzarlo”.
“Ho letto che mi incolpavano di non aver evitato che i calciatori lasciassero la Serie A per andare in Arabia Saudita. Di giocatori che hanno giocato in Italia sono andati via due: Milinkovic-Savic e Brozovic, che comunque si sarebbero trasferiti altrove. Mi sembra strano, perché qualche anno fa nessuno si è meravigliato che circa 72 giocatori sono andati in Cina oppure in America. Non riesco a capire questa preoccupazione. Il calcio, ormai, è un fenomeno globale”.
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