In granata Igor Zaniolo ha vissuto una sola, intensa, stagione. Ventisei presenze e cinque reti all’attivo, tutti all’Arechi con Gregucci in panchina. L’ex centravanti ligure è rimasto particolarmente legato alla piazza granata che però “Non è per tutti – Ha sentenziato in un’intervista del collega Pasquale Tallarino per Il Mattino – Dà il cuore ad un calciatore ma poi ti fa anche male, calcisticamente parlando. Ricordo gente con il mal di pancia, prima di una partita: non tutti reggevano la pressione e la tensione, accade anche adesso”.
Nella stagione 2004/2005 fu fondamentale l’apporto di Gregucci: “Era un ottimo motivatore e anche un buon osservatore. Alla fine fece selezione: undici-giocatori-undici, gente con la scorza dura: giocavo con Longo, Shala, Coppola, Palladino che era già un giovane vecchio. Ci compattammo e ci preparammo agli spareggi: le sfide al Modena, al Catania e all’Ascoli, quest’ultima più delle altre, furono partite memorabili, giocate da noi e vissute dal pubblico come finali. La Salernitana di oggi non mi sembra scarsa. Era partita bene”.
Poi, ad un certo punto, il giocattolo s’è rotto: “Non so dire cosa sia successo con Colantuono, allenatore caratteriale, che non le manda a dire. Bisogna capire in che modo lo spogliatoio lo abbia “assorbito“. Ricordo un periodo di totale assenza di comunicazione con Ammazzalorso: stava facendo il male di Salerno e della Salernitana e glielo facemmo capire”. Il rapporto con Gregucci: “Buono. Non è vero che abbiamo litigato. Anzi, in quell’abbraccio prolungato dopo il mio gol, al quale si associarono tutta la squadra e tutta la panchina, c’era la sintesi del momento. La Salernitana era una squadra di uomini, ancora prima di essere calciatori”.
Ora la Salernitana deve rialzare la testa: “Di gente esperta e smaliziata, che si prenda la responsabilità della giocata. Mi pare che sia arrivata dal mercato di gennaio: Calaiò e Lopez sono giocatori che possono far crescere il gruppo anche dal punto di vista caratteriale. Calaiò è un ottimo giocatore e i gol li ha sempre fatti, a tutte le latitudini. Ha gli anticorpi per Salerno perché sa già come si fa: ha giocato a Napoli, a Pescara. L’unica incognita è la condizione dopo il lungo stop, ma sa stare in area, si prende la responsabilità della giocata quando il pallone pesa, batte i calci di rigore. Lopez è un altro giocatore smaliziato e rognoso. Devono integrarsi, ci vuole tempo, ma ci vuole anche una vittoria scaccia-crisi”.
Quando si parla di pubblico insoddisfatto ed in aria di contestazione, Zaniolo ha un ricordo ben preciso: “Salernitana-Cesena nell’anno di Gregucci, vinta da noi 6-1 dopo tre sconfitte consecutive, prendendo a calci i fantasmi. Fu una gara particolare, giunta al culmine di una settimana delicata: vennero a trovarci in mille al campo Volpe, contestazione martellante. Poi in partita ci fu silenzio assordante, che fu ancora più pesante della contestazione. Riuscimmo a reagire, “cambiammo l’aria“ intorno a noi, un gol dopo l’altro. Fu la riscossa, la scintilla, il viatico alla rimonta. Feci gol anche io. Segnavo solo in casa: Ascoli, Cesena, Vicenza, Ternana, Arezzo. Alla Salernitana stanno mancando anche i gol degli attaccanti: Djuric è statuario e vive un momento prolungato di difficoltà; Jallow da solo non mi pare riempia l’area e ha bisogno di un sostegno che potrebbe arrivare proprio da Calaiò”.
Intanto papà Igor si gode le gesta del figlio Nicolò, gioiellino della Roma: “Nicolò sta raccogliendo i frutti della sua passione ma anche della sua applicazione. La Roma è diventata la sua dimensione, solo la sua incoscienza giovanile ha reso tutto semplice. Il grande merito è di Mancini e di Eusebio Di Francesco che hanno saputo aiutarlo nel suo percorso di crescita. Ha bruciato le tappe, è molto diverso da me: più forte fisicamente, tecnicamente e di testa. Conservo con orgoglio la maglia del suo debutto in A con il Frosinone e quella con il profumo d’Europa al “Bernabeu“. Vi parlo mentre prendo il treno per Roma: domani (oggi per chi legge) c’è la Champions, tiferò per la Roma e per Nicolò”.
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