Da Salerno verso il grande calcio. La Salernitana è stata il trampolino di lancio per Marco Di Vaio verso una carriera importante: “Sono passati tantissimi anni. Furono due stagioni intense, da ragazzo però non percepisci bene ciò che vivi al momento, col tempo ho relizzato di aver avuto un’esperienza unica. I tifosi amavano me e la squadra, c’era un feeling particolare. Salerno è una città splendida, ha pochi eguali come piazza in Italia e nel mondo, purtroppo è finita male con una retrocessione immeritata per cosa avevamo fatto sul campo. Mi ricordo ancora la mozzarella con i pomodorini, il mio piatto preferito che ho mangiato lì. Non mi dimentico la gente con la mia maglia, soprattutto i bambini, ciò mi dava tanta responsabilità. Ci fu un episodio spiacevole con un tifoso che mi insulto e mi lanciò una sigaretta. Non l’ho considerato un vero tifoso granata, perché i veri tifosi mi hanno sempre rispettato e io con loro ho fatto lo stesso”, ricordi nitidi per il bomber romano durante la diretta sul nostro account Instagram. L’attuale dirigente del Bologna comincia un excursus per spiegare il suo arrivo in granata: “La mia carriera è inziata bene con l’esordio in prima squadra con la Lazio. Iniziai anche a segnare, ma avevo voglia di giocare, non fui paziente e decisi di andare via, col pensiero però di tornare a Roma, ma ciò non successe mai. Tra Verona e Bari non andò bene, poi arrivò la chiamata della Salernitana. Accettai subito d’istinto il trasferimento a titolo definitivo perché volevo tagliare il cordone con la Lazio per misurarmi, anche se andavo in una squadra che si era salvata dalla retrocessione in C e che non aveva ambizioni di promozione. Aliberti spese 5 miliardi per me che ero una scommessa. Appena sono arrivato a Salerno e ho messo piede nell’Arechi ho sentito un’energia particolare e ho capito che era il posto giusto. Un mio rammarico è stato non tornare, non c’è mai stata l’opportunità. Purtroppo anche da avversario non ho mai più incrociato la Salernitana”.
Capocannoniere nella prima annata in B con 21 gol che valsero la promozione, 12 reti l’anno successivo in massima serie: “Facemmo un ritiro precampionato lunghissimo con Delio Rossi, infatti in campo andavamo forte. Giocammo subito contro il Bari ed uscimmo in Coppa Italia, poi cominciammo un grande campionato. La svolta ci fu a Venezia. Purtroppo in quel periodo ci fu la tragedia della frana vicino Salerno e il pubblico ebbe grande rispetto nel festeggiare. Fummo promossi con cinque giornate di anticipo e quindi festeggiammo nelle settimane successive. Ricordo che ci tingemmo i capelli granata, con la lettera A. In Serie A facemmo bene contro le grandi, battendo Roma, Lazio, Juventus e Inter, però perdemmo tanti punti in casa. Le partite decisive furono il pareggio all’Arechi con la Fiorentina e la sconfitta di Cagliari. Io non cominciai bene, all’inizio non segnavo e sentivo la responsabilità; fortunatamente nel girone di ritorno mi sbloccai, grazie anche alla maglia che mi portarono le Iene”. La forza di quel biennio granata era il gruppo: “Il gruppo era fantastico. C’erano i fratelli Tedesco, Giacomo rompeva le scatole a tutti e capitava spesso che si litigasse, ma poi arrivava Giovanni e metteva le cose a posto. Avevo una gran sintonia con Artistico, uno come lui avrebbe fatto comodo anche in A. È uno dei più forti con cui ho giocato a Salerno, con Ricchetti, Di Michele e Giampaolo anche avevo un buon feeling e mi sono divertito tanto. Eravamo uniti, abbiamo remato tutti insieme dall’inizio alla fine. Mi ricordo che cenavamo insieme ogni sera durante la settimana, andavamo a casa di Tosto, di Rachini o di Cudini e il giovedì offrivamo la pizza a turno io, Artistico e Napolioni. Andavamo anche spesso a giocare a bowling”. L’ex attaccante rimembra emozioni bellissime e il suo rapporto speciale con Delio Rossi: “Il mio gol più bello in granata è sicuramente quello contro il Pescara di esterno destro, bellissimo per azione e finalizzazione. Quello più importante ovviamente contro la Juventus, vincere davanti a quasi 40mila persone è stata una sensazione indescrivibile. Anche la mia tripletta in A contro il Bologna in casa, chi se la scorda. Mister Rossi è stato importantissimo per me, mi ha dato fiducia subito, facendomi crescere e migliorare e aiutandomi anche in momenti particolari. In Serie A i risultati ad un certo punto non lo supportavano più, anche se giocavamo bene. Arrivò Oddo che diede tranquillità all’ambiente, ma non riuscimmo per poco nel miracolo”.
Il classe ’76 parla anche del suo rapporto col presidente Aliberti e del suo addio nel ’99, direzione Parma: “Il presidente Aliberti ha creduto in me, non solo a parole, ma anche investendo una bella cifra, e non posso che ringraziarlo. Mi è dispiaciuto per come ha concluso a Salerno, andrebbe sempre ricordato per quello che ha fatto in una piazza non facile. Quando arrivai a Salerno non ero nessuno e mi sono guadagnato la chance a Parma. La Salernitana incassò 18 miliardi, facendo una bella plusvalenza. La cessione fu un’esigenza societaria in primis e poi io volevo alzare l’asticella. Se fossimo rimasti in A, sarebbe stato più difficile andare via. In gialloblù ritrovai Breda che mi aveva aiutato tanto in granata. Già dimostrava ai tempi di poter fare l’allenatore”. Come detto, dopo Salerno ci fu Parma e un percorso in crescendo tra Juventus, Valencia, fino all’esperienza francese col Monaco e le apparizioni in maglia azzurra: “Qualche rimpianto ce l’ho, ho cambiato forse troppe squadre, non ho avuto la pazienza di aspettare. Ero in continua ricerca di voler giocare, ma era più un mio approccio sbagliato con ambienti ed allenatori, non dipendeva dalle squadre. In Nazionale potevo fare di più. Deciso di andare all’estero, al Valencia che fu una bella esperienza. Probabilmente però, dopo Euro 2004, dovevo rimanere alla Juve per giocarmi la convocazione al Mondiale sarebbe stata la cosa più giusta da fare. Dopo l’esperienza al Monaco e il ritorno in Italia, al Genoa in Serie B, poi ritrovare l’azzurro era dura”. Di Vaio chiude parlando della Salernitana attuale, con l’auspicio di un pronto ritorno in campo per dimenticare questa situazione difficile: “La Salernitana sembra sempre lì per poter fare il grande salto, ma non ci riesce. Il presidente Lotito sa fare calcio e lo ha dimostrato. Manca poco per tornare protagonisti e ambire alla massima serie. Alla Salernitana non manca nulla come piazza, storia e passione. La situazione che stiamo vivendo è difficile, serve pazienza e buona volontà. Per tornare a fare sport però ci vogliono certezze, speriamo arrivino al più presto”.
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