Salernitana e Carpi – chi per un motivo e chi per un altro – sono parse due squadre quasi non meritevoli di appartenere alla categoria. Solo la mediocrità di questo campionato permette agli emiliani, grazie al blitz esterno, di tenere ancora accesa la fiammella della salvezza non diretta. La Salernitana esce con le ossa rotte dal confronto e continua a guardare in modo spento e distaccato ad una salvezza non lontana, più per demeriti altrui che per proprie capacità dimostrate.
Castori anche all’Arechi è rimasto coerente col suo credo calcistico fatto di raddoppi, tanta corsa e contrasti abbinati ad un sano agonismo esaltato da marcature preventive e veloci ripartenze. Il quadro biancorosso era e si dimostra “onesto“ per tutti i 90′: due linee difensive a quattro e Crociata libero di agire tra le linee avversarie a ridosso dell’unico attaccante Cissè, autore dei suoi primi due gol stagionali. Gregucci, di contro, nel tentativo di dominare l’avversario ha optato per un centrocampista in più dall’inizio (Minala per accompagnare un Di Tacchio con batterie ormai esauste e un Akpa da mesi anonimo), sacrificando l’utilizzo di un giocatore di fantasia (a lui caro) sulla trequarti come Rosina. In avanti, Djuric ha confermato di essere l’unico giocatore meritevole della sufficienza in pagella negli ultimi due mesi. Al suo fianco, Calaiò dimostra a chi aveva ancora qualche dubbio che questo sport deve essere esercitato da chi ha tecnica e capacità tattica.
La Salernitana tatticamente si mostra deficitaria a centrocampo, sia che giochi a due sia che lo faccia a tre, e paga l’interpretazione del ruolo di playmaker di Di Tacchio. Un regista dovrebbe giocare sempre e solo a sostegno dei compagni e quasi mai in appoggio (sopra palla), dovrebbe essere ordinato e veloce nella gestione della palla, rapido di “mente” e di gamba, capace di leggere le preventive in fase di non possesso, preoccupandosi più degli spazi da chiudere che a rincorrere a destra e a manca una palla indemoniata. Di Tacchio, nella sua esperienza salernitana, si è sostenuto fino a quando la tenuta fisica lo ha sorretto, camuffando qualche limite tattico di interpretazione del ruolo assegnatogli.
Il terzo gol del Carpi, con un bel destro a giro di Crociata, fa capire tutto ciò: nell’occasione, Di Tacchio va a triplicare in fascia su Marsura, esterno di centrocampo avversario già pressato e raddoppiato, piuttosto che accorciare a sostegno dietro ai compagni. Sarebbe stato corretto chiudere la linea di passaggio nella porzione di campo a lui assegnata ed essere attento allo smarcamento di Crociata. Male anche il compagno di reparto Akpa Akpro, colpevole di aver regalato due ripartenze decisive al Carpi in occasione del primo e del terzo gol.
Dalla difesa non sono arrivate indicazioni migliori, con i rispolverati Schiavi e Gigliotti a completare il reparto con Pucino. I difensori granata sono sempre sconfitti negli uno contro uno in fase di non possesso. Gigliotti, sull’azione del penalty che sblocca la partita, non chiude la diagonale sull’inserimento di Rolando, stringe troppo e senza motivo al centro, lì dove l’unica punta da marcare (Cissè) è valutato bene dal duo Schiavi-Pucino in netta superiorità numerica. Nell’occasione del raddoppio emiliano poi, Schiavi fa notare tutta la ruggine derivante dalla lontananza da mesi dai campi di gioco, cercando (e non trovando) un controllo da scuola calcio; contemporaneamente, Pucino non fornisce adeguata copertura al centrale, frattanto uscito per attaccare palla e avversario: l’ex vicentino resta piatto in linea con Schiavi invece di stringere in diagonale verso la propria porta ed evitare di lasciare Cissè libero in area di calciare facile in rete.
Infine, un focus sulle scelte di Gregucci a partita in corso. Rimasto in dieci quasi subito, sceglie di non effettuare cambi, dettando alla squadra un 4-3-2 apparso la soluzione migliore al momento e suffragato anche dal momentaneo 2-2 di metà partita. Dopo il rosso a Lopez, Casasola si abbassa e Gigliotti si allarga a completare una nuova linea di difesa a quattro. Nonostante l’inferiorità numerica, forse nel tentativo di rischiare il tutto e giocarsela a viso aperto, a inizio ripresa chiede a Casasola di alzarsi e a Minala di allargarsi sul lato opposto a sinistra, adottando una sorta di 3-4-2 che si rivelerà disastroso. Dopo il nuovo vantaggio ospite, poi, sostituisce un centrocampista (Akpa) con Rosina, passando ad un 3-3-1-2. Infine, disperato, dopo aver subito pure il 2-4 rimpiazza un difensore (Gigliotti) con Orlando: la Salernitana chiude (beccando un altro gol, pure) con un 2-4-1-2. L’abuso di numeri – voluto e giustificato dalla volontà di provare a dare una ratio, una lettura all’operato tattico – va contestualizzato in un momento che offre tanta, troppa confusione. A tre giornate dalla fine, onestà vorrebbe che in mezzo al campo vi fossero cuore ed equilibrio. Altro che schemi.
Egidio Sironi
30/04/2019 at 10:10
Complimenti ad, Antonio Pappalardo per l’analisi perfetta della partita che, nonostante io non l abbia vista, me l’ha descritta così bene, che, anche in virtù della conoscenza dei calciatori granata, pregi e difetti, ho potuto “capirla” come se fossi stato allo stadio… bravissimo Antonio, oltre che ottimo mister… ottimo opinionista..