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Calcagno (Aic): “Ritiri? Sì, ma non oltre le 2 settimane. Temo che calcio non sia compatibile col virus”

Ritiro e isolamento sì, ma solo per la fase di preparazione fisica alla ripresa del campionato, massimo due settimane: quando (e se) le competizioni ripartiranno, i calciatori non saranno più disposti a rimanere in clausura. Le perplessità discusse lunedì nel direttivo dell’Assocalciatori e che già qualche giorno prima erano venute a galla, sono confermate da Umberto Calcagno, vicepresidente dell’Aic che ieri ha rilasciato una lunga intervista al portale Gianlucadimarzio.com.

“L’ipotesi di giocare su campi neutri presupporrebbe di tenere le squadre in ritiro per un certo periodo in un unico posto. Ipotizzare una soluzione che vada oltre le due settimane di ritiro è difficile anche a livello psicologico, sono ragazzi di 20-30 anni, non si può immaginare di chiuderli come in un circo per due mesi per fargli disputare un campionato che in questo caso avrebbe risvolti complessi da gestire”, ha detto Calcagno in maniera netta e chiara. I calciatori, come le altre componenti del sistema, non hanno ancora in mano il protocollo riveduto e corretto dalla Figc, che ha recepito le stringenti indicazioni del comitato tecnico scientifico del Governo ma tarda a stilare il documento. Probabile aspetti le parole anche del premier Conte (oggi c’è un consiglio dei ministri importanti in tal senso) e che debba anche mitigare la levata di scudi dei medici sociali, poco contenti di doversi assumere in toto – come pare – la responsabilità dell’osservanza dei protocolli e della salute dei giocatori in ritiro.

“Abbiamo lavorato alle prime bozze di protocollo che potevano per noi avere un senso. Si naviga comunque a vista, attendiamo la validazione del nuovo protocollo che ha comunque tante incognite. E poi dipende dalla situazione epidemiologica. Il calcio non può essere decontestualizzato dal resto del Paese. Il nostro è uno sport di contatto, il problema è questo. Non serve essere esperti per capire che al primo caso di contagio la squadra deve andare in quarantena. Ma questo fa capire che così il nostro mondo non può convivere con il coronavirus e per questo sono preoccupato per il sistema. Ci dobbiamo affidare solo al comitato tecnico-scientifico. La FIGC sta facendo un grande lavoro, dovremo farci trovare pronti qualora ci saranno le condizioni per ricominciare. I calciatori vogliono tornare a giocare, ma a determinate condizioni e non a tutti i costi“, il succo delle dichiarazioni rilasciate dal vicepresidente del sindacato dei giocatori.

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