È stata una lunga chiacchierata quella con Alessandro Bernardini in diretta su Instagram. L’ex difensore granata ha risposto a tante curiosità sulla sua esperienza a Salerno e sulla sua carriera. Carriera che da quest’anno è stato costretto ad abbandonare in seguito alle ripercussioni del suo infortunio. Ora l’ex calciatore ha approfittato del ritiro per piantare le radici da cui crescerà il suo futuro, ma nell’immediato è bloccato come tutti dalla quarantena: “Sono chiuso dentro casa, l’unico momento in cui metto il naso fuori è per fare la spesa. In casa provo a inventarmi qualcosa da fare, non è una situazione piacevole, soprattutto dopo la quarta settimana. Io ora vivo a Cantù, in Lombardia, e non è affatto bello. È pesante, poi ho amici a Bergamo e Brescia e stanno passando momenti davvero brutti. Adesso mi sto laureando, era una cosa che volevo fare già da un po’. Avevo tenuto in sospeso l’università da quando ho iniziato col Livorno. Pensavo di finirla a Salerno, avevo anche parlato col rettore, ma l’infortunio ha fermato pure quello. Quest’anno di transizione mi è servito a prendere il patentino da allenatore e per avvicinarmi alla laurea in ingegneria gestionale”.
Poi Bernardini torna sulla decisione di abbandonare il calcio giocato: “Più che decidere Sono stato costretto a smettere. Dopo l’infortunio al tendine destro, portavo tutti i carichi sulla gamba sinistra, e dopo un po’ questa si è iniziata a sovraccaricare. Anche se non sembrava che avessi problemi perché non avevo dolori non riuscivo a reggere nemmeno una spallata coi ragazzi della primavera. Tornerei di corsa a giocare, a Salerno sono stato benissimo. Quello che mi manca di più sono lo spogliatoio e l’adrenalina prima della gara. Durante la vita quotidiana non hai quei momenti, dove ti senti vivo, sapevo che mi sarebbe mancato questo, ma mi manca anche la quotidianità del calcio. Quello che non mi manca sono le dinamiche che si verificavano dopo dei periodi negativi della squadra, ma era solo una parte del contesto che accettavo volentieri. La città è pesante, poi i media sono sempre molto presenti, tra testate televisive e cartacee, infine c’è la società, tra direttore e presidente c’è tanta personalità”.
E chissà che non possa tornare alla Salernitana con un ruolo nello staff tecnico: “La parte tattica mi è sempre piaciuta tanto, quindi se qualche allenatore avesse bisogno di una mano, di un collaboratore, mi farebbe piacere farlo per iniziare. Allenare a Salerno? Come collaboratore lo farei tranquillamente fumando una sigaretta, perché tanto le critiche le prende tutte l’allenatore. Come allenatore invece è un altro discorso, però è una prova in cui tutti vorrebbero misurarsi. Il miglior allenatore avuto a Salerno? Sannino mi ha dato talmente tanto prima della Salernitana che non sarebbe giusto metterlo in classifica. Colantuono l’ho vissuto molto poco perché tra i vari infortuni mi sarò allenato forse un mese con lui. Mi è piaciuto molto come Menichini si è posto di fronte all’ambiente salernitano. L’impressione che mi ha dato è di uno che ha sempre fatto le scelte con la sua testa, senza farsi influenzare da nulla, che fossero condivisibili o meno”.
Negli anni in cui il classe 1987 ha indossato la divisa del Cavalluccio ci sono stati tanti alti e bassi e ne ricorda qualcuno in particolare: “Come partita più bella dico quella con l’Avellino nel 2018, serviva una risposta dopo il girone d’andata e giocammo tutti una grandissima partita vincendo 2-0. Segnò anche Kiyine, Sofiane era già un bel giocatore, era già pronto quell’anno, in alcune partite fa totalmente la differenza e credo possa stare bene in un contesto di Serie A. La peggiore invece fu il ritorno in casa della Ternana nella prima stagione. Quella partita fu brutta, avevamo appena cambiato allenatore e avevamo appena pareggiato col Pescara, quindi pensavamo di poter dare un po’ di continuità e invece perdemmo 4-0, stando già sotto 3-0 al primo tempo”.
Per quanto riguarda i rapporti nello spogliatoio invece racconta: “Perticone era già un amico da prima, quindi non era semplicemente un compagno. Poi ho sempre detto che con Mantovani e Tuia ho avuto un rapporto più stretto. Mi trovavo molto bene anche con Della Rocca. Un aneddoto divertente fu quando dopo un allenamento al Volpe, Fabiani sentì musica venire dallo spogliatoio, eravamo in un momento non bello della stagione e quando entrò trovò Troianiello che ballava incitato da tutti. Gennaro lo vorrei sempre in ogni spogliatoio per la positività che riesce a portare”.
L’ex Livorno svela anche chi sono stati i suoi idoli e le sue nemesi: “A inizio carriera il mio idolo indiscusso era Vieira, anche perché giocavo mediano. Più in là, un po’ per caratteristiche fisiche, cercavo di guardare Materazzi, sia perché era bravo con i piedi sia perché aveva quella cattiveria che a me è sempre un po’ mancata. Gli attaccanti che mi hanno messo più in difficoltà? Ognuno ha le sue caratteristiche e dopo qualche anno impari a conoscerle. Odiavo giocare contro Tavano, ti faceva sentire per settanta minuti il difensore più forte del mondo, poi appena ti distraevi te la faceva pagare. Un po’ perché lo sapevo pativo questa cosa di dover stare sempre attentissimo, mentre con altri magari stavo più sereno e pensavo a giocarmela”.
Tornando al presente Bernardini elegge il miglior difensore della Salernitana: “Dico Mantovani, sia per spingerlo sia perché ci credo. I nuovi non li conosco e quindi non li giudico. Giudico Mantovani che per me è un difensore fortissimo e se ha la fortuna di trovare un allenatore che gli insegni bene i movimenti per una difesa a quattro può diventare fortissimo. L’ho sentito costantemente in questo periodo, sono molto contento sia rientrato, sia perché è un elemento importante per la squadra, ma soprattutto per lui. Sono felice sia finalmente a posto dopo tutto quello che ha passato per questo infortunio. Sono sicuro che quando torneranno tutti a lavoro si metterà in pari con i compagni”.
Giudizio positivo anche per la stagione in corso: “Credo che il campionato sia stato soddisfacente, la squadra ha la sua identità, io ho visto una bella Salernitana. La Serie B è molto equilibrata, le partite spesso non puoi sapere come finiscono ed è inevitabile perdere qualche punto così. Come capita anche il fatto di perdere punti nel finale. Rimpiango di essermene andato proprio quando è venuto Ventura, avrebbe potuto insegnarmi molto dal punto di vista tattico. Quello che manca per fare un passo in più? Un centro sportivo. So che l’hanno migliorato, ma onestamente per come era fino all’anno scorso il Mary Rosy un centro del genere non può ospitare la Serie A. Con la pioggia diventava un macello, a volte abbiamo fatto degli allenamenti quando era impensabile”.
La società però è un punto di forza secondo l’ex calciatore piemontese: “Fabiani è molto calato nel panorama Salernitana, sa come nuotare, sa tenere a bada le acque e sa alzare polveroni. Poi anche il rapporto con il presidente non è semplice da gestire. Con Mezzaroma ho sempre avuto un ottimo rapporto, era più presente e più aperto al dialogo. Con Lotito nemmeno ho avuto un brutto rapporto, abbiamo anche parlato di vari problemi in vari momenti. Loro sono due persone molto attaccate al progetto, ci tengono e lo dico perché è vero. Ero curioso di vedere quest’anno come sarebbe finita, ero fiducioso”.
Infine una previsione sugli esiti di questa interruzione dei campionati: “Per andare allo stadio a vedere le partite passerà ancora molto tempo, ma tornare ad allenarsi e a giocare è già un passo più vicino. In Lega Pro è una situazione più problematica, non saprei da che parte stare e non vorrei parlare a sproposito. Il fatto è che molti stipendi lì sono quelli di lavoratori normali, quindi per i giocatori è difficile rinunciare a diverse mensilità, ma anche le società sono in difficoltà”.
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